mercoledì 5 dicembre 2007

MONTALE E NERUDA

Un'attenta lettrice del mio blog ha notato che ho modificato la "testina" al di sotto del titolo generale. Ho inserito, al posto dell'ormai nota citazione, un brano di una poesia di Montale. L'ho fatto per molti motivi. Innanzitutto perché sono profondamente innamorato della poesia. Ma non di quella che immagino molti abbiano scritto in un qualche momento della loro vita. No. Sono innamorato della poesia "alta", di quella rigorosamente costruita; di quella poesia che pesa sangue e sudore comporre. Odio quelle che chiamo le "poesie in ore", quelle dalla rima facile (chessò? fiore-cuore-amore). Amo le costruzioni particolari; il ritmo dato da allitterazioni, consonanze ed assonanze. Amo scoprire un endecasillabo là dove non ci dovrebbe essere. Amo quelle poesie costruite attraverso sineresi, sinalefi, iati e dittonghi. Ho avuto, nella mia vita d universitario, una fortuna. Innanzitutto quella di conoscere almeno 2 poeti. Del primo ho già parlato: si tratta di Silvio Ramat che allora insegnava Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea e che ci deliziò di uno straordinario corso monografico dedicato alla letteratura italiana dal 1915 al 1920 (fu allora che conobbi, ad esempio, Scipio Slataper). Del prof. Ramat ho un ricordo vivido: un giorno, molti anni dopo essermi laureato, lo rividi in treno. Era assorto in lettura. Mi avvicinai e lo scoprii leggere una edizione in sedicesimo della Divina Commedia e mentre la leggeva sorrideva (ebbene sì...quella fu una lezione che ho capito anni dopo: la Divina Commedia è opera semplicemente straordinaria e non serviva Benigni a farmelo comprendere). L'altro poeta era Fernando Bandini (ospite con cui Letteraria ha chiuso questa edizione e ringrazio di cuore l'amico Massimo che ci regala ogni anno questa perla; purtroppo per le note vicende che mi hanno colpito non ho potuto prendervi parte) che impartiva l'insegnamento di Stilistica e metrica italiana, autentico spauracchio per noi studenti poiché, leggendo un frammento di poesia, ne dovevi riconoscere il genere. L'altra fortuna è che ho incontrato un "tecnico" (immagino che a sentirsi chiamare in questo modo, lui si incazzerà di brutto) della poesia, un critico: Pier Vincenzo Mengaldo che a me ha impartito l'insegnamento di Storia della lingua italiana. Il prof. Mengaldo aveva un pregio (oltreché essere di sinistra e, se non ricordo male, fumatore: erano gli anni in cui, dopo aver mangiato una pizza, potevi beatamente startene seduto a fumarti una sigaretta): quello di dissezionare una poesia, farti capire l'eleganza stilistica e metrica, insegnarti a comprendere quali strategie retoriche l'autore aveva usato. E già allora compresi come, ad esempio, tra pittura e arte non ci fosse poi una gran differenza: entrambe queste arti giocano sui toni, sulle sfumature, persino sui divertissement (e basta leggere Palazzeschi per capire cosa intendo).
Poi avevo fatto un'altra riflessione: e cioè che davvero alcune canzoni sono autentiche poesie. Prendetene, ad esempio, una di Francesco Guccini, un qualunque. Leggetela ad alta voce..soffermatevi sul sapiente uso che fa, in taluni versi, delle consonanti usandone, ad esempio, in modo ripetuto alcune e capirete quel di cui sto parlando.
E perché Montale, dunque? Perché di lui (che, dicono, avesse in realtà un caratteraccio) mi è rimasta impressa una frase che lessi in Enzo Biagi e che il poeta pronunciò all'ato di ricevere il Premio Nobel per la letteratura: "sono qui per aver scritto poesia..un prodotto assolutamente inutile ma, per fortuna, quasi mai nocivo". Ecco: mi piace pensare alla fortuna di chi può permettersi il lusso dell'inutilità...del fare cose senza senso ma che gli procura piacere fare...mi piace pensare a chi ha la fortuna di fare cose con le parole..di far vivere suggestioni. emozioni..."Non chiedermi se sono felice, tu lo sai"
Che la forza sia con voi
Da I Fiori di Aldo Palazzeschi (non ho rispettato la struttura originale per non allungare troppo la pagina)...
Oh! com' è bello sentirsi libero cittadino
solo, nel cuore di un giardino. -Zz...Zz -Che c' è? -Zz...Zz... -Chi è? M'
avvicinai donde veniva il segnale, all' angolo del viale una rosa voluminosa si spampanava sulle spalle in maniera scandalosa il décolleté. -Non dico mica a te.
Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli che son sulla spalliera, ma non vale la pena. Magri affari stasera, questi bravi figliuoli non sono in vena. -Ma tu chi sei? Che fai? -Bella, sono una rosa, non m' hai ancora veduta? Sono una rosa e faccio la prostituta. -Te? -Io, sì, che male c' è? -Una rosa! -Una rosa, perchè? All' angolo del viale aspetto per guadagnarmi il pane, fo qualcosa di male? -Oh!-Che diavolo ti piglia? Credi che sien migliori, i fiori, in seno alla famiglia? Voltati, dietro a te, lo vedi quel cespuglio di quattro personcine, due grandi e
due bambine? Due rose e due bocciuoli? Sono il padre, la madre, coi figlioli. Se la intendono...e bene, tra fratello e sorella, il padre se la fa colla figliola,la madre col figliolo... Che cara famigliola! E' ancor miglior partito farsi pagar l' amore a ore, che farsi maltrattare da un porco di marito. Quell' oca dell' ortensia, senza nessun costrutto, fa sì finir tutto da quel coglione del girasole. Vedi quei due garofani al canto della strada? Come sono eleganti! Campano alle spalle delle loro amanti che fanno la puttana come me. -Oh! Oh! - Oh! ciel che casi strani, due garofani ruffiani. E lo vedi quel giglio, lì, al ceppo di quel tiglio? Che arietta ingenua e casta! Ah! Ah! Lo vedi? E' un pederasta. -No! No! Non più! Basta -Mio caro, e ci posso far qualcosa io, se il
giglio è pederasta, se puttana è la rosa? -Anche voi! -Che maraviglia! Lesbica è la vaniglia. E il narciso, quello specchio di candore, si masturba quando è in petto alle signore. -Anche voi! Candidi, azzurri, rosei, vellutati, profumati fiori... -E la violaciocca, fa certi lavoretti con la bocca... -Nell' ora sì fugace che v' è data... -E la medesima violetta, beghina d' ogni fiore? fa lunghe processioni di devozione al Signore, poi...all' ombra dell' erbetta, vedessi cosa mostra al ciclamino... povero lilli, è la più gran vergogna
corrompere un bambino -misero pasto delle passioni. Levai la testa al cielo per trovare un respiro, mi sembrò dalle stelle pungermi malefici bisbigli, e il firmamento mi cadesse addosso come coltre di spilli. Prono mi gettai sulla terra bussando con tutto il corpo affranto: -Basta! Basta! Ho paura. Dio, abbi pietà dell' ultimo tuo figlio. Aprimi un nascondiglio fuori della natura!

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