QUESTIONI DI...SCELTE
Appaio anche io (e con una evidenza che credo di non meritare) tra i firmatari "locali" del cosiddetto documento Veltroni/Fioroni/Gentiloni. In questo spazio mi piacerebbe cercare di spiegarne i motivi. Lo dico subito: NON l'ho fatto per la stima e la profonda amcizia che mi lega ad alcuni dei firmatari "principali" primi fra tutti Andrea (Causin) e Rodolfo (Viola). L'ho fatto pur sapendo che da più parti già vi é chi ne bolla i firmatari come prossimi transfughi verso altri lidi. L'ho fatto pur convenendo che probabilmente meglio sarebbe stato se i documenti prima di essere pubblici fossero discussi nelle sedi più opportune (talvolta - lo confesso - vorrei che vi fosse più "centralismo democratico" all'interno del PD). Tolti di mezzo dunque i "se" e i "ma" ritengo che questo documento sia, di fatto, l'ultima occasione per il PD; un partito che non è un partito nuovo (magari!) né un nuovo partito ma che rassomiglia sempre più ad un partito a....tempo determinato. Troppe le questioni irrisolte, troppe le risposte inespresse alle domande cruciali che veramente interessano oggi la collettività. Stiamo assistendo al rovesciamento dei più elementari e basilari principi della (buona) prassi politica. Che, ad esempio, prevederebbe - se davvero si vuol riscoprire una unità che non sia nè unitarismo nè fondamentalismo numerico - dapprima la realizzazione di un documento unitario e aperto e solo in un secondo tempo l'individuazione del miglior candidato possibile cui affidarne la realizzazione (ed io voterò Michele Mognato). Poco importa - seppure, a me pare, significativo - che il prossimo segretario provinciale del PD sia l'ultimo segretario provinciale di una delle due componenti costititutive il PD (ed io voterò comunque Mognato). Poco importa se ancora oggi su taluni manifesti pubblicizzanti le feste del PD trovo scritto che queste feste "proseguono la grande tradizione delle Feste dell'Unità". Poco importa se stiamo (non) discutendo di alleanze variabili: nei giorni pari "tutti insieme", nei giorni dispari o l'IDV o l'UDC. E ne frattempo ci dimentichiamo che una coalizione che sia mera alleanza elettorale, sommatoria di forze che nulla di condiviso hanno, è alla base della colossale trombata che abbiamo inflitto a Romano Prodi. Poco importa tutto questo....Importa quelli che mi pare siano i passaggi fondamentali del documento. Il primo innanzitutto
Il Partito(...) è nato con l’ambizione di rappresentare la proposta adeguata ad affrontarlo: non per un atto di presunzione, ma per la convergenza di diverse storie, culture, tradizioni riformiste, accomunate dal riconoscimento della propria inadeguatezza dinanzi alle sfide inedite del presente e del futuroSfide che, a me pare, continuiamo a non raccogliere nelle paura sostanziale di scontentare qualcuno.
Il secondo
La crisi del berlusconismo rende(...) la prospettiva costitutiva del Partito democratico (...) anche più realistica e praticabile (...) a condizione che si voglia e si sappia uscire dal recinto – territoriale, sociale, generazionale – dei consensi tradizionali, per aprirsi alla ricerca di nuovi apporti.
Così non è stato fin qui, o non lo è stato abbastanza, per responsabilità diffuse e condivise. Non si spiegherebbe altrimenti il paradosso per il quale il Pd è riuscito ad ottenere quasi il 34 per cento dei voti nel momento di massima difficoltà per il centrosinistra e di massimo consenso al berlusconismo e fatica oggi a stare sopra il 25 per cento, in piena crisi politica del centrodestra.
Il terzo (dopo il rifiuto di alleanze prettamente elettoralistiche).
Il quarto
Il Partito democratico (...) se vuole restare fedele a se stesso e soprattutto se vuole fondare la sua proposta di governo su basi solide, non politiciste, deve darsi una strategia di allargamento dell’area dei propri consensi, che faccia leva su un programma riformista, su un progetto innovativo per il Paese e su una classe dirigente fortemente rinnovata, attingendo a risorse che non siano solo quelle della politica tradizionale. Il Pd deve porsi l’obiettivo esplicito e dichiarato di allargare in modo cospicuo i suoi consensi e il suo radicamento ove oggi sono più deboli e fragili: a cominciare dal Nord, dal mondo produttivo, dalle nuove generazioni.
Non intendiamo dar vita ad una corrente, ad uno strumento chiuso nella logica della lotta interna, ma ad un Movimento, che si proponga il rafforzamento del consenso al Pd e del suo pluralismo, coinvolgendo forze interne ed esterne al partito, tornando ad appassionare energie che si sono allontanate e rischiano di disperdersi e suscitando l'attenzione e l'interesse di settori della società italiana che la crisi politica e culturale del centrodestra ha rimesso in moto.
Queste le ragioni fondamentali che mi hanno portato a co-firmare questo documento. Un documento che è atto di lealtà (anche amore per cerit versi) nei confronti di un Partito che ritengo potenzialmente in grado di fare cose grandissime. Ma che ad oggi appare chiuso, isolato, incapace di aprirsi.
Che la forza sia con voi!
Etichette: POLITICA
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