venerdì 27 giugno 2008

SULLA CLAUSURA



Cosa c'è, apparentemente, di più inutile della clausura? Qual è l'apparente insulsataggine di uomini e donne che vivono di preghiera, sette giorni su sette, e lavoro? Che non indossano orologi ché lo scorrere del tempo lo misurano seguendo la Liturgia delle ore?E' un tema che ho già affrontato seppure di sguincio. L'altra sera, però, mentre discorrevo con l'amico Graziano davanti ad una birra, ho incontrato un vecchio amico. La conversazione è scivolata presto su una nostra amica che a 21 anni ha scelto di farsi monaca di clausura ed ora trascorre la propria esistenza al Monastero di Moggio Udinese. Lui è stato uno dei pochi a tenere sempre i contatti con lei, con la Tissi come la chiamavamo noi. Io non ce l'ho fatta. Perché ho sempre voluto ricordarla come l'avevo vista l'ultima volta: il giorno della sua professione. E' una cerimonia assolutamente suggestiva. La novizia, infatti, sale all'altare indossando una sorta di sottoveste bianca. La superiora, impugnate un paio di forbici, comincia a reciderle i capelli. Segno supremo di una vita che si vuole ridurre all'essenzialità: cosa c'é, infatti, di più importante - per una donna (per un uomo no..almeno per me) - dei propri capelli, simbolo di femminilità ed eleganza?Poi indossa l'abito monacale. Infine riceve parenti ed amici dietro ad una grata. Da quel momento la propria vita è scandita dalle preghiere e da una assoluta solitudine (persino in occasione dei funerali dei propri genitori, spesso, assiste dalla sacrestia). Ma è davvero solo/sola un monaco/monaca? Io non lo credo. Nella foto, vedete in lontananza il complesso monastico di Marango (cui io sono affezionatissimo anche se, spesso, colpevolmente assente). Anche qui, monaci e monache, fratelli e sorelle, vivono di preghiera e di lavoro. Marango è vicino a Caorle. Se ne avete l'occasione, andateci. Anche se non siete credenti. Anzi: soprattutto se non siete credenti. E se proprio non potete andarci di persona, seguitene le attività attraverso il loro sito (linkato in alto a destra). Proprio dal loro sito, ho tratto la seguente citazione
Mi sia permesso, in questo breve spazio, per una volta soltanto, di osare uno sguardo sull’assoluta gratuità, e leggerezza, di questo Dio nascosto e, spesso, sconosciuto. E vorrei farlo entrando furtivamente in un monastero di clausura. E narrare questo Dio attraverso i gesti semplici e ripetuti che ritmano la giornata di una monaca, di un monaco. Del tutto inutili. Fuori campo. Non computabili tra i gesti solenni che decidono il volto di una Chiesa e il suo coraggioso sperimentarsi nel mondo. Sottoposto da lungo tempo all’orgia delle parole e a devastanti ingorghi di ogni tipo, credo sempre più che questi luoghi di silenzio, ormai totalmente marginali e pressoché insignificanti anche per la pastorale ordinaria, siano invece da riscoprire come riserva autentica dello Spirito, esigente scuola di gratuità, fonte a cui occorre tornare in fretta, se non vogliamo che si inaridisca del tutto la nozione stessa della vita cristiana. Sì, lo Spirito è fuoco, è vento, è tuono, ma è anche “voce di sottile silenzio”.
E allora le provocatorie domande iniziali, credo, trovino assoluta risposta. Davanti al profluvio di parole, di fraintendimenti, di confusione che ci circonda, per ritrovare sè stesso l'uomo ha bisogno solo di una cosa: del silenzio.
Che la forza sia con voi...
P.S.: domani sera, alle 20,30, nell'Auditorium della Biblioteca di Oriago vi segnalo la presentazione dell'ultimo libro di Francesco Melodia, Canto l'uomo d'acciaio.
Per il resto..buon week end.

Per tutti quelli che non dicono mai nulla....o che non trovano le parole

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