venerdì 27 agosto 2010

DI LIBRI, DI POLITCA (E DI STORIA)/2

Il traning autogeno prima dell'ingresso in libreria ha avuto parziale successo. Sì, è vero: dovevo acquistare UN solo libro (quello di Scola) ma alla fine son riuscito a limitarmi ad acquistarne due. Il secondo è stato un volume, uscito quest'anno per i tipi (ancora!) della Mondadori. Si intitola Gli anni della peggio gioventù. A scriverlo Giampiero Mughini che molti conosceranno per la sua (per me insana) passione juventina e per essere televisivamente molto presente nelle trasmissioni sportive Mediaset. In realtà Mughini è questo ma è soprattutto giornalista (ignobilmente espulso dall'Ordine dei giornalisti un paio d'anni fa!) eclettico, dalla penna leggera e dal vocabolario prezioso frutto, immagino, dei suoi studi di filologia romanza oltre che della sua passione bibliofila (cui ha dedicato un gran bel libro titolato Il collezionista, d'altra parte è uno dei pochi ad essere in possesso della preziosissima edizione prima de I canti orfici di Dino Campana che io - da anni - cerco peggio del Sacro Graal; sullo stesso tema non perdetevi però Il vizio di leggere di Vittorio Sermonti, edito nel 2009, da Rizzoli). In pieni anni di piombo sono quattro le date ispiratricie motivanti il libro di Mughini.
12 dicembre 1969: una bomba scoppia all'interno della sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana causando la morte di 17 persone ed il ferimento di altre 88 (si legga Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese, La strage, che Feltrinelli pubblicò una decina d'anni or sono).
13 dicembre 1969: la polizia ferma 84 sospetti. Tra questi Giuseppe Pinelli, anarchico e ferroviere (e a me la sua figura ha sempre fatto venir in mente La locomotiva di Francesco Guccini che nulla c'entra con questa vicenda richiamando piuttosto la figura di un vecchio anarchico emiliano le cui gesta Guccini sentiva raccontare, in gioventù, dagli anziani della sua Pàvana),41 anni, viene fermato - insieme ad altre decine di persone - dalla polizia.
15 dicembre 1969: Pinelli, dopo un interrogatorio durato giorni, si trova all'interno di una stanza al quarto piano della Questura di Milano quando, alle 23,57, apre una finestra e si butta giù; soccorso arriverà all'Ospedale Fatebenefratelli già morto; è assodato che in quella stanza oltre a Pinelli c'erano anche alcuni poliziotti.
17 maggio 1972: il commissario Luigi Calabresi (la cui causa di beatificazione, da parte della Chiesa, è stata avviata tre anni fa) viene assassinato; da mesi era al centro di attacchi veementi da parte di Lotta Continua che lo riteneva responsabile della morte di Pinelli. Al termine di un dibattimento processuale complicatissimo e contorto, sufficientemente contraddittorio (assoluzioni, colpevolezze, assoluzioni) scaturito dalla confessione di un pentito Leonardo Marino che si autoaccusa di essere uno dei killer del commissario, Ovidio Bompressi (graziato dal Presidente Napolitano), Giorgio Pietrostefani (attualmente in Francia) e Adriano Sofri (che sulla vicenda ha pubblicato da Sellerio La notte che Pinelli) vengono condannati a 22 anni di carcere. Tutti e tre da sempre si professano innocenti. Sofri, uomo dotato di raffinata intelligenza, ottimo giornalista, ha trascorso 8 anni di carcere (attualmente è ai domicialiri anche in virtù delle sue precarie condizioni di salute) a Pisa e si è sempre rifiutato di chiedere la grazia perché, per lui, avrebbe significato una sorta di ammissione di colpevolezza.. Recentemente si è assunto la "corresponsabilità morale" per quanto accaduto al commissario Calabresi (il cui figlio, Mario direttore de La Stampa, ha pubblicato presso Mondadori, Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo) dichiarando a Il Corriere della Sera:
"Di nessun atto terroristico degli anni Settanta mi sento corresponsabile. Dell'omicidio Calabresi sì, per aver detto o scritto, o per aver lasciato che si dicesse e si scrivesse, "Calabresi sarai suicidato"
Ecco: questa è la location in cui Mughini affronta la vicenda Calabresi. E non lo fa con sguardo distaccato. Come è giusto che sia per un libro scritto da chi in Lotta Continua ha militato (e non era l'unico: Gad Lerner, Paolo Liguori) e guarda a quella esperienza con gli occhi di chi, oggi, può trarre un bilancio di quelli che erano davvero gli anni peggiori.

Che la forza sia con voi!



P.S.:  capito il fascino grande della lettura? Si comincia a parlare di un libro. E da questo ne richiami almeno 6.....Anzi, 7: perché questo concetto è espresso da un bellissimo di dialogo tra frate Guglielmo e Adso ne Il nome della Rosa di Umberto Eco!

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