lunedì 28 aprile 2008

1968/2008

Son passati 40 anni da quel 1968 che per molti significò rivoluzione, libertà, possibilità di utopisticamente provarci a costruire un mondo diverso. Che ne è stato di quel sogno? Cosa ci hanno lasciato in eredità i tanti che protestavano, manifestavano, autogestivano? Quando, finalmente, la storia (quella vera, quella senza schematismi ideologici) trarrà un bilancio di quella esperienza? Forse, chissà, per capire bisognerebbe cambiare punto di vista. Anziché analisi sociologiche, soffermarsi maggiormente sulla produzione culturale di quegli anni. Operazione che, domenica, ha tentato Repubblica nel suo inserto culturale grazie ad un bellissimo articolo di Edmondo Berselli e dedicato proprio alla canzone d'autore di quegli anni. Giusto spazio è stato riservato ad una canzone must di quegli anni, Contessa di Paolo Pietrangeli che i più - probabilmente, conosceranno per essere il regista del Maurizio Costanzo Show (ed oggi di Amici):







Io, per me, ho ben impresso quando il clima del '68 lasciò definitivamente spazio alla disillusione e alla cieca e vigliacca violenza armata. 14 maggio 1977, Milano, via De Amicis:







E' stato un week end molto interessante quello appena concluso.
Venerdi sera avevo voglia di starmene un poco per conto mio e sono andato in cassa di colmata ad assistere al grande e meraviglioso spettacolo del sole che, al tramonto, incendiava la laguna di Venezia. Uno spettacolo di rara bellezza che ti riempie il cuore. Sabato, invece, ho pranzato al Castello di Roncade: ho scoperto una cantina che non conoscevo con alcuni vini davvero pregevoli. Ma soprattutto ho assaggiato una specialità che mai prima avevo mangiato: le foglie di salvia impanate. Piatto semplicissimo ma con un segreto, prontamente carpito alla cuoca. Perché la doratura riesca, è fondamentale ripiegare leggermente i bordi delle foglie in modo da irrobustire la impanatura. Sono davvero squisite. A proposito: la mia amica Federica, consigliera comunale del PD, e veneziana da generazioni, sostiene che il saor "originale" prevede l'impiego di uvetta e pinoli. Io, di mio, testardo come sono continuo nella mia personalissima battaglia peggio di Don Chisciotte contro i mulini a vento!
Domenica, invece, proprio mentre l'Afghanistan tornava ad essere insaguinato, me ne sono andato a vedere Il cacciatore di aquiloni: film semplicemente meraviglioso!
Che la forza sia con voi...
P.S.: che dire? Il gladiatore, l'uomo che non chiede mai, il guerriero, è tornato. Grande Marco Matterazzi, due gambe che sono cervello, un cuore grande, ed una sana cattiveria....Grandeeee!



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2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

sarde o sardee, pinoi e uvetta o gnente, vin o azeo ... ma tu, uomo del PD, qualche volta impara e disi un bel "ma anche" che per certe robe va ben tuto!!!(l'importante ze 'verghene)
Nonna Elsa

29 aprile 2008 alle ore 08:51  
Blogger Il sito di Davide ha detto...

Ti ga proprio razon...ed infatti go dito che a mi el saor me piaze sempre e comunque: coe sarde o coe sardee, co pinoi e uveta o sansa gnente...el saor col vin no 'o go mai magnà MA penso ch'el me piasaria ANCA queo....

29 aprile 2008 alle ore 09:17  

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