giovedì 22 maggio 2008

DELLA FEDE

Avevo uno zio prete. Prete - operaio e dunque certamente "inviso" alle gerarchie ecclesiastiche poco propense a sostenere chi davvero si faceva portatore di una autentica pastorale sociale a favore dei più deboli, degli emarginati, dei senza terra del mondo. Durante la settimana lavorava come tutti (e viveva del proprio stipendio rifiutando quel che si chiama sostentamento del clero e che proviene, in parte, dai frutti dell'8 per mille), il week end tornava nella parrocchia di cui era amministratore (chiamarlo "parroco" era troppo anche per i vescovi più illuminati; e a me faceva ridere pensando alla contraddizione che vive chi avendo fatto esplicito voto di povertà - autentica, vissuta - si trova nominato "amministratore"). Durante la settimana viveva ad Oriago, assieme ad un fratello in una zona che è ancora campagna. Ieri sera ho dormito nel suo letto. E mi è accaduta una cosa strana. Nella stanza vi è ancora la sua ampia biblioteca dalla quale, periodicamente, tolgo volumi che dopo aver catalogato affido alle mani amorevoli degli amici di Esodo. I quali si stanno cimentando nell'ardua impresa di ricostruire la figura spirituale, intellettuale e culturale di mio zio. Ardua, giacché don Gigi ha scritto davvero poco. Al contrario di me che, invece, scriverei sempre e ovunque (i miei cassetti sono pieni di poesie, racconti, esercizi di stile come li avrebbe chiamati Raymond Queneau). Ho cominciato a cercare qualcosa da leggere, indeciso tra un saggio sulla Teologia della Liberazione e un racconto di viaggio nel Nicaragua (giusto per dire....), quando quasi inconsciamente sono stato attirato da un piccolo volume, di meno di 130 pagine. E' stato pubblicato dalle Edizioni Paoline nel 1990. Si intitola Il diavolo sul Pinnacolo ed è stato scritto da David Maria Turoldo. In questo trattato - breve, Turoldo commenta a par suo il brano evangelico delle tentazioni di Cristo. Ho deciso di parlarne perché vi ho trovato la più bella risposta che ho mai sentito pronunciare alla domanda: perché credi?
Scrive infatti Turoldo:
Io l'ho confessato con tutta la mia vita: io gli
ho creduto (a Cristo ndr) anche perché è stato tentato. Tentato alla pari di me,
tentato come tutti, sotto l'assalto delle eterne domande circa i sensi, circa
l'intelligenza, e circa lo spirito. Come tutti.
E anche un altro passaggio mi ha colpito, e molto. Questo:
Là dove c'è Dio, lì c'è il suo contrario; dove c'é il bene, non può non esserci
il male. (:::) Così è l'uomo: nessuno che sappia cosa porta nell'oscurità del
sangue, chi abiti l'abisso del suo cuore (...)
Che la forza sia con voi...


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