mercoledì 24 giugno 2009

FUTURO

Quando nacque si disse che il PD sarebbe stato il partito in grado di dialogare con gli imprenditori e gli operai. Due anni dopo capiamo (non che ne avessimo bisogno....) che gli imprenditori criticano il governo ma continuano a votare centrodestra e che gli operai quando va bene non vanno a votare oppure, se va male, votano Lega. Buffo per un partito che si proponeva come leader di una coalizione il cui obiettivo era di assicurare governabilità a questo bel paese. Abbiamo voluto il partito delle primarie: Prodi (consacrato da esse) si dimette 9 mesi dopo essere divenuto Presidente del Consiglio; Veltroni (consacrato da esse) si dimette dopo la sconfitta elettorale sarda.
Abbiamo voluto prima il partito leggero, senza tessere. Poi abbiamo cambiato idea.
Ci siamo smarronati gli zebedei litigando su dove diavolo collocarci in Europa (e per fortuna ci siamo andati) e ci impaltaniamo, grazie ai teodem, sul caso di Luana Englaro.
Arriva Gheddafi in Italia e manco su questo ci si mette d'accordo senza finire sui giornali.
Guardando alle provinciali veneziane ci accorgiamo che quel che era il fiore all'occhiello del PD (la bravura degli amministratori locali) comincia ad appassirsi: siam sotto a Fiesso, a Martellago, a Marcon.
E' stato detto che "non siamo radicati nel territorio": cosa significa? Io credo che questo sia il fallimento dell' (attuale) disegno politico di questo partito. Significa che non siamo più in grado di confrontarci tra noi, con i nostri elettori e con tutti gli elettori. Significa che non siamo in grado di capire che questo nostro modello industriale ha bisogno di risposte immediate e concrete e autorevoli nel contempo. Che gli operai non sono più collettività ma che, vittime di questo modello industriale e di scellerate scelte sindacali, sono entroflessi, sono - cioè - vittime di un individualismo che non collettivizza più. Significa che non siamo più capaci di fare campagna elettorale, di intercettare i bisogni della gente e darne risposta. Significa che abbiamo creato una classe dirigente autoreferenziale che "scende in campo" soltanto per difendere le loro rendite di posizione, le loro nomine, le loro candidature. Ma quando, invece, occorre "sporcarsi le mani" (vedevo facce stupite quando qualcuno si accorgeva che stavo facendo lo speakeraggio: perché non avrei dovuto farlo?) non ci sono, in tutt'altre faccende affacendate. Quando venerdi scorso abbiamo accompagnato Davide Zoggia in giro per il territorio, formando un corteo d'auto, mi ha molto impressionato vedere - fra noi e a bordo della sua auto - la senatrice Donaggio: ecco, a me pare, che questo sia il modo giusto con cui si deve lavorare nel proprio collegio.
Mi risulta che a Porto Marghera non ci sia un circolo del Partito Democratico: c'era stato (l'amico Massimo) chi ne aveva proposto la costituzione e, puntualmente, c'è stato chi lo ha impedito.
E ora che fare? Condivido totalmente ciò che Andrea Causin propone nel suo blog (buon viaggio Fullio e salutaci il Ciad):
(...) il Partito Democratico non può e non deve diventare l’orizzonte unico e il fine dell’azione politica. Il Partito Democratico semmai deve essere un luogo, uno strumento e un contesto in cui matura il confronto, la condivisione e dove le persone possono trarre ispirazione e strumento per un’azione politica rivolta al contesto territoriale e sociale dove sono chiamate ad esercitare un impegno.
(...) il Partito Democratico, soprattutto nel contesto del Nord Est, deve diventare soggetto innovatore negli stili e nei contenuti.
La capacità di innovazione negli strumenti di comunicazione (newsletter, siti, blog, facebook,….) deve essere coniugata con un metodo che consenta di essere tra la gente. La comunicazione virtuale è necessaria per velocizzare il flusso di informazioni e per ridurne il costo tuttavia non sostituisce la relazione personale che rimane il cuore dell’azione politica, sia di chi amministra che di chi si impegna sul versante del Partito.
Ma è necessario anche uscire dai riti e dalle sedi di partito. Bisogna ritornare ad abitare i luoghi dove la gente vive. Gli ambienti di lavoro e del tempo libero.Bisogna imparare a dire cose importanti in tempi brevi, anche nelle assemblee. Bisogna intervenire dicendo cose importanti in 5 minuti e non intervenire quando non si ha nulla da dire.Bisogna cominciare a capire che il mondo, le sensazioni e le valutazioni politiche non sono solo riferibili al contesto del partito, ma c’è una complessità di ambienti che vanno frequentati, conosciuti.Bisogna tornare a costruire un sistema di relazioni, anche di amicizia, con le persone che operano nell’impresa, nella cooperazione, nella pubblica amministrazione, nelle organizzazioni sindacali, con i cittadini più in generale.Amicizia e fiducia nel rispetto della reciproca autonomia.
Sul piano dei contenuti ci sono delle sfide che non possono attendere, rispetto alle quali il Partito Democratico deve porsi con una proposta culturale prima che politica.
Anche in questo caso ne cito alcune con l’intento di iniziare ad aprire un dibattito.
Il “bene essere” del Nord Est va difeso.Va difeso il lavoro, va difesa la qualità della vita, vanno difesi i servizi sociali e sanitari.Va difesa la libertà delle persone, intesa – come afferma Amartya Senn – come la possibilità che ciascuno dovrebbe avere di poter avere una vita buona per se e per le persone che gli sono care. Ciò si può realizzare solo se il contesto economico è trainante e dinamico. Ecco perché è necessario definire al più presto la strategia di rilancio dell’economia Italiana e in modo particolare di quel pezzo di Paese, che è il nostro, che produce il 10% della ricchezza.Il ripensamento di Veneto Sviluppo S.p.a. in direzione di un maggiore sostegno al sistema d’impresa, in modo particolare quelle innovative, il disegno strategico sulle nuove vocazioni industriali e di servizi dell’area industriale di Porto Marghera e degli insediamenti industriali delle altre province del Nord Est, il trasferimento dei saperi dalle università ai luoghi dove si produce, una pubblica amministrazione più snella e più efficace capace di creare contesti favorevoli agli investitori e agli investimenti. Se l’economia va bene, c’è lavoro, c’è buon lavoro.Se l’economia va bene la ricchezza può essere distribuita, soprattutto sotto forma di servizi.
Il Nord Est, soprattutto in un periodo di crisi chiede che sia ristabilito un principio di equità.La gestione del sistema socio – sanitario e la gestione dei servizi essenziali e pubblici alla persona è costretta da una visione economicistica.I bisogni aumentano, anche perché la popolazione anziana cresce e in relazione ad essa la domanda di sanità e di servizi, ma i soldi a disposizione diminuiscono.Ciò accade in particolare perché alcune zone del Paese hanno speso e spendono in eccesso.Al Sud e al Centro si spende e si spande, con un governo leghista che ripiana a piè di lista. Da noi si stringe la cinghia, anche se i nostri enti sono sempre stati virtuosi.Le risorse fiscali devono essere gestite in modo equo.
Infine, anche se sono consapevole di avere lasciato fuori molti temi, la sicurezza.Intesa come la possibilità di avere un buon lavoro intorno a cui costruire la propria vita e il sistema delle proprie relazioni.Intesa come la possibilità di contare su un buon sistema socio sanitario, dove sia garantito l’accesso gratuito e veloce alla diagnostica e dove sia garantita libertà di scelta nella cura, in un sistema di offerta di grande qualitàIntesa come la possibilità di garantire ai propri figli l’accesso ai saperi. Una buona scuola, una buona università, un sistema di formazione professionale efficace collegato all’impresa.Intesa come la possibilità di poter abitare serenamente le nostre comunità e le nostre case.In riferimento a quest’ultimo aspetto è necessario distinguere. Distinguere gli oltre 380.000 lavoratori stranieri che da anni risiedono regolarmente, con un permesso di soggiorno, una residenza e un contratto di lavoro nelle nostre comunità, e coloro che cercano avventura, e spesso in assenza di un tetto e un lavoro scelgono di delinquere.Con i primi si può scommettere su un processo di integrazione, che parte dal rispetto della cultura del luogo che accoglie, ma che inevitabilmente ci porterà a costruire la società veneta del futuro.Gli altri, com’è previsto ovunque, dal diritto internazionale, devono essere individuati e rimpatriati nei paesi d’origine.
Il futuro del Paese è legato al futuro del Partito Democratico, unica alternativa possibile alla destra che governa con la politica dell’odio e della paura.E il Partito Democratico se non accetterà la sfida di comprendere una delle parti del Paese più popolate ed economicamente dinamiche, rischia di non avere futuro.
Non è solo una questione romana.Chiediamoci davvero quanto tempo eoccasioni abbiamo perso.E abbiamo caramente pagato perdendo di volta in volta consensi e amministrazioni locali. Conflittualità sui “posti”, scelte di candidati fatte all’ultimo minuto, primarie che hanno spesso certificato l’incapacità dei gruppi dirigenti di assumere una decisione.
(...) 4 semplici azioni.
1. definire rapidamente una piattaforma culturale e politica per il Veneto
2. anticipare le scelte di definizione della guida del partito regionale che consentano di uscire dalla provvisorietà
3. definire con le primarie il candidato/a alle prossime elezioni regionali svolgendo le primarie in 7 settimane (1 per provincia), secondo il modello americano, in ciascuna provincia assegnando dei voti ponderati al numero di elettori del PD. Sulla base di programmi.
4. affidare alla nuova segreteria e al candidato l definizione del quadro delle alleanze di coalizione
Mi pare ci sia tutto.
Che la forza sia con voi!


Etichette:

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page