mercoledì 15 ottobre 2008

ANNI DI PIOMBO


L'ho cercata a lungo. Inutilmente. La vignetta era di una incredibile chiarezza. Altan metteva in bocca a Cipputi una delle sue battute sapide: dopo il freddo degli anni di piombo, godiamoci il calduccio di questi anni di merda. Ogni volta che penso, mi ritorna in mente un ricordo vivissimo anche se son passati (credo) più di 30 anni. Quel pomeriggio avevo accompagnato mio padre, artigiano, ad effettuare delle consegne a Marghera. Improvvisamente il silenzio di quel pomeriggio di inizio estate fu squarciato dal rumore di sirene e dal rombo cupo di un tubo di scarico. Ricordo che mi sporsi sul ciglio della strada e vidi sfrecciare davanti a me una moto "enduro" con a bordo una coppia di ragazzi: l'uomo era alla guida, mentre dietro la ragazza teneva in mano "ad alzo zero" una pistola puntata contro una macchina della polizia che li stava inseguendo. Ricordo lo strattone con cui mio padre mi trascinò via: i xe quei dee brigate rosse mi disse. Ecco: quando sento parlare di terrorismo, di anni di piombo, per me, questi termini non segnano solo un'epoca. Rappresentano una immagine, un ricordo. Una paura. Così come non dimentico le sere davanti alla TV in attesa che cominciasse il telegiornale chiedendomi, chiedendoci: a chi avranno sparato oggi? E, allora, i nomi annunciati dai giornalisti, per me ragazzino, erano solo nomi: Indro Montanelli, Carlo Casalegno, Vittorio Bachelet, Luigi Maronese, Giuseppe Taliercio, Guido Rossa. Ma poi studiando, leggendo, parlando con alcuni familiari (è il caso dell'ing. Taliercio e di Rossa), quei nomi non sono stati più "solo" nomi: sono diventati storie, passioni. Insomma: uomini. Uomini uccisi da altri uomini. Oggi ne Il Corriere leggo che, degli oltre 6000 terroristi arrestati, 97 sono ancora in carcere, fra questi 26 sono in regime di semi libertà. Tutto questo quando Sarkozy ha deciso di rifiutare l'estradizione di Marina Petrella, brigatista rossa fuggita in Francia, per motivi di salute. Quando, finalmente, daremo agli storici la possibilità di accedere a tutti i documenti legati agli anni di piombo affinché sia possibile "rileggerli" con la serenità intellettuale che si deve?Anche questo significa servire la verità. E la giustizia.
Che la forza sia con voi!

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1 Commenti:

Blogger Stefano Patron ha detto...

A me invece è venuto in mente Francesco. La militanza politica rende fratelli, e noi eravamo fratelli. Ci passavamo libri opuscoli e giornali che oggi sono esposti nelle mostre dedicate agli anni di piombo. Ricordo lunghi pomeriggi passati a (s)ragionare di politica ed anche a giocare come bambini. Ci passavamo messaggi con un vecchio trasmettitore in alfabeto Morse ("quando scoppierà la rivoluzione e salteranno tutti i canali di comunicazione noi saremo pronti per mandare messaggi col telegrafo"). Poi Lotta Continua è finita. Perchè dopo aver fatto un pezzo di strada insieme si prendono strade diverse? Per me entrare nella sinistra parlamentare è stato naturale: era la cosa più rossa che vedevo nell'orizzonte quotidiano del mio paese (chi non conosce Pianiga non può capire). Francesco invece andò a finire il liceo a Padova, i suoi genitori pensarono che cambiare scuola l'avrebbe distolto dalla malsana passione per la politica. E lo buttarano nel fuoco proprio mentre l'incendio stava per divampare. Ci siamo riptrovati per caso in treno ed è stato l'ultimo breve tratto di strada che abbiamo fatto insieme. Io ho parlato della mia attività nel PCI lui della sua attività di militante di "Prima Linea" e abbiamo capito con angoscia che eravamo già su due versanti opposti della barricata. Un paio di anni dopo mi sono fatto coraggio ed ho chiesto notizie ad un suo fratello (uno di quelli che portano lo stesso cognome), mi ha detto che era "scappato" in Francia e che loro "la famiglia" non volevano saperne più niente. Faccio fatica a giudicare con la mia testa di cinquanttenne le cose che ho visto e che ho sentito quando avevo diciotto-venti anni; e non riesco ancora a farmi una ragione del fatto che quelle stesse persone con cui avevo manifestato e ciclostilato abbiano poi potuto commettere delle violenze. Eppure quelle violenze ci sono state, io stesso ho sentito gli spari che hanno colpito le gambe del prof. Ventura rimbombare nelle aule del Liviano. Non aspetto il giudizio sereno della storia. Io non sono sereno. Aspetto un messaggio dalla Francia. Magari scritto con l'alfabeto Morse.

23 ottobre 2008 alle ore 00:06  

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