CAMBIAMENTI
Stamattina ho cominciato a raccogliere un pò di cose nella casa in cui vivo. Ed ovviamente erano libri. Ne possiedo quasi 2000 ed è buffo aver scoperto che, in questi anni, non li ho catalogati. So perfettamente quali titoli possiedo, dove sono sistemati, benché non siano ordinati secondo un qualunque criterio che rassomigli anche lontanamente ad una classificazione. Ho ritrovato saggi di linguistica (la disciplina nella quale mi sono laureato): su tutti quelli del mio amato Noam Chomsky (prima che abbandonasse la grammatica generativo-trasformazionale); di storia; di filosofia (in special modo filosofia del linguaggio ed in particolare quelli di Wittgenstein). Ho persino ritrovato libri di matematica e fisica tra cui Il significato della relatività di Albert Einstein che, a giudicare dalle sottolineature, ho persino letto (non capendoci ovviamente nulla)! Ho ritrovato anche un paio di libri "antichi"(almeno per me lo sono): si tratta di due compendi di inizio '800 della Summa theologiae di Tommaso d'Aquino, recuperati dalla biblioteca di un vecchio monastero in fase di dismissione, che - benché in pessime condizioni - mi paiono pregevoli soprattutto per le annotazioni che, negli anni, si sono accumulate in quelle pagine sfogliate da chissà quali mani. E poi romanzi. Molti romanzi. E qui è scattata la molla dei ricordi. Sono convinto, infatti, che ciascuno di noi è quel che è anche (e soprattutto) alle persone che ha incontrato nella sua vita. Possono essere stati incontri fugaci, scambi di sguardi, strette di mano. Oppure incontri consolidati. Ma ciascuno ha lasciato in noi un qualcosa che, sommato a tutti gli altri "qualcosa", ha contribuito a farci diventare quel che siamo. All'Università, ad esempio, ho avuto modo di conoscere Fernanda Pivano (e se non sapete chi è....). E attraverso di lei sono arrivato a De Andrè, a Allen Ginsberg (e, attraverso di lui, Francesco Guccini giacché Dio è morto altro non è che la traduzione di una sua poesia). Mentre, un giorno, mentre mi trovavo per lavoro a Milano ho conosciuto Ada Merini, una delle più affascinanti e complesse poetesse del nostro Paese. Al Liceo, ad esempio, l'incontro fondamentale l'ho avuto nell'ultimo anno. Grazie ad un professore di Lettere: giovane, dinamico. Uno di quei docenti che oggi definiremmo "affascinanti". Con lui siamo stati per la prima volta a teatro. Con lui abbiamo visitato, la sera, le mostre di Palazzo Grassi. Grazie a lui abbiamo capito che la letteratura italiana non si fermava ai "triumvirati" (Dante-Boccaccio-Petrarca; Foscolo - Manzoni - Leopardi) ma continuava anche ai nostri giorni. Fu lui a farmi scoprire un autore che ho molto letto benché poi abbia, secondo me, perduto molto del suo talento: Aldo Busi. Di Busi ho tutta la prima produzione letteraria i cui titoli sono di per sè già delle provocazioni: Seminario sulla gioventù; Vita standard di un venditore provvisorio di collant, Sodomie in corpo 11 e così via. Fra le pagine di questi libri ho ritrovato lettere, appunti, cartoline. Per me i libri sono fondamentali, ovvio che in alcuni di essi conservi anche i miei ricordi più preziosi. E tra le lettere ho ritrovato quella che questo insegnante mi scrisse all'indomani della maturità e di cui riporto alcune frasi: non ringraziarmi, sono io che devo ringraziare te e quelli come te che hanno creduto al sogno o all'utopia, che disperatamente hanno il coraggio di guardare avanti; che ancora credono alla poesia che - come dice Leopardi - crea per noi mondi sempre diversi; sento un grande silenzio attorno a me ed un rombo di tuono farsi sempre più vicino ma non ho ancora perduto la voglia di guardare il sole. Sono alcune delle frasi che mi scrisse nel luglio del 1987. Oggi, giusto oggi, cadono i 20 anni da quel 28 febbraio 1988 quando questo professore - nato a Pesaro, trasferitosi prima a Padova per insegnare al Liceo di Dolo e poi a Milano - moriva a 30 anni. Ed io lo ricordo. Perché se sono quel che sono è anche grazie a lui.
P.S.: grande Massimo (Zuin) che ieri è stato nominato all'interno del Teatro Stabile del Veneto su proposta di Massimo Cacciari. Massimo se lo merita e, sperando che non se ne abbia a male, vi svelo un piccolo aneddoto: noi due siamo parenti giacché i nostri ripettivi padri sono fra loro cugini.
PP.SS.: gli uomini veri si vedono nelle difficoltà: e ieri sera Zanetti uomo vero lo è stato fino in fondo; 1 a 1 e palla al centro come dicevamo da bambini
Che la forza sia con voi.
1 Commenti:
caro Davide,
grazie della segnalazione. speriamo che io me la cavo...
Massimo
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