mercoledì 2 gennaio 2008

IL SENSO DELLA MEMORIA

Nel 1938, in Italia, furono promulgate le prime di una serie di leggi che andarono sotto il nome di "Leggi razziali". In forza di queste leggi anche nel nostro Paese si dette avvio alla sistematica cancellazione non soltanto di un popolo, quello ebraico, ma anche di intere categorie di individui "colpevoli" solo di essere zingari o inabili od omosessuali. Queste persone, questi individui, questi cuori che pulsavano d'amore o di dolore, che insomma vivevano esattamente come viviamo noi furono deportati in campi di sterminio, torturati, violentati, trasformati in cavie umane e poi uccisi e bruciati. Furono semplicemente cancellati dalla faccia della Terra, privati di quell'umano conforto cui si ha diritto almeno da morti: non c'erano più corpi su cui mogli, mariti, figli, parenti potessero piangere. Probabilmente non c'erano però nemmeno più occhi attraverso cui poter far scendere lacrime di consolazione. Ora, 70 anni dopo l'avvio di questa "pulizia etnica" la memoria di quegli anni è andata sfocando. Solo l'odio per il diverso, per chi è "altro" da noi è ancora vivo. Diventa dunque fondamentale per ciascuno (ma specialmente per le nuove generazioni) non dimenticare. Non dimenticare dove quell'odio ci ha condotto. Si: "ci" anche se chi scrive ha meno di 40 anni, anche se - immagino - i lettori di questo blog appartengono a generazioni diverse da quella che ha vissuto sulla propria pelle quest'odio razziale. "Ci": perché una società che dimentica il proprio passato, è una società che rischia di compromettere il proprio futuro. Ecco perché ho deciso di dedicare non soltanto un giorno - il 27 gennaio - ma quasi un mese alla memoria della Shoah. Lo faremo attraverso una mostra, ospitata nell'Oratorio gentilizio di Villa dei Leoni, curata dal Centro di documentazione ebraica di Milano e allestita dall'ANPI di Mira. Una mostra su ciò che quelle leggi razziali sono state, su ciò che furono i campi di concentramento. E durante tutta la mostra sarà proiettato uno straordinario videodocumentario preparato da un gruppo di giovani della stessa associazione mirese. Un documentario fotografico con testi di forte impatto e immagini che potranno sembrare anche "pesanti". Ho scelto io di non edulcorare la realtà. Ho chiesto io agli autori di pubblicare tutte le immagini in loro possesso, anche quelle che possono essere dei "pugni allo stomaco". Perché la realtà non può né deve spaventare. Perché quella è la realtà che in tanti, troppi hanno vissuto, patito, subito. Ed è giusto che quella realtà la conosciamo e la facciamo conoscere alle nuove genrazioni. A quei ragazzi che rischiano di dimenticare che anche un insulto lanciato su un campo da calcio è intolleranza, è odio. Visitate questa mostra. Visitatela coi vostri figli, coi vostri nipoti. Visitatela e non dimenticate. Mai! Ed il 1 febbraio in Teatro concluderemo la mostra con uno spettacolo - gratuito - di suoni, parole e danza dedicato a Etty Hillesum, morta anch'essa in un campo di sterminio.


Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, 1958)


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3 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Ottima iniziativa, assessore! Suggerisco che ne venga data notizia anche sul sito ufficiale del Comune in modo che l'informazione raggiunga anche chi non conosce l'esistenza di questo blog.

4 gennaio 2008 alle ore 08:56  
Anonymous Anonimo ha detto...

"perché una società che dimentica il proprio passato, è una società che rischia di compromettere il proprio futuro"... Nel 1989, a 19 anni, a Dachau camminavamo in religioso silenzio, con profondo rispetto e condividendo il dolore di chi, di fronte a noi, ancora stava versando lacrime e mettendo fiori a ricordo di ciò che era stato. Quindici anni dopo mi ritrovavo lì ed è stato triste e doloroso incontrarvi un gruppo di ragazzini tra i 17 e i 19 anni che invece ridevano e schiamazzavano incuranti, non perché maleducati e irrispettosi, credo, ma proprio perché scarsa era in loro la "memoria", quella memoria che iniziative come questa mostra possono e devono far recuperare, quella memoria che anche noi non dobbiamo permettere vada persa, come i nostri nonni e genitori hanno fatto con noi. Non sarà mai troppo ciò che verrà detto e mostrato e raccontato...

4 gennaio 2008 alle ore 12:20  
Anonymous Anonimo ha detto...

E' vero non sara' mai troppo lo spazio dato al ricordo di simili, umane abberrazioni. Genocidi, pulizie etniche che hanno insanguinato il novecento. Un plauso anche da parte mia ed un invito a continuare sul filo della memoria. Omar

5 gennaio 2008 alle ore 16:18  

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