ABBAZIA
Questi scheletri sono vecchi di (almeno) 1000 anni. Uno dei due apparteneva ad una giovane donna (morta attorno ai 18 anni) che è stata sepolta insieme a tre bambini (le cui età probabilmente andavano dai 2 ai 5 anni). Nella foto in alto a destra, invece, reperti di anfore e giare provenienti da Costantinopoli. Sono solo alcuni degli incredibili risultati cui sono giunti gli archeologi dell'Università di Venezia (guidati dal prof. Sauro Gelichi e coordinati dalla dottoressa Corinna Bragato) nelle settimane di scavo dell'area archeologica dell'abbazia benedettina di Sant Ilario tra Malcontenta e Dogaletto. Scavi che si concludono oggi. Dopo la ricognizione effettuata due anni fa,dunque, oggi - grazie a dun finanziamento regionale - gli archeologi sono arrivati a "toccare con mano" la realtà abbaziale che si sta rivelando, anche ai loro occhi, uno scrigno di moltissime scoperte nuove e inattese. Per esempio appare assolutamente sicuro che l'estenzione del complesso fosse molto ampia tanto da occupare due dossi (due isolotti giacché tutt'intorno c'era laguna) collegati da un ponticello (e sono stati trovati eprsino i punti ove erano conficcati i pali di sostegno); che fosse un crocevia commerciale strategico per l'economia del tempo; che fosse abitata da un numero significativo di persone che ne hanno contribuito alla realizzazione usando calce e materiale di epoca romana (hanno persino individuato due calcare, forni tondeggianti dove si trattava la calce). Rimangono ancora tanti misteri da risolvere (sembra, per esempio, sbagliata la collocazione geografica dell'abbazia che ne diedero a fine '800 i primi archeologici). Su tutti il perché di queste sepolture che sottendono la probabile insorgenza di una epidemia (peste? gli antropologi presenti nel cantiere mi hanno spiegato che non sarà possibile determinarlo giacchè la peste non lascia traccia nell'apparato scheletrico) tanto repentina quanto violenta e soprattutto perché dei 20 (sì, venti!) shceletri rinvenuti in 14 tombe solo uno fosse di sesso maschile!
Però, vi confesso, ieri pomeriggio quando sono arrivato nel cantiere e ho visto questi scheletri mi sono commosso. Strano perché si tratta pur sempre di persone morte almeno 1000 anni fa. Però le ho guardate e avvicinate e toccate con un grande pudore; immaginandomi quale vita facessero (pesantissima a giudicare, ad esempio - e sempre su segnalazione dell'antropologa presente in cantiere - dal fatto che lo scheletro dell'unico maschio rinvenuto, età probabile non oltre i 35 anni, presentasse già segni di sclerosi sulla colonna vertebrale e avesse i muscoli deltoidi molto sviluppati - lo si capisce dalla presenza di una cresta ossea lungo spalla e braccio - ad indicare un pesante lavoro manuale), di cosa si nutrissero.
Domande che attendono risposte. Per l'intanto ci si metterà al lavoro da subito per cercare di dare continuità a questo scavo. In fondo se mettessimo in rete questo scavo con quelli effettuati nella zona di Sambruson e Dolo avremmo un percorso archeologico della storia veneziana dal paleolitico al tardomedioevo.
Che la forza sia con voi!
Etichette: CULTURA
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