venerdì 31 agosto 2007

PARTIAMO?

Post brevissimo....

Ci siamo...tornati un pò tutti (almeno chi le ha fatte..ma Mira a ferragosto era bellissima, sì proprio bellissima) dalle ferie, avviati i primi incontri "conoscitivi" all'interno del comitato promotore per il PD a Mira (e vi consiglio di leggerne il resoconto sul blog di Nico Narsi) con l'amico Massimo abbiamo deciso di costituire anche il pensatoio... A cosa servirà? Quali iniziative proporre (mi piacerebbe per esempio ospitare un incontro con Massimo Calearo ma anche con Camon) ? Come strutturarlo? Lo decideremo tutti insieme. Quando? Martedì 11 settembre alle ore 21 presso la birreria La Botte di Borbiago. Vi aspetto allora...


P.S.: il libro per questo week end è Paolo Rumiz, E' oriente, Feltrinelli (2000)

martedì 21 agosto 2007

FACCIAMO THINK THANKS?

Non sono mai stato comunista. Non lo sono mai stato anche se ho più volte letto Il capitale di Marx. E però ho tifato (e continuo a tifare ancora oggi) per la Teologia della liberazione che in America Latina è stata (e per certi aspetti lo è ancora) formidabile strumento di promozione sociale nei confronti dei diseredati, dei senza terra, degli ultimi. Ma non sono mai stato nemmeno democristiano (democratico - cristiano sì, lo sono ancora) perché profondamente convinto che l'unità dei cattolici in un partito fosse una bufala e che se era vero che Stalin non vedeva l'elettore nella cabina, anche il buon Dio, forse, era in tutt'altre faccende affacendato. E un tantino più serie. Nonostante questo, per il mio modo di pensare se non avessi avuto ancora i pantaloni corti (ma soprattutto se non avessi indossato, a scuola, quell'orribile grembiule blu con tanto di fioccone bianco davanti) sarei magari stato fra quelli che qualcuno chiamava "cattocomunisti". E per ragioni di cui ho già scritto in altro post. Così come sono un fermo sostenitore della scuola pubblica ben consapevole che quelle paritarie sono, per la maggior parte, gestite da ordini religiosi. Nella mia "carriera" di elettore impenitente ho votato molti partiti, soprattutto quelli che premiati dall'elettorato non lo sono mai stati (evidentemente le ragioni degli sconfitti già allora mi convincevano molto). Ho votato Democrazia Proletaria (in una elezione amministrativa), ma anche PRI (quello di Ugo La Malfa sia chiaro). E poi (e spero che Alessio Bonetto non me lo rinfacci a vita) il PSI (quello di Craxi) e certamente il PCI (ma non ero comunista). Poi è venuto l'impegno politico. Dapprima all'interno di una lista civica. Poi ne La Margherita il cui progetto, quello di mettere insieme anime tra loro distanti e diversissime, mi ha sempre affascinato. Ora siamo alla vigilia della nascita del PD. Orbene: in queste ultime settimane molte voci critiche si sono levate nei confronti di questo non - ancora nato, nuovo partito. Fra queste vi è anche la mia. Lamento in particolare l'assoluta mancanza di contenuti. Il 14 ottobre avremo, sì, un segretario nazionale (od una segretaria nazionale) ma ancora non ho capito alcune questioni che a me non paiono proprio di poco conto: quale modello di sviluppo economico proporremo? quale etica dello Stato? quale posizione assumeremo nei confronti dell'eutanasia, dell'interruzione volontaria delle terapie mediche? Quale sarà la nostra collocazione nella politica europea? Quale politica seguiremo nei confronti degli Stati Uniti piuttosto che di Israele o del medio Oriente in generale? Per non parlare di questioni che sono molto più vicine a casa nostra: quale vocazione economica per le aree dismesse nel Petrolchimico? quale posizione assumere nei confronti della mobilità sostenibile? Quale idea abbiamo di cultura? Ebbene: su tutto questo silenzio. Per contro in questa pazza estate ho notato una vivace (uso un eufemismo) dialettica politica all'interno del centrosinistra (di tutto il centrosx) che, e lo dico chiaramente, non mi pare né costruttiva né seria. Perché una cosa è bene mettercela (tutti) in testa: prima o poi questo bendetto centrosinistra mirese lo dovremo pur ricostruire. Non fosse altro perché l'anno prossimo abbiamo nuovi impegni elettorali in cui, immagino, correremo tutti sotto l'insegna dell'Unione. Come sarà possibile se ancora oggi ci si guarda in cagnesco? Se addirittura mangiare una pizza in compagnia rischia di diventare un caso nazionale? Credo che davvero sia giunto il momento di finirla! Ho guardato il calendario: se non sbaglio sono passati più di tre mesi dall'avvio della campagna elettorale. Credo occorra finalmente guardare al futuro. Di finirla e di concentrarci su cose più serie. Io sono ottimista: vedo che si sta affacciando nella vita politica mirese una generazione "under 45" (così non escludiamo nessuno..) desiderosa di impegnarsi, di partecipare, di discutere. Una generazione per la quale le reciproche appartenenze non vengono viste come ostacolo ma come scelta personale e collettiva, di reciproco arricchimento oserei dire. Ebbene: perché noi che a questa generazione apparteniamo non diamo vita ad un pensatoio? Cioè ad un luogo in cui periodicamente incontrarsi per discutere, confrontarsi? Di tanto in tanto, magari invitare qualcuno di competente che ci possa offrire nuove chiavi interpretative della realtà che ci circonda. Il risultato di questa dialettica, poi, ognuno la porterà a casa propria: nel PD per chi vi aderirà, nei rispettivi partiti per gli altri. Ma così facendo forse riusciremo finalmente a comprendere che, tra noi, le differenze non sono così incolmabili come sembrano. Io per l'intanto apro le iscrizioni...poi si vedrà....
Cos'è un think thank? Questo termine frequenta, sempre più spesso, le pagine reali e virtuali dell'universo massmediologico. In senso generale, il think thank è luogo di ricerca, centro di studi, laboratorio di idee: un ambiente, insomma, dove emerge e si concretizza la valenza operativa del cosiddetto lavoro immateriale: lavoro odiernamente posto quale nervatura portante del mondo tecnologico e globalizzato, che rivela la sua principale forza produttiva nell'acquisizione e nello sviluppo della conoscenza. (Italiani/europei, 1/2004)
P.S.: il titolo di questo post temo sia comprensibile solo a chi, nel 1990 (1991 per la precisione) ballava (o zompettava almeno nel mio caso) sulle note di "Fiki, fiki". Canzone di Gianni Drudi, colonna sonora di MAI DIRE TV, che per ragioni a me imperscutabili non è ancora stata inserita negli annali della musica italiana d'autore......Mah, misteri...

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venerdì 17 agosto 2007

ELOGIO DELLA FIABA

Ho aproffittato di questa pausa ferragostana per progettare alcune iniziative di cui vi metterò a parte non appena saranno sufficientemente consolidate. In questa ricerca di idee, spunti e "provocazioni" ho reincontrato una persona che ho avuto piacere di conoscere molti anni fa. Studente universitario in Lettere ho seguito l'insegnamento di Storia della Letteratura italiana moderna e contemporanea tenuto dal prof. Silvio Ramat (se ve ne capita l'occasione e, soprattutto, se - come me - amate la poesia, leggete le sue opere, soprattutto Mia madre un secolo). Parte integrante del corso era la frequenza ad uno dei due seminari che ne facevano da corollario. Di uno dei due, francamente, non ricordo praticamente nulla (d'altra parte se scelsi di non frequentarlo evidentemente ci sarà pur stato un perché). L'altro, invece, continua ad essermi impresso nella mente. Era dedicato infatti alla fiaba e a tenerlo era Andrea Molesini, allora ricercatore universitario, oggi docente presso l'Università di Padova. Il prof. Molesini oltre che essere traduttore, saggista, critico é anche autore di diversi libri per ragazzi. Se avete figli ve ne consiglio soprattutto uno: Quando ai veneziani crebbe la coda, edito da Mondadori nel 1989 (e dunque probabilmente io lo conobbi un paio d'anni più tardi). Credo sia ancora reperibile nelle principali librerie ma, all'occorrenza, lo trovate anche nella Bibilioteca di Oriago ( la collocazione è: Oriago - jun+10 mole). Ve lo consiglio ma con una raccomandazione: leggetelo anche voi. Anzi. Mi verrebbe da dire: se siete di quelli che acquistano Topolino o Dylan Dog spiegando all'edicolante "mio figlio impazzisce per 'sta roba" mentre in realtà, in un cassetto della vostra scrivania, ne ospitate la collezione completa debitamente compulsata, fate la stessa cosa. Fingete pure che sia per vostro figlio/figlia, ma - appena tornati a casa - leggetelo voi. Sono infatti convinto che la fiaba sia in realtà uno strumento di anarchia perfetto e dunque estremamente "pericoloso". Perché, esattamente come la poesia, permette di giocare con la fantasia che è arma terribile per chi ci vorrebbe sempre e comunque omologati. Perché la fiaba, esattamente come la poesia, presuppone, in chi vi si avvicini, una capacità di stupirsi che purtroppo ormai solo i bambini hanno. E lo stupore, cioè la capacità di meravigliarsi, spaventa perché nulla accetta per scontato. Pensateci: la fiaba - in realtà - ha il potere di trasferirci in un luogo - altro in cui non ci sono le casette da Mulino Bianco (e quella di Hans e Gretel se la sono mangiata di gusto infischiandosene di tutti quei pediatri che hanno il coraggio di definire "obeso" un bimbo di 6 mesi) o in cui un moderno Tarzan svegliatosi in ritardo ha pure il tempo per mangiarsi i biscotti ai cereali oppure in cui se tuo figlio entra in casa inzaccherando il pavimento di fango, tu sorridendo torni a ripulirlo magari pure cantando di allegria. No. La Fiaba riesce a raccontare una realtà altra che però è maledettamente simile alla nostra. Nella fiaba nulla è politically correct . Scrive lo stesso prof. Molesini nel suo sito:


Un esempio per tutti. Quale narratore oggi, e penso
soprattutto, data l’occasione, alla letteratura dedicata ai ragazzi o magari
addirittura ai bambini, potrebbe far giocare a uno storpio il ruolo del Cattivo?
Eppure un’antica saggezza suggerisce – e le tragedie di Shakespeare, i libri di
Dickens, l’Isola del tesoro e il mondo intero lo raccontano – che un uomo
severamente menomato dalla natura o dalla propria storia può forse più
facilmente di altri portare rancore verso il prossimo, verso le cose perfino, di
altri meno provati dalla sorte. Senza contare, poi, che la grammatica
dell’immaginario infantile e collettivo da sempre tende ad abbinare, per
ragioni, non me lo nascondo, fin troppo ovvie e dunque stupide, bruttezza a
malvagità, menomazione fisica o psichica a pericolo. Pensate all’ansimare
innaturale che annuncia la presenza di Dark Fener, l’eroe nero di Guerre
Stellari.

La fiaba è bella perché in una fiaba tutto è ben distinto. Da una parte i cattivi (anche se magari potessi scegliere forse parteggerei più per il lupo cattivo che per capuccetto rosso che mi è sempre stata piuttosto antipatica), dall'altra i buoni. Da una parte la colpa, dall'altra la giustizia. E dunque la fiaba è etica. Ancora Molesini:


L’etica è l’ombra dell’estetica. Il senso di giustizia deriva naturalmente
dalla bellezza che ci circonda, cioè quella di cui sappiamo circondarci, quella
che la nostra mente o meglio ancora la nostra anima sa e riesce a comprendere e
trattenere, sviluppare e rispecchiare. La bellezza è dovunque, come ogni altra
cosa, come la stupidità, come il sole e la pioggia, o la fiamma di uno sguardo
che ci sorprende nel metrò quando meno ce l’aspettiamo. “Beauty is truth, truth
beauty, - that is all / Ye know on earth, and all ye need to know".

E qual è la vostra fiaba del cuore?

Il libro per questo week end? Una lettura leggera, di puro svago: Figli del Nilo, Wilbur Smith, Longanesi. Però se avete già sognato con le avventure di Taita, Horus e della regina Lostris forse ne rimarrete un poco delusi.

mercoledì 8 agosto 2007

CI SIAMO...?!



E così anche a Mira, nella splendida cornice di Villa Alberti, è FINALMENTE nato il coordinamento comunale del PD. Adesso ci si deve rimboccare le maniche e recuperare il tempo perduto. In queste ultime settimane in tanti hanno sollecitato i responsabili di DL e DS ad attivarsi per giungere a questo risultato. Non ho mai pensato a queste sollecitazioni come a delle "ingerenze" di campo. Anzi. Le ho considerate segno tangibile delle potenzialità di questo nuovo soggetto unitario che potrebbe davvero rappresentare una rivoluzione nello scenario politico nostrano. Innanzitutto perché, nel medio termine, semplificherà enormemente il quadro politico: la nascita del PD, infatti, "obbligherà" i partiti elettoralmente minori - anche in assenza di modifiche alla legge elettorale - ad aggregarsi. Al centro e ne è testimonianza la proposta - provocazione di Mastella rivolta a Casini e Di Pietro ma anche a sinistra dove si sta già lavorando ad un analogo processo di riunificazione. Così come sul versante opposto dove il centrodestra dovrà necessariamente rispondere avviando un percorso di ricompattamento. Dunque, nel lungo periodo, potremo finalmente avere un sistema bipolare perfetto. Ed è qui che cominciano a sorgere i problemi. Ne individuo al momento almeno due. Il primo. Semplificando al massimo e chiedendo scusa per la grossolanità dell'esposizione: due poli contrapposti significa sostanzialmente accentuare i rispettivi "caratteri genetici" di polo conservatore e di polo progressista. Dunque (e non mi stancherò mai di ripeterlo) bisogna necessariamente lavorare sui contenuti del PD per accentuarne proprio lo spirito progressista e riformista. Solo così riusciremo a diventare credibili anche agli occhi di quelle forze (i socialisti dell'amico Alessio Bonetto ad es.) che attualmente guardano al PD con scetticismo. Il secondo. Non può esserci un bipolarismo perfetto senza una coerente legge elettorale. E qui cominciano i guai. Perché attualmente di proposte serie e credibili non ne stiamo vedendo alcuna. Anzi. Il fatto che proprio il 14 ottobre si andrà a votare con "liste bloccate" e senza candidati espressione autentica del territorio non è segnale di buon auspicio. Sia chiaro e lo dico soprattutto a quanti si avvicineranno al PD non provenendo da alcuna esperienza partitica: passeremo mesi (anni forse) difficili. Questo perché stiamo chiedendo ai nostri iscritti (intendo: iscritti ai DL e iscritti ai DS) un cambiamento di mentalità notevole. Per taluni di loro, aderire al PD significherà abituarsi a lavorare con chi proviene da appartenenze politiche che, in passato, erano in chiara e netta contrapposizione. E' vero lo stanno già facendo. Ma un conto è lavorare insieme attorno alla realizzazione di un programma di governo. Un conto è mettere a confronto i propri valori etici, le proprie idee fino a trovare una mediazione che sia di alto profilo. Lo sforzo che sarà chiesto in termini di capacità di ascolto, di dialogo, di confronto sarà notevole. Ma credo che questa sia anche una sfida culturalmente importante che vada raccolta e vinta. Ma non perché siamo tutti presi da una sorte di "ineluttabilità del destino" che quasi ci obbliga a costruire il PD, ma perché un Paese moderno quale dovrebbe essere il nostro, una società che è in continua trasformazione, nuove sfide quali la globalizzazione e le nuove rivoluzioni (compresa "quella delle donne" come ha suggestivamente suggerito - in occasione della conferenza stampa di presentazione - Franca Donaggio, sottosegretaria al welfare, e membro del comitato mirese), esigono chiavi interpretative della realtà di nuovo tipo che le forme - partito attuali non potevano - da sole - costruirsi. Ecco l'importanza dell'apertura alla "societa civile" purché essa venga coinvolta non solo nella fase progettuale ed elaborativa ma anche nelle scelte concrete. Mi auguro che davvero nella costituzione del manifesto del PD (quello unitario, non quello dei diversi candidati che si fronteggieranno il prossimo14 ottobre) possa trasparire quale idea di società abbiamo. Una idea che ancora fatica ad emergere nelle azioni di governo di questi mesi.

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SULLA LEGGE 40

Martedì sera ho assistito al programma W L'ITALIA condotto da Riccardo Jacona che i più ricorderanno come inviato speciale di Michele Santoro ai tempi di Samarcanda. Jacona fu anche a Mira nel corso di uno speciale legato - se non ricordo male - alle condizioni lavorative degli operai dei calzaturifici della RdB. L'argomento della trasmissione era la Legge 40, altrimenti detta sulla "fecondazione assistita". Ricordo che su questo tema vi fu, due anni fa, un referendum che non raggiunse il quorum. Confesso che quando discuto di simili temi cresce in me la convinzione dell'obbligo di dichiarare, ciascuno, le proprie "appartenenze". E dunque comincio da me che sono cattolico e militante da sempre del centrosinistra. E che proprio in virtù di queste "appartenenze" sono favorevole alla fecondazione assistita. Meglio: favorevole a che chi voglia ricorrere a questa tecnica procreativa lo possa fare nel proprio paese. Perché? In occasione del referendum ed in qualità di coordinatore comunale de La Margherita ho organizzato un dibattito pubblico tra favorevoli e contrari alla fecondazione assistita. Fummo l'unica realtà "politicamente organizzata" a realizzare un simile dibattito in tutta la provincia. Parteciparono circa 150 persone che stettero per 3 ore in un silenzio partecipato ad ascoltare gli interventi degli ospiti. Mi colpì molto questa partecipazione. Così come mi colpì una assenza in tutto il dibattito che accompagnò la campagna referendaria nazionale. Quella di quanti non riescono, non possono vivere la propria genitorialità perché sterili. Quante sofferenze si celano dietro a questa impossibilità? Quanti drammi? Quante famiglie (in regime cattolico, di Dico, di PACS fate un po' voi) entrano in crisi a causa di questa genitorialità negata? Eppure di loro pochi hanno parlato. Ma, soprattutto, non ne hanno parlato le gerarchie ecclesiastiche che si sono semplicemente limitate ad invitare i cattolici a non andare a votare. Ebbene: a costoro io non ho obbedito. E l'ho fatto proprio perché ritengo che la genitorialità, soprattutto se voluta - cercata - desiderata, sia un diritto di ciascuno. E perché convinto che la genitorialità negata sia una condanna. Ne parlo perché un amico, anch'egli spettatore della trasmissione, mi ha ricordato che nel programma elettorale del governo di Romano Prodi vi è l'impegno a modificare questa legge. Io credo che anche attraverso la realizzazione di questa "promessa elettorale" si misuri il reale progressismo di questo governo. Ma credo anche che sarebbe opportuno che il nascente PD iniziasse a riflettere su questi temi. Che sono temi sui quali si misura la reale civiltà e libertà di un paese democratico quale il nostro.

Il libro per questo week end? Freak Antoni, Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti, Feltrinelli, Universale economica.

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sabato 4 agosto 2007

QUALI IDEE PER IL PD?


Penso di fare cosa gradita nel riportare il manifesto del PD di Walter Veltroni così come apparso in numerosi siti internet. Lo ritengo un buon punto di partenza su cui costruire le proposte programmatiche su cui ci si dovrà impegnare nei prossimi mesi. Soprattutto quelle che riguardano più da vicino il nostro territorio....

Se abbiamo

voluto chiamare «democratico» il partito nuovo che stiamo costruendo, è anche e soprattutto perché è la democrazia la questione cruciale del nostro tempo. Siamo entrati nel ventunesimo secolo sull'onda delle speranze suscitate dalla vittoria della democrazia sui totalitarismi che avevano insanguinato il Novecento. Ma oggi quella corrente calda ha perso buona parte della sua forza, frenata dall'attrito con questioni dure, come il divario tra il carattere globale dei nuovi problemi (e dei nuovi poteri) e la dimensione ancora prevalentemente nazionale delle istituzioni politiche, la persistente debolezza delle istituzioni internazionali, la fatica con la quale avanzano i processi di integrazione sopranazionale e post-statuale, a cominciare dall'Unione Europea.

E se perfino le grandi democrazie appaiono troppo piccole, è inevitabile che sia messo in dubbio il fondamento più profondo della democrazia stessa: quella visione umanistica della storia che ritiene possibile, per la coscienza e l'intelligenza delle donne e degli uomini, orientare il corso degli eventi. Perché ritiene che la storia non sia determinata meccanicisticamente dalla sola legge della necessità, ma possa essere influenzata dal responsabile esercizio della libertà. Dirsi «democratici», oggi significa dunque anzitutto lavorare per aprire alla democrazia orizzonti più ampi: a cominciare dal multilateralismo efficace nelle relazioni internazionali e da una visione politica e non solo mercantilistica dell'integrazione europea. E tuttavia, anche per contribuire ad aprire un nuovo ciclo, un ciclo sopranazionale, nella storia della democrazia, dopo quelli delle città antiche e degli stati moderni, è necessario disporre di istituzioni nazionali forti, perché efficaci e legittimate, di un sistema politico capace di pensare in grande e di agire con rapidità e di un efficace e trasparente governo di prossimità. Il nostro Paese non dispone oggi di istituzioni nazionali e di un sistema politico adeguati a questi fini. La democrazia italiana è malata, per così dire, su entrambi i lati del suo nome composto: quello della «crazia», ovvero dell'autorevolezza e della forza delle istituzioni; e quello del «demos», ovvero della legittimazione popolare della politica.

Non è necessario dilungarsi nella descrizione: è sotto gli occhi di tutti la crisi di autorità di un sistema istituzionale e politico, qualunque sia il colore del governo del momento, allo stesso tempo costoso e improduttivo, tanto invadente nell'occupazione del potere e nell'ostentazione dei suoi segni esteriori, quanto impotente nell'esercitare il potere vero, quello che serve ad affrontare i problemi del paese; tanto capace di frammentarsi inseguendo e cavalcando la degenerazione corporativa della società, quanto inadeguato al bisogno, che pure il paese esprime, di unità, solidarietà, coesione attorno a obiettivi di bene comune. La democrazia italiana sta andando in crisi per assenza di capacità di decisione, per la prevalenza della logica dei veti delle minoranze sulle decisioni delle maggioranze. La democrazia non può essere un'assemblea permanente che si conclude con la convocazione di un'altra assemblea. La democrazia è ascolto, partecipazione, condivisione. Ma, alla fine, è decisione. Lo disse Calamandrei durante i lavori della Costituente: «La democrazia per funzionare deve avere un governo stabile: questo è il problema fondamentale della democrazia. Se un regime democratico non riesce a darsi un governo che governi, esso è condannato… Le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dalla impossibilità di governare dei governi democratici».

Il Partito democratico nasce per porre un argine a questa deriva, nella quale la politica stessa finisce per alimentare l'antipolitica, e per avviare, con la sua stessa costituzione, un'inversione di tendenza: dalla divisione all'unità, dall'invadenza alla sobrietà, dall'arroganza inconcludente alla forza dell'efficienza e della produttività. Per dare concretezza a questa linea di lavoro, il Partito democratico al quale penso si impegnerà seriamente a fare dieci cose concrete.

Primo: superare l'attuale bicameralismo perfetto, assegnando alla Camera la titolarità dell'indirizzo politico, della fiducia al governo e della funzione legislativa e facendo del Senato la sede della collaborazione tra lo Stato e le autonomie regionali e locali. Senato e Camera manterrebbero potestà legislativa paritaria nei procedimenti di revisione costituzionale.

Secondo: operare una drastica riduzione del numero dei parlamentari, coerente con la specializzazione delle due camere: 470 deputati e 100 senatori porterebbero l'Italia al livello delle altre grandi democrazie europee come quella francese alla quale sempre di più dobbiamo saper guardare.

Terzo: riformare la legge elettorale, in modo da ridurre la assurda frammentazione e favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente. Il governo sarebbe così capace di assicurare l'attuazione del programma per il quale è stato scelto dagli elettori, come in tutte le grandi democrazie europee. E, infine, la ricostruzione di un rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, mediante la previsione per legge di elezioni primarie per la selezione dei candidati. Tutto questo è ora reso ancora più necessario dalla positiva sfida del referendum.

Quarto: rafforzare decisamente la figura del Presidente del Consiglio, sul modello tipicamente europeo del governo del primo mini-stro, in modo da garantire unitarietà e coerenza all'azione di governo e coesione alla maggioranza parlamentare, attribuendogli, ad esempio, il potere di proporre nomina e revoca dei ministri al Presidente della Repubblica.

Quinto: rafforzare il sistema di garanzie nel sistema maggioritario e bipolare, in modo da scongiurare qualunque rischio di dittatura della maggioranza o di deriva plebiscitaria, prevedendo quorum rafforzati per la modifica della prima parte della Costituzione e per l'elezione delle cariche indipendenti, uno Statuto dell'opposizione, l'attribuzione alla Corte costituzionale delle controversie in materia elettorale, norme rigorose contro il conflitto d'interessi.

Sesto: previsione di una corsia preferenziale, con tempi certi, per l'approvazione dei disegni di legge governativi e voto unico della Camera sulla legge finanziaria nel testo predisposto dalla Commissione Bilancio, sulla falsariga dell'esperienza inglese.

Settimo: escludere nei regolamenti parlamentari la costituzione di gruppi che non corrispondano alle liste presentate alle elezioni e rivedere le norme finanziarie che oggi premiano la frammentazione, comprese quelle sul finanziamento pubblico dei partiti e della stampa di partito.

Ottavo: completare la riforma federale dello Stato, attuandone gli aspetti più innovativi, a cominciare dal federalismo fiscale e dalle forme particolari di autonomia che possono avvicinare le regioni a statuto ordinario alle autonomie speciali, con uno sguardo particolare alle grandi aree metropolitane.

Nono: attuare l'articolo 51 della Costituzione, prevedendo almeno il 40 per cento di candidati donne e di capilista donne a pena di inammissibilità delle liste. Il Partito democratico applicherà alle proprie liste la quota del 50 per cento.

Decimo: riconoscere il voto ai sedicenni per le elezioni amministrative, valorizzandone l'apporto di freschezza e di entusiasmo essenziale per la rivitalizzazione della democrazia e al tempo stesso la funzione di responsabilizzazione, di socializzazione e di apertura, essenziale nel delicato percorso dall'adolescenza alla maturità. Si tratta, come è ovvio, di proposte aperte, che implicano un iter non semplice di revisione costituzionale e legislativa, che a sua volta presuppone la convergenza di un ampio schieramento di forze. Molte legislature sono trascorse invano, da quando il tema della riforma della politica, delle sue regole, delle sue istituzioni, è entrata nell'agenda del paese. Ora la crisi di autorità della politica sta diventando un'emergenza democratica. Il Partito democratico al quale penso nasce per riportare l'Italia tra le grandi democrazie d'Europa. È una urgenza assoluta. Se non vogliamo che si avveri la lucida profezia di Calamandrei.

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giovedì 2 agosto 2007

VELTRONI-FRANCESCHINI: IL TANDEM E' OK


Ho sempre pensato che fosse quasi un obbligo morale per chi ha impegni politici quello di schierarsi. Di dire chiaramente ciò che si pensa attorno alle questioni che animano l'opinione pubblica del nostro paese. Ed è indubbio che l'argomento del giorno (e - credo - anche quello dei giorni che ci separano al 14 ottobre) sia l'elezione a segretario nazionale del non ancora nato PD. A chi mi chiedeva quale candidato intendessi sostenere ho chiesto qualche giorno di riflessione. Ieri sera, poi, a Mestre mi sono incontrato con un gruppo di amici. Insieme a me altri amministratori ed iscritti e simpatizzanti de La Margherita. In tutto una ventina di persone che per un paio d'ore hanno discusso sul PD, sui candidati, su quali contributi programmatici portare all'interno del manifesto per il PD. Alla luce di quella riflessione abbiamo concordato di sostenere il ticket Veltroni - Franceschini. Perché? Per una serie di ragioni, alcune delle quali difficili da spiegare in maniera sufficientemente chiara. Innanzitutto occorre riconoscere ad entrambi il merito di essere stati fra i primi a parlare della necessità di riunificare, in un nuovo soggetto politico, le forze progressiste e riformiste rappresentate dai due maggiori partiti del centrosinistra. Poi perché vengono entrambi da esperienze di amministratori comunali (Franceschini fu assessore alla cultura del comune di Ferrara) : e - vi prego di credermi - quella dell'amministratore comunale è una palestra fondamentale per la crescita politica delle persone e per insegnare loro a leggere correttamente le esigenze del territorio. Ancora: a me pare che entrambi abbiano una lettura disincatata delle loro rispettive appartenenze e storie personali; il rapporto col PCI per Veltroni, quello con la DC per Franceschini: questo è molto importante perché significa poter disporre di quella capacità di indipendenza rispetto alle logiche di appartenenza che comunque emergeranno (ed è naturale che sia così: stiamo parlando di un progetto politico che metterà insieme persone che spesso hanno militato su posizioni assolutamente contrapposte ed è dunque facile pensare che il processo di scioglimento-riunificazione-nascita del PD non sarà alieno da tensioni) . Ho letto con grande attenzione il discorso di accettazione della candidatura di Veltroni: l'ho trovato un discorso di alto profilo ma soprattutto un discorso capace di appassionare. Ed è esattamente questo di cui ha bisogno il PD per essere attraente nei confronti di quanti, pur elettori del centrosinistra, ancora non hanno trovato una casa in grado di accoglierli.
Riporto i passaggi del discorso di Veltroni che più mi hanno colpito e su cui ho costruito la mia decisione di sostenerlo:

Fare un'Italia nuova. E' questa la ragione, la missione, il senso del Partito democratico.
Riunire l'Italia, farla sentire di nuovo una grande nazione, cosciente e orgogliosa di sé.
Unire gli italiani, unire ciò che oggi viene contrapposto: Nord e Sud, giovani e anziani, operai e lavoratori autonomi.
Ridare speranza ai nuovi italiani, ai ragazzi di questo Paese convinti, per la prima volta dal dopoguerra, che il futuro faccia paura, che il loro destino sia l'insicurezza sociale e personale.
Per questo nasce il Partito democratico. Che si chiamerà così. A indicare un'identità che si definisce con la più grande conquista del Novecento: la coscienza che le comunità umane possono esistere e convivere solo con la libertà individuale e collettiva, con la piena libertà delle idee e la libertà di intraprendere. Con la libertà intrecciata alla giustizia sociale e all'irrinunciabile tensione all'uguaglianza degli individui, che oggi vuol dire garanzia delle stesse opportunità per ognuno.
Il Partito democratico, il partito dell'innovazione, del cambiamento realistico e radicale, della sfida ai conservatorismi, di destra e di sinistra, che paralizzano il nostro Paese.

E la dichiarazione di Franceschini relativa alla scelta delle primarie come metodo per selezionare la classe dirigente del PD:

La decisione di oggi di affidare ai cittadini la scelta del futuro segretario del Pd é un atto di grande intelligenza e coraggio, i cui effetti positivi si potranno vedere per anni nella politica italiana e non solo nel nostro Paese. Finalmente una sfida pulita, trasparente e virtuosa per la leadership e non candidature uscite da accordi, equilibri, mediazioni.

Ed ecco infine il comunicato che un gruppo nutrito di iscritti e simpatizzanti de La Margherita ha sottoscritto in favore di questa candidatura (in grassetto i sottoscrittori della Riviera del Brenta):

Cari Amici,

ormai le candidature per il Segretario del Partito Democratico sono state presentate.

In questi giorni l’idea di partecipare ad una straordinaria stagione politica sta appassionando tutti noi.

Le candidature plurime che si stanno proponendo sono il sale di un confronto sereno e leale che, ne siamo convinti, renderanno da subito il PD quel Partito Nuovo che tutti ci aspettiamo.

In questo contesto, la possibilità di contaminare in maniera feconda le diverse culture politiche che sono all’origine del PD, ci pare l’elemento più significativo e positivo che trova nella candidatura di Valter Veltroni e Dario Franceschini la sua espressione migliore.

Nell’inviarti il documento di Veltroni pubblicato sul Corriere della Sera del 24 Luglio u.s., vogliamo sottoporlo alla tua valutazione e ci auguriamo alla tua approvazione, quale contributo fondamentale alla costituzione su basi sicure e nuove del PD: è un vero e concreto manifesto di come vorremmo migliorare il nostro Paese.

Noi lo sottoscriviamo condividendone in pieno i contenuti e ci impegneremo affinché questi riferimenti trovino completa realizzazione dentro il Nuovo Partito.

Un Cordiale Saluto.

Massimo Cacciari Sindaco di Venezia

Laura Fincato Parlamentare

Tiziano Treu Parlamentare

Rodolfo Viola Parlamentare

Andrea Causin Consigliere Regionale della Margherita

Andrea Ferrazzi Vice Presidente della Provincia di Venezia

Paolo Gatto Assessore Provinciale della Provincia di Venezia

Lieta Smajato Assessore Provinciale della Provincia di Venezia

Diego Vianello Consigliere Provinciale

Renato Martin Consigliere Provinciale

Gianni Rivi Presidente Associazione Popolari

Anna Maria Miraglia Assessore Comune di Venezia

Enrico Mingardi Assessore Comune di Venezia

Massimo Venturini Presidente della Municipalità di Mestre

Piero Rosa Salva Capo Gruppo Consiglio Comunale di Venezia

Giampietro Capogrosso Consigliere Comunale di Venezia

Claudio Borghello Consigliere Comunale di Venezia

Ivano Berto Consigliere Comunale di Venezia

Tobia Bressanello Consigliere Comunale di Venezia

Corrà Danilo Consigliere Comunale di Venezia

Giorgio Chinellato Consigliere Comunale di Venezia

Carlo Pagan Consigliere Comunale di Venezia

Silvia Spignesi Vice Presidente del Consiglio Comunale di Venezia

Alessia Mingardi Coordinatore Giovani Margherita Provincia di Venezia

Stefania Brugnera Presidente Commissione Pari Opportunità della Provincia di Venezia

Pier Antonio Tomasi Sindaco di Marcon

Antonio Gaspari Sindaco di Dolo

Massimo Beraldo Sindaco di Ceggia

Bruno Perissinotto Sindaco di Fossalta di Piave

Paolino D’Anna Vice Sindaco di Mira

Franco Piovesan Vice Sindaco di Meolo

Alessandro Campalto Vice Sindaco Campolongo Maggiore

Romano Favaretto Vice Sindaco Martellago

Tiziana Barina Vice Sindaco Fiesso d’Artico

Margherita Gasparini Assessore di Mira

Davide Meggiato Assessore di Mira

Massimo Casotto Assessore di Noale

Graziano Vidali Assessore di Ceggia

Laura Sambo Assessore di Ceggia

Lia Davanzo Assessore Fossalta di Piave

Alberto Minato Assessore Comune di Torre di Mosto

Nello Pasquon Assessore Comune di Torre di Mosto

Benetta Augusto Assessore Noventa di Piave

Fernanda De Lazzari Assessore Comune di Marcon

Alberto Polo Assessore di Dolo

Fabiano Gibin Consigliere Comunale di Chioggia

Anna Bagnoli Consigliere Comunale di Campagna Lupia

Giuliano Sarto Capogruppo Consiglio Comunale di Campolongo Maggiore

Mario Dainese Consigliere Comunale di Dolo

Massimiliano Mazzetto Consigliere Comunale di Camponogara

Massimo Brollo Consigliere Comunale di Ceggia

Nadio Doretto Consigliere Comunale di Ceggia

Andrea Manzato Consigliere Comunale di Ceggia

Carlo Fantinello Consigliere Comunale di Fossalta di Piave

Luca Marusso Coordinatore della Margherita di San Donà di Piave

Guseppe Asta Coordinatore Margherita Riviera del Brenta

Andrea Degan Coordinatore della Margherita Circolo La Città Visibile

Giovanni Costantini Coordinatore della Margherita Circolo di Burano

Patrizio Corrò Coordinatore della Margherita Circolo di Favaro Veneto

Daniela Milani Coordinatore della Margherita Circolo Uniti Mun. Lido e Pellestrina

Giorgio Isotti Coordinatore della Margherita Circolo Insieme per Venezia

Carla Urlando Coordinatore della Margherita Circolo di Marghera D.U.E.

Davide Romice Coordinatore della Margherita Circolo di Mestre Centro

Tiziana Longhi Coordinatore della Margherita Circolo di Venezia

Giampaolo Ferrari Coordinatore della Margherita di Camponogara

Rebecca Battiston Coordinatore della Margherita di Caorle

Fabio Marabese Coordinatore della Margherita di Ceggia

Antonio Angelucci Coordinatore della Margherita di Concordia Sagittaria

Edoardo D’Amico Coordinatore della Margherita di Dolo

Giuliano Roma Coordinatore della Margherita di Eraclea

Marisa Secco Coordinatore della Margherita di Fossalta di Piave

Andrea Vianello Coordinatore della Margherita di Marcon

Giuseppe Ostan Coordinatore della Margherita di San Stino di Livenza

Loris Schiavon Coordinatore della Margherita di Teglio Veneto

Gastone Rabacchin Presidente ATVO

Luca Michelutto Presidente ASVO

Alessandro Bares Presidente VELA

Efstathios Tsuroplis Presidente AMES

Marino Cortese Presidente Querini Stampalia

Luigino Busatto Presidente San Servolo Servizi

Claudio Bertolin Vice Presidente ACTV

Carlo Pagan Casinò di Venezia

Giuseppe Marin Campagna Lupia

Enrico Badin Camponogara

Dionisio Crosera Caorle

Andrea Badon Catene Villabona

Silvio Meneghello Cavallino

Tiziana Mattiazzi Cavarzere

Lugi de Perini Chioggia

Alberto Argentoni Eraclea

Enrico Baschiera Fiesso d’ Artico

Danilo Zanlorenzi Martellago

Luigino Cuzzolin Noventa di Piave

Laura Visentin Venezia

Fabio Dani Venezia

Francesca Vingiani Venezia

Roberto Brugnoli Venezia

Lorenza Pandiani Venezia

Michele Gobbi Vigonovo


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