mercoledì 30 luglio 2008

CILIEGIE



Oggi è una giornata culturalmente importante: esce infatti il libro postumo di Oriana Fallaci, Un cappello pieno di ciliege. In realtà il volume (864 pagine, 25 euro, edito da Rizzoli) è pubblicato a 2 anni dalla morte della giornalista ma in realtà ha conosciuto una lunghissima stesura. In molti, infatti, sapevamo che la Fallaci aveva scelto di vivere a Manhattan per curarsi da l'alieno (così chiamava il cancro) che la stava devastando ma soprattutto per dedicarsi anima e corpo a quello che, nei suoi programmi, avrebbe dovuto diventare una specie di compendio della intera sua produzione letteraria. Pensando a lei mi veniva in mente Natalino Sapegno che, nella sua Storia della Letteratura Italiana, ricordava quanto Leopardi scriveva a Pietro Giordani ricordando i suoi anni di studio matto e disperatissimo (che ci volete fare? matto al punto da imparare a memoria persino intere frasi di un manuale per'altro noiosissimo). Anni che, nella Fallaci, vennero interrotti l'11 settembre 2001 con l'attentato contro le torri gemelle, "grazie" al silenzioso lavoro di Ferruccio De Bortoli (direttore de Il Corriere, anzi: colui che considero - insieme a Spadolini e Paolo Mieli - uno dei migliori direttori del quotidiano di via Solferino) che dapprima la convinse a pubblicare sul quotidiano milanese le proprie riflessioni e poi a sostenerla anche nel progetto de La rabbia e l'orgoglio. Trovo splendido il rapporto che la Fallaci strinse con Un cappello pieno di ciliege, un libro ch'ella giunse a definire il mio bambino e che, come tutti i bambini del mondo, deve essere curato, assistito, vezzeggiato. Già in Insciallah troviamo il nucleo di questo romanzo con le riflessioni legate alla equazione di Boltzmann e all'entropia (va beh ho sempre dichiarato avversione per matematica e fisica ma non son proprio un ignorantone)! Confesso che i libri postumi non mi sono mai piaciuti. E questo per via di una esperienza estremamente deludente come quella che ho vissuto leggendo Petrolio, il libro postumo e incompiuto che Einaudi mandò in stampa nel 1991. E però adesso, appena pubblico questo post, me ne vado in libreria ad acquistare quello della Fallaci. Perché avendone lette alcune pagine, ho ritrovato la Fallaci che piace a me. Non quella (e l'ho già detto tante volte) proprio de La rabbia e l'orgoglio. No: quella de Un uomo (e leggetelo soprattutto voi donne se vivete amori impossibili), de Lettera ad un bamino mai nato, Penelope alla guerra, Se il sole muore (il 2 ottobre 1968 venne ferita a Citta del Messico ove si trovava per seguire le lotte studentesche in occasioni delle Olimpiadi), Il sesso inutile, Gli antipatici e così via. Perché in fondo la vera essenza del vivere, almeno secondo me, sta nella conclusione proprio de Niente e così sia:
La vita è una cosa da riempire bene, senza perdere tempo. Anche se a riempirla bene si rompe e quando si è rotta non serve più a niente. Niente e così sia
Che la forza sia con voi...


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