venerdì 30 ottobre 2009

AMARCORD

Di Beppe Servegnini (da Il Corriere, edizione odierna)

Una (impossibile) giornata senza Rete

Il 29 ottobre 1969 ve­niva inviato il primo messaggio attraver­so Arpanet. Oggi i giornalisti si dividono in due

I giornalisti in attività si dividono in due ca­tegorie. Non buoni e cattivi, come pensa qualcuno. Pre-internet e post-internet. I primi hanno iniziato la professione prima della metà degli anni 90, quando la Rete ha smesso di essere un termine per cibernetici, acrobati e pescatori. Si sono adattati alla novità, pena l’emarginazione e/o la disoccupazione. C’è addirittura chi l’ha capita, ma la notizia è in attesa di conferma. I secondi hanno cominciato a lavorare da meno di quindici anni: danno per scontato che le informazioni si trovano con Go­ogle, gli articoli si spediscono via email, i lettori protestano sui blog. Un mondo senza internet, per questi giovani colleghi, è impensabile. Proviamo ad aiutarli. Sapendo com’era, forse riusciamo a immaginare come potrebbe essere, il mestiere senza Rete. Ho ripensato la giornata di ieri, giovedì. Agenda alla mano: tutto uguale. Ma niente in­ternet.
Ore 7. Volo TG 940. Arrivo dall’Asia. Malpen­sa, rispetto all’aeroporto di Bangkok, sembra lo scalo di una stazione termale. Per sapere cosa è accaduto ieri in Italia, compro il Corriere. Per conoscere le ultime notizie, devo aspettare di salire in macchina: alle 8 riesco a sentire il noti­ziario di Radio Montecarlo. Voglio conoscere il risultato tra Juventus e Sampdoria, tra governo e magistrati, tra Confindustria e fisco; o di un’al­tra delle infinite partite italiane. Se mi distrag­go, devo aspettare il bollettino successivo. Op­pure telefonare al giornale, dove ricevono le no­tizie d’agenzia.
Ore 9. A casa trovo un pacco di lettere. Per quindici giorni non sono riuscito a vederne che una decina, girate via fax in qualche albergo in­docinese. Alcune richiedevano una risposta ur­gente. Prendo il telefono e comincio a chiama­re qui e là. Ma in America è notte, in Europa è presto e in Asia non tutti sono al posto di lavo­ro. Posso provare al cellulare, è vero. Ma costa; e non sempre ho il numero.
Ore 10. Devo ricordarmi di vuotare la valigia, invasa di libri e ritagli. Così viaggia un giornali­sta o uno scrittore: carta dovunque, sperando che da qualche parte si nasconda l’informazio­ne utile.
Ore 11. Ho incontrato i lettori, a Taiwan, in Vietnam, in Cambogia e in Thailandia. Emozio­nante: e chi li aveva mai sentiti prima, questi Italians? So che hanno scattato molte foto. Le stamperanno e me le spediranno. Speriamo di vederle prima di Natale.
Ore 13. Stasera ho promesso di fare il condut­tore della serata per la «Robert F. Kennedy Foundation». Ci sarà anche Bill Clinton: con­fronteremo i rispettivi jet-lag. Mi dicono che la scaletta è cambiata. Devo mettere una sentinel­la davanti al fax sperando che si ricordino di mandarmi gli aggiornamenti.
Ore 16. Incontro al Corriere sul tema «E se cambiassi vita?». Per adesso ho dovuto solo cambiare la cassetta al registratore. Domani do­vrò sbobinare tutto, scrivere il pezzo, inviarlo per fax, aspettare la pubblicazione, ricevere i commenti, pubblicarne alcuni.
Ore 18. Ho scritto al computer sul tema «Co­me sarebbe il mestiere senza internet». Prigio­niero di questa ricostruzione, non so come spe­dire il pezzo. Posso stamparlo, sempre che trovi una stampante. Poi lo manderò per fax, e qual­cuno lo ribatterà nel sistema.
Ore 19. Devo dire a Bill Clinton che, quando lui e Al Gore nel 1992 parlavano di information superhighways , pensavo delirassero. Invece - sembra incredibile - per una volta la politica ci aveva preso.

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che la forza sia con voi!



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