lunedì 14 luglio 2008

SULL'EDUCAZIONE

Non amo molto Francesco Alberoni. Lo confesso. Per'altro va anche detto che della sociologia non ho una idea precisa. All'Università sostenni l'esame in questa disciplina non con Sabino Aquaviva ma con Italo De Sandre (che la insegnava a Statistica, altra disciplina che ho sempre trovato molto ma molto strana), molto più difficile ma con un programma di studio coerente coi miei interessi (che sono legati alla Linguistica Generale; intesa come disciplina che studia la nascita dei linguaggi umani). Anche perché mai piaciuto sostenere esami(o assistere a lezioni) in un cinema anziché in una aula (perché a noi capitava anche questo). E però stamani, sul Corriere, il professor Alberoni scrive una cosa che mi colpisce molto:
Uno dei maggiori errori della pedagogia contemporanea è stato quello di ridurre la differenza tra chi insegna e chi apprende, immaginando che l'insegnante debba comportarsi come un amico.
Che dire? Sono d'accordo anche io. Se ripenso alla mia vita da studente debbo riconoscere che i docenti di cui, ancora oggi, conservo vivo un ricordo (e affettuoso sia ben chiaro) sono quelli che oggi definiremo AUTOREVOLI. Anzi, talvolta persino autoritari. Io, ad esempio, in V^ Liceo sono stato abituato, dal mio insegnante di italiano (persona per me specialissima; alla quale ho dedicato diversi post) ad alzarmi in piedi quando qualcuno (fosse stato il preside o un "semplice" bidello ma quest'ultimo per me contava più del primo giacché come mi preparava lui i panini non me li ha mai preparati nessuno!) entrava in aula. All'inizio questa "innovazione" un poco ci pesava. Poi ci siamo pian piano abituati (non tutti: i rivoluzionari esistevano; eccome se esitevano) ad un gesto che in realtà era di profondissimo rispetto. E alle elementari ricordo ancora una maestra che letteralmente ci strappava le pagine dal quaderno se presentavano le "orecchiette" (ve le ricordate? Sia fatto Santo subito l'inventore delle custodie che avevano anche lo spazio per infilare le pagine già scritte onde evitare per l'appunto quel fastidiosissimo fenomeno): vado a memoria ma, credo, di aver dovuto ricopiare almeno una decina di volte l'intero quaderno. E però ancora addesso (che sono profondamente disordinato) sto molto attento a non "spiegazzare" quaderni o libri. Roba che oggi fili dritto, dritto al Telefono azzurro. Credo che questa mancanza di gerarchia sia uno dei problemi di questa nostra società: l'abbattimento delle distanze è stato, negli anni, visto come una sorta di egualitarismo in realtà inesistente. Perché basato su una finzione: e cioé che le distanze non ci sono. In apparenza. In realtà poi scopri che non solo ci sono ma sono, se possibile, ancora più drammatiche perché sotterranee, nascoste ma ugualmente micidiali. Micidiali perché, proprio in quanto nascoste, sono difficilissime da abbattere.
Che la forza sia con voi....


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2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Non sono le uniche barriere difficili da abbattere...ce ne sono molte, alcune di esse ci rendono infelici per tutta la vita, insoddisfatti, ma consapevoli che non le abbatteremo mai, perchè fatte di pregiudizi morali, etica, credo religioso. Micidiali, micidiali davvero.

16 luglio 2008 alle ore 07:53  
Anonymous Anonimo ha detto...

Definire “pregiudizi” il senso morale, l’etica o il sentimento religioso non è solo un pre-giudizio della peggior specie, è arroganza, anonima arroganza. Chiara

28 luglio 2008 alle ore 22:40  

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