venerdì 17 agosto 2007

ELOGIO DELLA FIABA

Ho aproffittato di questa pausa ferragostana per progettare alcune iniziative di cui vi metterò a parte non appena saranno sufficientemente consolidate. In questa ricerca di idee, spunti e "provocazioni" ho reincontrato una persona che ho avuto piacere di conoscere molti anni fa. Studente universitario in Lettere ho seguito l'insegnamento di Storia della Letteratura italiana moderna e contemporanea tenuto dal prof. Silvio Ramat (se ve ne capita l'occasione e, soprattutto, se - come me - amate la poesia, leggete le sue opere, soprattutto Mia madre un secolo). Parte integrante del corso era la frequenza ad uno dei due seminari che ne facevano da corollario. Di uno dei due, francamente, non ricordo praticamente nulla (d'altra parte se scelsi di non frequentarlo evidentemente ci sarà pur stato un perché). L'altro, invece, continua ad essermi impresso nella mente. Era dedicato infatti alla fiaba e a tenerlo era Andrea Molesini, allora ricercatore universitario, oggi docente presso l'Università di Padova. Il prof. Molesini oltre che essere traduttore, saggista, critico é anche autore di diversi libri per ragazzi. Se avete figli ve ne consiglio soprattutto uno: Quando ai veneziani crebbe la coda, edito da Mondadori nel 1989 (e dunque probabilmente io lo conobbi un paio d'anni più tardi). Credo sia ancora reperibile nelle principali librerie ma, all'occorrenza, lo trovate anche nella Bibilioteca di Oriago ( la collocazione è: Oriago - jun+10 mole). Ve lo consiglio ma con una raccomandazione: leggetelo anche voi. Anzi. Mi verrebbe da dire: se siete di quelli che acquistano Topolino o Dylan Dog spiegando all'edicolante "mio figlio impazzisce per 'sta roba" mentre in realtà, in un cassetto della vostra scrivania, ne ospitate la collezione completa debitamente compulsata, fate la stessa cosa. Fingete pure che sia per vostro figlio/figlia, ma - appena tornati a casa - leggetelo voi. Sono infatti convinto che la fiaba sia in realtà uno strumento di anarchia perfetto e dunque estremamente "pericoloso". Perché, esattamente come la poesia, permette di giocare con la fantasia che è arma terribile per chi ci vorrebbe sempre e comunque omologati. Perché la fiaba, esattamente come la poesia, presuppone, in chi vi si avvicini, una capacità di stupirsi che purtroppo ormai solo i bambini hanno. E lo stupore, cioè la capacità di meravigliarsi, spaventa perché nulla accetta per scontato. Pensateci: la fiaba - in realtà - ha il potere di trasferirci in un luogo - altro in cui non ci sono le casette da Mulino Bianco (e quella di Hans e Gretel se la sono mangiata di gusto infischiandosene di tutti quei pediatri che hanno il coraggio di definire "obeso" un bimbo di 6 mesi) o in cui un moderno Tarzan svegliatosi in ritardo ha pure il tempo per mangiarsi i biscotti ai cereali oppure in cui se tuo figlio entra in casa inzaccherando il pavimento di fango, tu sorridendo torni a ripulirlo magari pure cantando di allegria. No. La Fiaba riesce a raccontare una realtà altra che però è maledettamente simile alla nostra. Nella fiaba nulla è politically correct . Scrive lo stesso prof. Molesini nel suo sito:


Un esempio per tutti. Quale narratore oggi, e penso
soprattutto, data l’occasione, alla letteratura dedicata ai ragazzi o magari
addirittura ai bambini, potrebbe far giocare a uno storpio il ruolo del Cattivo?
Eppure un’antica saggezza suggerisce – e le tragedie di Shakespeare, i libri di
Dickens, l’Isola del tesoro e il mondo intero lo raccontano – che un uomo
severamente menomato dalla natura o dalla propria storia può forse più
facilmente di altri portare rancore verso il prossimo, verso le cose perfino, di
altri meno provati dalla sorte. Senza contare, poi, che la grammatica
dell’immaginario infantile e collettivo da sempre tende ad abbinare, per
ragioni, non me lo nascondo, fin troppo ovvie e dunque stupide, bruttezza a
malvagità, menomazione fisica o psichica a pericolo. Pensate all’ansimare
innaturale che annuncia la presenza di Dark Fener, l’eroe nero di Guerre
Stellari.

La fiaba è bella perché in una fiaba tutto è ben distinto. Da una parte i cattivi (anche se magari potessi scegliere forse parteggerei più per il lupo cattivo che per capuccetto rosso che mi è sempre stata piuttosto antipatica), dall'altra i buoni. Da una parte la colpa, dall'altra la giustizia. E dunque la fiaba è etica. Ancora Molesini:


L’etica è l’ombra dell’estetica. Il senso di giustizia deriva naturalmente
dalla bellezza che ci circonda, cioè quella di cui sappiamo circondarci, quella
che la nostra mente o meglio ancora la nostra anima sa e riesce a comprendere e
trattenere, sviluppare e rispecchiare. La bellezza è dovunque, come ogni altra
cosa, come la stupidità, come il sole e la pioggia, o la fiamma di uno sguardo
che ci sorprende nel metrò quando meno ce l’aspettiamo. “Beauty is truth, truth
beauty, - that is all / Ye know on earth, and all ye need to know".

E qual è la vostra fiaba del cuore?

Il libro per questo week end? Una lettura leggera, di puro svago: Figli del Nilo, Wilbur Smith, Longanesi. Però se avete già sognato con le avventure di Taita, Horus e della regina Lostris forse ne rimarrete un poco delusi.

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