lunedì 12 maggio 2008

ESPERIENZA MISTICA


Non è solo la qualità del cibo. La differenza che passa tra un ristorante medio e l'eccellenza culinaria, spesso, è data anche dai particolari. Quelli che agli occhi di commensali inesperti dicono poco o nulla ma che invece disvelano, solo a coloro che sono disposti ad ascoltarli, una filosofia che è dell'ospitalità, dell'accoglienza, della raffinatezza. Venerdi sera, insieme ad un gruppo di amici (tra cui il Direttore Artistico del nostro Teatro, Carlo Presotto, e i responsabili regionali della Federazione Italiana Teatro Amatoriale) sono stato ospite de La Vecia Brenta, gestita da Raffele Girotto (con me nella foto) e dal fratello. Già di per sè trascorrere qualche ora a tavola discorrendo di teatro, mi pare piacere sublime. Farlo poi affidandoti alle sapienti mani di Raffaele è un piacere assoluto. Perché Raffaele è un filosofo, un teoreta ed un esteta dell'enogastronomia: già docente all'Università di Udine ama moltissimo la rivistazione della nobile arte culinaria veneta. I particolari, si diceva. Come il fatto che, lui e i suoi collaboratori, ti accolgono sulla soglia stringendoti la mano e presentandosi: non sei un "cliente" ma ospite a casa loro. E quando ti siedi, gli occhi sono rapiti dai cestini di pane rigorosamente fatto da loro: pane carasau, panetti speziati, grissoni al nero di seppia o, addirittura, spolverati di cioccolata (semplicemente divini). Sapendo il mio amore per il "crudo" l'antipasto consisteva in filetti di salmone e tonno, cozze e capesante, tutto aromatizzato. Ed un gigantesco piatto di gamberoni aromatizzati in acqua di cipolla. Le "differenze gustative" (alcuni hanno preferito l'antipasto cotto) si sono ricongiunte davanti ad un piatto di schie e polenta e ad una insalatina mista e zenzero (crudo è straordinario) con gamberi. Due i primi: gnocchi ma soprattutto un risotto con capetonde, autentica raffinatezza e particolarità giacché non è frequente (tutt'altro) assaggiare questo prodotto del nostro mare. Il secondo è stato un piatto nobile della tradizione veneta: una frittura di moeche e polenta.
I particolari, si diceva. Come il dessert dove ciascuno aveva quattro dolci: una crostata, una mousse, una crema catalana ed una mousse di cioccolato.
I particolari. Come il caffè accompagnato da una scheda illustrativa del tipo di miscela che ti veniva proposta. A me è toccato il Santo Domingo Pacadulce triple A. Davvero importante anche la vetrina dei liquori. Qui tutti abbiamo concordato su un wisky torbato, un Laphroaig invecchiato 15 anni. Prima di lasciarci, abbiamo ascoltato letteralmente rapiti Raffele raccontarci dell'autentico modo di preparare il Baccalà mantecato per il quale vi rinvio, però, al saggio che ha scritto all'interno del pamphlet Nelle cucine di Palladio a cura di Giuseppe Barbieri.
Che la forza sia con voi....
P.S. Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è da questi particolari che si giudica un calciatore... al Marco "gladiatore" Matterazzi perdono tutto, ma proprio tutto...e però...
PP.SS.: quali sono le gioie della vita? Tante...partecipare da un interessante convegno sulla medicina alternativa cinese (come quello di sabato pomeriggio in villa Widmann), andare per mostre (come quella che ho inaugurato sabato sera e che segna la conclusione del Laboratorio di Pittura dell'Università Popolare di Borbiago), scarpinare in montagna, leggere un bel libro..ma anche... gattonare insieme ad un bimbo e ridere felici...come è capitato a me domenica sera e fra i due - il cucciolo d'uomo di 1 anno ed il quarantenne - credetemi, il più divertito era il secondo.....


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