RIPARTENZA
Torniamo a riappropriarci di questo spazio virtuale lasciato colpevolmente vuoto da troppo tempo. E però la scrittura è comunque una forma di comunicazione emotiva e la leggerezza della penna vien facile averla quando si è sgombri da pensieri, preoccupazioni, stanchezze. Poi ci metti una bella giornata in montagna (con ferrata annessa e per vedere il resoconto cliccate qui ) in cui il camminare ti aiuta a riordinare le idee. E così non puoi non pensare alla bellissima tre giorni di Teatro estivo che, anche quest’anno, siamo riusciti ad allestire grazie al preziosissimo ed indispensabile aiuto di Arteven (Grazie a Massimo) e della provincia di Venezia. Tante le emozioni. Si potrebbe parlare del nostro Marco Paolini e del suo I.T.I.S: GALILEO: viaggio attorno ad un uomo di scienza, innamorato della scienza, convinto che l’esattezza della scienza imponesse a chiunque l’accettazione della realtà. Un illuso cui solo da poco tempo la Chiesa ha reso onore. E sarebbe bello raccontare di quanto accaduto prima di questo spettacolo: io e Marco seduti vicino al palco, a fumarci la pipa e a parlare di Teatro, di vita, di Vajont. Però è una emozione ed un colloquio intimo che terrò per me. E sarebbe altrettanto bello interrogarsi sull’altissimo valore etico della produzione dei nostri Gianantonio Stella e Gualtero Bertelli, tratta dall’ultima fatica letteraria di Stella. Ma, invece, voglio parlarvi di Giulio Casale, l’artista (nato a Treviso nel 1971 e con un glorioso trascorso di giocatore di basket tra le fila della Benetton) che ha concluso questo triduo teatrale. Giulio è autore di La canzone di Nanda: bellissimo, emozionante, meraviglioso. A Mira ha presentato The beat goes on: spettacolo che intende riproporre quel teatro – canzone colpevolmente trascurato da tanti artisti contemporanei. Un Teatro fatto di musica e parole; fatto di riflessioni e di interrogativi; di domande. Ma fatto anche di una delicata nostalgia nei confronti degli anni ’50 e ’60, anni culturalmente fra i più straordinari che mai l’umanità abbia potuto vivere. Anni che Giulio ci ha fatto rivivere attraverso le parole di Tenco, di De Andrè, di Guccini. Ma anche di Hemingway e, attraverso di lui, di tutta l’epopea di giovani artisti che tra i 26 e i 27 anni si suicidano probabilmente per non aver saputo sopportare il peso della gloria e della pressione. Giulio mi ha profondamente emozionato. Mi ha colpito la sua umiltà, la leggerezza del suo passo cui corrisponde la leggerezza della sua anima. Grazie Giulio. Grazie per quella ballata di Geordie: quando l’hai suonata, ho alzato gli occhi al cielo e mi è parso di vedere un sigaretta accesa fra le labbra di un sorriso genovese ed una faccia tonda con i capelli a caschetto che cantavano con noi!
Che la forza sia con voi!
Etichette: CULTURA
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