lunedì 2 novembre 2009

CUI PRODEST?

Dunque Franesco Rutelli lascia il PD. Lo annuncia lui stesso, sabato, dalle colonne de Il Corriere della Sera per la firma del bravo Marco Cianca. Un addio quasi scontato e per rendersene conto bastava leggersi l'ultimo libro dell'ex sindaco di Roma. Ho già detto che questa scelta non mi convince, giudicandola comunque o prematura (a nemmeno una settimana dallo straordinario successo di massa delle primarie) o tardiva (se si deve andare meglio farlo per tempo così almeno si evita il sospetto di scappare dopo aver perso, no?). E però c'è un passaggio della lunga intervista di Rutelli su cui vale la pena soffermarsi. Perché i tre motivi (le promesse mancate dice) che adotta per giustificare la sua fuoriuscita non solo paiono seri ma anche quelli su cui, credo, si giocherà il futuro del partito e soprattutto la capacità di Pierluigi Bersani di imprimere la svolta che in tanti attendono.
La prima è l'adesione al socialismo europeo. Tema che personalmente non mi appassiona, quello della collocazione europea del partito, perché nella diatriba PSE sì/PSE no leggo il limite strutturalmente intellettuale di chi mai ha pensato che un PD autorevole e veramente riformista poteva stimolare la nascita e la riaggregazione delle forze riformiste europee attorno ad un nuovo soggetto (chiamiamolo, per comodità intellettuale, Partito Democratico Europeo).
La seconda è la cessazione del collateralismo. E anche questo è tema importante. Credo, infatti, che il nostro Paese non sarà veramente moderno fino a quando partiti da un lato e organizzazioni sociali dall'altro dialoghino tra loro ma saldamente rimanendo indipendendenti gli uni dagli altri; oggi credo non sia così e che su questo collateralismo occorra riflettere seriamente.
La terza è la mancanza di pluralismo politico. Oddio: se il pluralismo cui si fa riferimento è quello della Binetti, posso pure essere d'accordo. Ma su questo Rutelli credo abbia ragione quando spiega che anziché creare un pensiero originale, si oscilla tra babele culturale e voglia di mettere all'angolo chi dissente.
Credo sia, fra i tre, quest'ultimo il punto nodale su cui la nuova segreteria nazionale dovrà lavorare: dare un pensiero originale a questo partito. Un pensiero autenticamente riformista, laicista e bipolarista.
Se Bersani vincerà questa sfida, credo davvero che il PD potrà porsi alla guida di un centrosinistra di governo. Io credo che questa operazione sia possibile, che sia davvero possibile elaborare un pensiero politico riformista originale. Ma credo anche che questo originale penserio riformista non possa prescindere dalla costruzione di una piattaforma valoriale condivisa fra le tre diverse "idee di partito" che si sono confrontate domenica scorsa. Ed è per questo che mi fermo qua (nel PD intendo)....
Che la forza sia con voi

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