venerdì 31 luglio 2009

TRASPARENZA


Per tutto il mese di agosto, ed in special modo nei week end, è posibile vivere una esperienza unica: camminare lungo la diga del Vajont accompagnati da guide esperte che spiegano, nei minimi dettagli, ciò che accadde quel 9 ottobre 1963 quando una frana staccatasi dal monte Toc provocò una valanga d'acqua, di rocce e massi che spazzò via la valle di Longarone. Prima di arrivare alla diga, consiglio una sosta nel cimitero monumentale del Vajont (Longarone) che ospita anche un piccolo museo ove sono stati raccolti gli oggetti appartenuti alle vittime di quel disastro. Oggi "Repubblica" pubblica questa notizia:


Le carte salvate del Vajont


digitali e pubbliche nel 2011



Nella tensione dell'Aquila terremotata si riesce a scrivere un nuovo capitolo sulla memoria storica del Vajont. Scampate alla notte del 6 aprile, in cui andò distrutto l'Archivio di Stato che le custodiva, le carte del processo della tragedia del Vajont, che si svolse all'Aquila per legittima suspicione, non solo hanno trovato una sede adeguata nel nuovo Archivio che si inaugura il 30 luglio a Bazzano nella periferia est del capoluogo abruzzese, ma dopo l'estate verranno trasferite in blocco all'Archivio di Stato di Belluno. Sarà proprio lì, in un soggiorno temporaneo ma epocale (perché mai uscite prima), che partirà la monumentale operazione di conversione digitale dei materiali che documentano le fasi salienti del processo, dal 1969 al 1971, che ricostruiscono fatti e responsabilità dell'inondazione della vallata del Vajont avvenuta il 9 ottobre del 1963. Tra poco meno di due anni, quindi, la memoria processuale sarà resa del tutto pubblica. Per l'esattezza, dal 26 marzo del 2011, ventiquattrore dopo la scadenza ufficiale del vincolo di riservatezza previsto secondo la legge italiana per i quarant'anni dalla conclusione del processo. "Il 20 maggio è stato sottoscritto tra il Comune dell'Aquila e quello di Longarone - annuncia Luciano Scala, direttore generale per i Beni archivistici - un nuovo impegno in via del tutto eccezionale a trasferire con l'assenso della presidenza del Tribunale dell'Aquila, le carte dall'Archivio di Stato del capoluogo abruzzese a quello di Belluno. Abbiamo deciso di proseguire proprio a Belluno, in collaborazione coi Comuni di Longarone e Castellavazzo che materialmente sostengono tutta l'operazione, l'importante procedura di digitalizzazione dei documenti, che chiaramente all'Aquila avrebbe incontrato dei ritardi". La documentazione cartacea del processo, circa 240 faldoni sopravvissuti al terribile sisma perché chiusi in sette armadi blindati, insieme agli elaborati progettuali del Vajont, ossia i progetti architettonici fuori misura, sono ora già nella nuova sede dell'Archivio. "Una volta trasferite - dice Scala - le carte saranno inventariate e analizzate da un pool di specialisti formato da archivisti dell'Aquila e di Belluno insieme ai tecnici scientifici del professor Maurizio Reberschack, l'insigne storico della tragedia del Vajont che lavora da Venezia in continuo contatto con le autorità di Longarone. Quindi si procederà alla grande operazione di riproduzione digitale".
Quando si parla di faldoni processuali si intendono, come ci tiene a sottolineare Scala, "tutti i verbali, le testimonianze, le perizie tecniche, le sentenze, le progettazioni dell'impianto, tutte le fasi di costruzione della struttura dal 1925, fino addirittura ai quindici quaderni con gli appunti redatti da Carlo Semenza, l'ingegnere della diga". "L'operazione di riproduzione digitale di tutte le carte prevede un costo di 400mila euro, ma se ci si concentra solo su un nucleo di documenti di interesse primario la spesa si aggira intorno agli 80mila euro", spiega Agostino Attanasio, per anni il direttore dell'Archivio di Stato dell'Aquila. Quella del 2011 è solo una prima tappa, come annuncia Scala: "Tutto si inquadra nel progetto dell'Archivio diffuso del Vajont che avrà vita nel 2013, nell'anniversario dei cinquant'anni dalla tragedia. L'obiettivo è creare un sistema di informazioni pubbliche sulla vicenda, mettendo insieme tutti i documenti custoditi presso gli archivi della Prefettura, del Senato, del Genio Civile, delle società coinvolte come l'Enel e Montedison, delle banche, della Rai e dell'Istituto Luce, fino a quelle dei legali e dei giornalisti che si occuparono del Vajont". In attesa della trasferta, la memoria del Vajont riposa nel nuovo Archivio di Stato abruzzese, ordinata e inscatolata per partire alla volta di Belluno, custodita in quella che diventa, nel caos dell'Aquila - come sottolinea Scala - "la prima struttura culturale realmente funzionante dopo il terremoto, creata a tempo record con lo spirito di salvare tutti i documenti della città, oltre dieci chilometri di carte storiche di inestimabile valore, ma anche di accogliere il pubblico".


Che la forza sia con voi!


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giovedì 30 luglio 2009

QUESTIONE MORALE

Siamo garantisti. Ma se lo siamo (e lo siamo) e dunque convinti della innocenza di un inquisito sino al 3° grado di giudizio, lo dobbiamo essere con tutti. Ma proprio tutti. Anche perché....

Da La Repubblica:

Sequestri e perquisizioni anche nel Policlinico per l'inchiesta di Scelsi che fa capo a Tarantini
Secondo filone sui bilanci delle formazioni politiche. Ipotesi: illecito finanziamento pubblico

Bari, inchieste su appalti e finanziamenti perquisizioni anche nei partiti del centrosinistra

di FULVIO DI GIUSEPPE

BARI - E' stata una mattinata di perquisizioni e sequestri a Bari, nell'ambito di due differenti indagini su sanità e illecito finanziamento ai partiti. Nel Policlinico di Bari, militari della Guardia di Finanza hanno operato accertamenti, sequestri e perquisizioni nel reparto di neurochirurgia del professor Ciappetta e si riferiscono all'indagine del pm Giuseppe Scelsi sul presunto giro di mazzette legato alla fornitura di protesi a strutture pubbliche da parte di società riconducibili all'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini. Quest'ultimo è indagato a Bari, sempre dal pm Scelsi ma in un'altra indagine, per favoreggiamento della prostituzione per aver inviato, pagandole, giovani donne, tra cui l'escort barese Patrizia D'Addario, nelle residenze private del premier Silvio Berlusconi. L'altra inchiesta riguarda invece i bilanci dei partiti politici del centrosinistra della Regione Puglia, che sono stati acquisiti dai carabinieri a Bari nell'ambito dell'indagine del pm Desirè Digeronimo sul presunto intreccio tra mafia, politica e affari nella gestione degli appalti pubblici nel settore sanitario. A quanto è dato sapere, le acquisizioni vengono fatte nelle sedi regionali di Pd, Socialisti, Prc, Sinistra e Libertà, e Lista Emiliano. Gli accertamenti disposti dal magistrato, che ha firmato decreti di esibizione di documentazione, riguardano l'ipotesi di illecito finanziamento pubblico ai partiti in riferimento al periodo compreso dal 2005 ad oggi, comprese le ultime elezioni al Comune di Bari. Nell'inchiesta del pm Desirè Digeronimo sono finora indagate una quindicina di persone tra cui l'ex assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, ora senatore. Le ipotesi di reato sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso, alla truffa; per alcuni reati si ipotizza l'aggravante di aver favorito un'associazione mafiosa. Al centro dell'indagine anche l'ipotesi della contiguità tra un clan della criminalità barese e un partito politico.
Che la forza sia con voi!



mercoledì 29 luglio 2009

INCIPIT

Il destino di un libro, di un articolo, di un qualsiasi testo è, spessissimo, legato al suo inizio, al suo incipit. E' dalle prime righe che, sovente, un lettore decide di proseguire o meno nella sua lettura sancendo, di fatto, il successo o meno di quel che sta leggendo. Immagino che ciascuno avrà impressa nella propria mente la difficoltà (talvolta soverchiante) di scegliere come cominciare - a scuola - il tema di italiano, quale parole usare, come dipanare i primi fili della massa titolativa spesso scaturita dalla fantasia di insegnanti più o meno cinici.
Ne parlo perché ieri mi è capitato di leggere quello che considero uno dei migliori incipit di articolo giornalistico scritti negli ultimi mesi. A definirlo il bravo Alberto Melloni, giornalista de Il Corriere della Sera, recensendo un interessantissimo libro dedicato alla strage di Marzabotto (Luca Baldissara e Paolo Pezzino, Il massacro, Il Mulino, pp. 628, € 33). Da qui anche l'invito ad acquistarlo. Io almeno lo farò.
Ve lo ripropongo:
Chi scende dall'Appennino verso Bologna sotto sera, troverà alla sua sinistra, sui viadotti della Gardeletta, una fetta di montagna di quel pur rado puntinato di verande e lampioncini che lucciola le altre zone poco sopra Sasso. Quell'ombra scura è Monte Sole, teatro nel 1944 di quello che un grande lavoro di Luca Baldissara e Paolo Pezzino chiama semplicemente Il massacro, cioè la storia della Guerra ai civili a Monte Sole (Il Mulino, pp. 628, € 33).
E ad un incipit così straordinario (è davvero come se il lettore seguisse con lo sguardo il panorama descritto dal giornalista) non può che accompagnarsi un'altrettanta (per la sua crudità) conclusione:
Accanto, coloro che si salvano per caso e devono scavare la fossa ai corpi resi ingombranti dalla rigidità o sfarinati dagli incendi che non li hanno cremati, ma solo cotti; o quelli che si salvano correndo giù fino a Bologna, credendo vivi o ammazzati i figli, i parenti, gli amici, e destinati a scoprire solo dopo molti mesi cosa era sopravvissuto di loro e di sé. E qualcosa del genere capita anche al lettore de Il massacro, catturato da una scrittura asciutta e severa, e inchiodato a quei fatti che bucano più dell'enfasi, e rendono capaci di leggere in una montagna di cui la storia sa far parlare il buio.
Che la forza sia con voi!



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martedì 28 luglio 2009

CANDIDATURA UNICA

Non ho ancora preso una posizione "ufficiale" relativamente al duello (si fa per dire) Franceschini/Bersani. Ho, è ovvio, una mia personale motivazione che, però, aspetto di irrobustire confrontandomi col "solito" gruppetto di amici con cui condivido le scelte importanti. Però una cosa mi è (sufficientemente) chiara: e cioè che ritengo, ad oggi, difficilmente comprensibile giungere ad una candidatura unica a coordinatore regionale del PD. Mi pare, infatti, si tratti di una scelta immotivata: piaccia o meno (a me piace) noi oggi ci troviamo con 2 candidati (3 col prof. Marino ma condivido le perplessità del sindaco di Venezia circa "una candidatura monototematica") che hanno una visione diversa del Partito. E su questa visione diversa del Partito chiedono il sostegno di quanti parteciperanno alle Primarie. Orbene: avere una candidatura unica, a me pare, di fatto annulli le diverse (opposte mi pare troppo) visioni che Franceschini e Bersani (e con loro i rispettivi sostenitori/elettori) hanno. Rischiando, così facendo, in nome di una unità che è più di intenti che di sostanza, di annullare quanto di buono può esserci (e ce n'è) in un dibattito di questo tipo. Quale vision del Partito assumerà, infatti, un candidato unico? Farà una sorta di brodo primordiale prendendo un pezzetto dall'una ed un altro dall'altra delle due mozioni? In Veneto, ad oggi, le candidature "annunciate" sono quelle di due miei amici (donde il mio imbarazzo, vero e autentico): Andrea (Causin) espressione della mozione Franceschini e Marco (Stradiotto), candidato della mozione Bersani. Entrambi giovani, entrambi di Martellago. Entrambi sensibili ai temi importanti su cui il Partito dovrà esprimersi: sviluppo economico, welfare, politiche ambientali, rapporto con mondi diversi. Immagino che ciascuno dei due, fossero i candidati ufficiali (Zanonato candida invece Ruzzante), cercherebbero di "reinterpretare" la mozione di cui sono assertori nella realtà veneta. Questo è quello che si dovrebbe fare. Ma un candidato unico? E perché, mi vien da dire, candidato unico alla segreteria regionale (pur in presenza, e lo ripeto, di mozioni diverse) e non ai livelli più bassi, ad esempio quelli provinciali che, pure, hanno un rapporto più diretto col territorio?
Che la forza sia con voi!




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lunedì 27 luglio 2009

SULL'INFORMAZIONE

A volte si ha l'impressione di vivere in un Paese dominato dalla "invidia permanente". Ciò che tocca agli altri, chissà perché, avrebbe dovuto capitare - per primi - a noi. E poco importa se, in taluni campi, abbiamo oramai l'eccellenza. Pigliate la Fede (Pellegrini): bella, bionda, capace di sorprendere e - da ieri - non solo campionessa mondiale sui 400 metri ma addirittura con, appresso, record mondiale con 3'59". Voglio dire: quanti Paesi possono permettersi una come la Fede? Oppure come Valerio (Cleri) e l'altra Federica (Vitale): due che, dopo aver nuotato (in mezzo a onde e meduse) per 25 km, aver portato a casa una medaglia, han pure la forza di sorridere. Roba, dico, che bisognerebbe issare bandiere ad ogni angolo di via. Ed invece....Si chiama Virus a/h1n1. Prima lo chiamavno "influenza suina" anche se coi maiali c'entrava poco o nulla. Adesso preferiscono chiamarla "inbfluenza A": e se leggi i quotidiani o ascolti i tg, ti assale il terrore a sentir parlare di "pandemia", "virus modificabile". Fino ad ora, però, il nostro Paese, a differenza degli altri, è stato tutto sommato piuttosto protetto: qualche malato - per carità - ma nulla di più. Non come in tanti altri Paesi dove, purtroppo, vi son stati anche dei morti (e poco importa se gli "epidemiologi" sostengono che, sino a doggi, il tasso di mortalità è inferiore a quello delle normali influenze). E secondo me a qualcuno han girato gli zebedei: "ma come? - si sarà detto - muoiono (pochissimi) in tante parti del mondo, e qui da noi? Al massimo una influenzincina, roba da qualche lineeta di febbre e qualche starnuto? Siamo o non siamo in Europa?". Dubbio amletico. Risolto ieri. E già, fino a ieri. Perché da ieri anche questo record lo abbiamo superato. Ma non a casa nostra. No, in Argentina. Accade questo: un nostro connazionale che, dal 1993, abita a Buones Aires, muore per complicazioni dovute alla influenza. Ebbene: come titolano oggi i nostri quotidiani? Come se l' "influenza di tipo A" fosse ormai anche a casa nostra! Ma dico, io: un pò di tranquillità ce la volete lasciare?
Che la forza sia con voi!
Sta facendo notizia, la "confessione" di Laura, quarantenne milanese che, sul forum de Il Corriere, ha spiegato il proprio malessere esistenziale perché single.. intanto però gustatevi questo matrimonio americano....

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venerdì 24 luglio 2009

SUL CONGRESSO

1) Ci risiamo....ciò che pensiamo del Partito Democratico, di cosa significhi essere riformisti e progressisti in questo Bel Paese dove un Presidente del Consiglio sostiene che - all'interno della sua proprietà - sono state ritrovate 30 tombe fenicie senza avvisare le autorità competenti ed una Ministra dell'ambiente è inviperita perché alcuni grossi progetti industriali saranno d'ora in avanti gestiti da commissari esautorando di fatto le sue competenze, pare non sia importante. Ciò che conta è semplicemente l'appartenenza ad una o all'altra delle mozioni. Per carità: è accaduto e sempre accadrà in congressi autenticamente democratici (non come quelli fatti dall'altra parte dove il leader maximo viene scelto per acclamazione...). Il problema è che questo Congresso sarà una occasione storica per definire, finalmente, cosa sia il Partito Democratico. E ho la sensazione che se il dibattito sulle appartenenze soverchia quello sui contenuti non faremmo un bel servizio ad un Partito che si propone di governare questo Paese. Ha ragione Paolo Costa (Presidente dell'Autorità Portuale) quando dice: "chiedetemi perché Obama ha vinto, quale sia - ad esempio - la sua idea di sanità; chiedetemi la stessa cosa per la Merkel o per il presidente francese ed io saprò rispondervi...ma se mi chiedete quale idea abbia il PD non saprei che dire"....
2) Piena e totale solidarietà all'amico Matteo Renzi, neo sindaco di Firenze. Il quale è arrabbiatissimo per via di una legge europea, che impedisce, ai trippari" fiorentini di servire i loro prodotti, accompagnati da un bicchiere di vino. Ma vi immaginate il disgusto nel mangiare un panino col lamprodotto accompagnandolo da una Coca Cola? Bleah.....
Che la forza sia con voi!



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giovedì 23 luglio 2009

ITALIA SI/ITALIA NO

Da Il Corriere della Sera:



Perché Lucia lascia un Paese opaco
Quei lavori finti e pagati (poco) a intervalli imprevedibili
di Beppe Severgnini


Ci siamo accorti che carovane di giovani italiani, bravi e istruiti, si spostano dal Sud al Nord (122mila nel 2008, secondo Svimez). Altrettanti, e altrettanto bravi, saltano un passaggio: dal Sud vanno direttamente all'estero. Dieci anni di viaggi e «pizze Italians» mi hanno lasciato pochi dubbi e molte storie tristi. Quei ragazzi non partono per imparare; partono per dimenticare. Non si tratta solo di intimidazioni e soprusi (ci sono anche quelli). È il sottobosco dei compromessi a dare la nausea. Ho chiesto a una ragazza siciliana, che chiameremo Lucia, di spiegare perché se ne va. Leggete con attenzione: è uno spaccato dell'Italia opaca, quella che molti giovani meridionali non sopportano più. «Vorrei raccontare, alla vigilia della partenza, ciò che ho passato e imparato in Sicilia, dove sono nata e cresciuta. Mi laureo a ventiquattro anni, col massimo dei voti. Borsa di studio all'estero: mi trovo bene, ma decido di tornare e cercare un lavoro. Dopo un po', lo trovo. Solo che non mi pagano subito. Dovrà aspettare circa due anni, mi dicono. Accetto: si tratta di un'istituzione importante, penso al curriculum. Per mantenermi collaboro con un ente culturale privato che ha relazioni con l'estero; non ho un contratto, le collaborazioni sono malpagate e irregolari. Poi, una buona notizia. Una società di formazione e progettazione mi offre un lavoro, mille euro mensili, 50 ore settimanali.
Si tratta di cercare e studiare bandi pubblici e redigere progetti perché vengano finanziati. Una cosa mi preoccupa: il mio contratto non riporta affatto le mie mansioni. Scopro di venire pagata col finanziamento pubblico di un altro progetto, che dichiara più figure professionali di quelle effettive. Di volta in volta risulto consulente per una mostra di fotografie; segretaria organizzativa di un progetto di recupero degli antichi mestieri; tutor in un corso di formazione. Lo stipendio arriva a intervalli imprevedibili: non so come pagare l'affitto e devo chiedere un prestito ai miei, pur lavorando tutto il giorno, tutti i giorni, anche il sabato. Ne parliamo tra colleghi: sono nauseati, ma temono di rimanere disoccupati. Mi licenzio, mi dedico nuovamente alla ricerca di un lavoro, vengo al Nord per colloqui. Non è facile, inoltre pare che io sia in un'età critica: e non ho ancora trent'anni. Continuo a cercare, a inviare e-mail, a studiare. Finalmente, una risposta: un'università inglese, ricevuto il mio Cv e un progetto di ricerca, mi offre una borsa di dottorato. Sto preparando le valigie e cerco casa. I miei fratelli, entrambi laureati, sono già emigrati. Uno lavora in Scandinavia, l'altro in Svizzera. Sono contenti».


Che la forza sia con voi!

Si tornava dal Vietnam, disillusi, fragili, feriti...si tornava dal Vietnam con, negli occhi, immagini di morte....E The Boss :

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martedì 21 luglio 2009

LUOGHI COMUNI

Non esistono più le mezze stagioni
Piove sempre sul bagnato ma se non piove il giardino del vicino non è sempre il più verde.
Luoghi comuni, proverbi, modi di dire. Che si tramandano di generazione in generazione, che vengono costruiti tra amici e poi, pian piano, iniziano a circolare quasi fossero dotati di vita propria. Spesso autoctoni e autoreferenziali. A volte "esterofili", nel senso che riguardano peculiarità che - a nostro dire - riguardano popoli diversi dal nostro. E che devono fare i conti con le abitudini che cambiano, i tempi nuovi. Ad esempio: fumi come un turco. Beh da qualche giorno nemmeno questo è più vero dato che in Turchia è fatto divieto, dallo scorso 19 luglio, di fumare nei luoghi pubblici. E questo pare abbia incontrato il parere favorevole di circa il 90% dei turchi almeno a leggere questo articolo:
Il 90% dei turchi e’ favorevole al divieto di fumo in bar e ristoranti che entrera’ in vigore il 19 luglio prossimo.Lo rivela un sondaggio condotto su 600 persone dalla Quirk Global Strategies e pubblicato dal quotidiano Hurriyet.La legge che vieta il fumo nei locali pubblici era gia’ entrata in vigore nel 2008 per scuole, ospedali, centri commerciali e luoghi di lavoro, ma la sua applicazione a bar e ristoranti era stata rinviata per consentire l’adeguamento dei locali.
E che dire dell'altra notizia curiosa?
Circa sette milioni di euro. Ecco la cifra che tornerà nella casse dello Stato. Grazie a degli sbadati «fortunati». Infatti il vincitore del primo premio da 5 milioni di euro della Lotteria Italia non ha fatto la richiesta per il ritiro del premio. E il termine ultimo è scaduto lunedì. Stessa situazione con un altro biglietto: 1,2 milioni di euro vinti a Viterbo. L'estrazione è avvenuta a Capodanno.
Mah...
Che la forza sia con voi.


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EL GRIO



Sul suo sito (www.elgrio.net) ha scritto: Spesso finisco la notte all'ospedale e parto , si perchè la mia vita stà correndo , come il Bian-Coniglio , mai fermo . Da domenica la sua vita si è fermata. Per sempre. Là dove l'aria si fa lieve e i polmoni si appesantiscono. Là dove puoi guardare, occhi negli occhi, Dio, l'Assoluto. Cristina Castagna aveva 32 anni, faceva l'infemriera al pronto Soccorso dell'Ospedale di Vicenza, ed era una delle più forti alpiniste del mondo: una che, a 27 anni (la più giovane alpinista italiana di sempre), già sale un 8000 metri. Parlando di sè scriveva: Sono un Acchiappasogni mani troppo fragili e Cuore troppo lento.Sulla Cima di un 8000 cè il Silenzio.Un Silenzio che lascia spazio solo al battito del Cuore, al respiro affannoso, a te stesso.Il Mondo è troppo rumoroso sono una ricercatrice del Silenzio.
Semplicemente El Grio
come l'aveva soprannominata suo padre.
Domenica stava scendendo dal Broad Peak, 8047 metri (12^ cima più alta del mondo). Un banalissimo inconveniente come può capitare a chiunque: inciampi e scivoli. Ma quella scivolata l'ha fatta precipitare in un crepaccio e poi giù, in fondo, per 300 metri, sbattendo su ghiaccio e rocce. Il suo compagno d'avventura, Giampaolo Casarotto, ha raccontato alla famiglia: Quando l'ho raggiunta calandomi lungo un canalone era già morta e a me non sono rimaste che le lacrime.
Guardando tra le sue cose, i famigliari hanno trovato un biglietto che Cristina aveva scritto prima di partire per questa, ultima, spedizione: Se mi dovesse capitare qualcosa, lasciatemi lassù dove la montagna mi ha chiamato a sè".
Ha scritto oggi, ne Il Corriere, Mauro Corona: "Si va sulla vetta di un monte non per pompare i muscoli bensì per alzarci dal pantano, sollevarci un poco, uscire fuori con la testa come talpe a primavera. E da lì respirare, annusare l'aria, guardare in alto più vicini a quell'alto. E poi, proprio come talpe, tornare nelle tenebre".
Che la forza sia con voi!



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lunedì 20 luglio 2009

LUNA




Cosa rende un giornalista "qualunque", un grande giornalista?Il senso della notizia e quello del tempo (il mai abusato "essere al posto giusto nel momento giusto").

Sono passati 40 anni da quel meraviglioso, incredibile viaggio che l'Apollo 11 fece partendo da Cape Canaveral e portando Aldrin, Armstrong e Collins sulla Luna. I festeggiamenti sono già cominciati (mirabile - anche se al solito andato in onda a tardissima ora - lo speciale di Giovanni Minoli, venerdi su Rai2). Pare anche - ci vorranno 10 anni e 100 miliardi di dollari - che sulla Luna torneremo (ma non si doveva amdare su Marte?). A seguire - in diretta tv- negli Stati Uniti la missione di Eagle (così si chiamava il modulo lunare) c'era Walter Cronkite (e - corrispondente RAI - il veronese Ruggero Orlando col suo celebre "Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando") . Straordinario giornalista che portò la CBS (dove lavorò per tuta la vita) ad essere la "regina" delle reti d'informazione (basti pensare che il termine anchorman fu coniato appositamente per lui dal presidente della CBS), Cronkite ha potuto raccontare la Storia: tutti i più importanti avvenimenti del mondo sono stati illustrati, spiegati da questo giornalista che venne soprannominato "zio Walter" non solo per l'affetto che seppe ricevere dai telespettatori ma anche - e soprattutto - per la sua incredibile somiglianza con Walter Disney. La guerra in Vietnam (dove - dopo l'offensiva del Tet - dichiarò che la guerra era perduta tanto da far dire al presidente Lyndon Johnson: "Se ho perso Walter Cronkite, ho perso l'America moderata", l'assassinio Kennedy (dove in molti hanno ancora impressa nella mente l'immagine di Cronkite che si toglie gli occhiali da vista e - in diretta - con voce rotta dall'emozione dice: "From Dallas, Texas, the flash, apparently official: President Kennedy died at 1 p.m. Central Standard Time — 2:00 Eastern Standard Time, some 38 minutes ago. ", lo scandalo Watergate (che costò la presidenza a Nixon) e, per l'appunto, l'Apollo 11 e lo sbarco sulla Luna. Ebbene: Cronkite ha scelto il 17 luglio - 3 giorni prima del "compleanno" dell'Apollo 11 - per uscire dalla scena della vita.



…and that's the way it is; "e questo è quanto": così zio Walter concludeva il notiziario della CBS.



P.S: : Andrea Barbato (di cui vi consiglio - sempre che lo troviate ancora in catalogo - Come si manipola l'informazione; 1996, Editori Riuniti)) e Tito Stagno a Roma; Ruggero Orlando a New York: eccolo il Dream Team del giornalismo italiano:



Che la forza sia con voi!



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venerdì 17 luglio 2009

COSA NOSTRA

Ok...stavolta faccio uso improprio (e personalissimo) di questa piazza virtuale. Lo faccio per molti motivi. Innazitutto perché il primo computer che ho "toccato" con mano è stato per merito suo che convinse papà Bruno ad acquistarlo: si trattava di un IBM 486 (spero di ricordarmi bene) che puntualmente io utilizzavo per giocare mentre lui, già allora, ci smanettava alla grande. Poi perché - data la mia proverbiale ignoranza informatica - devo tenermelo buono. Poi perché fa sempre comodo - non potendo dire "lei non sa chi sono io" - aggrapparsi ad uno più semplice (ma ugualmente efficace) "sono il fratello di...". Poi perché deve ancora perdonarmi per aver - come dire? - distrutto le sue ambizioni di coltivatore di tartufi rasando con troppo scrupolo il prato di casa nostra. Infine perché...è mio fratello (anche se dalla foto non sembra) anche se è juventino. Eccola l'ultima fatica letteraria di Riccardo, al solito edita da Apogeo (la divisione informatica de La Feltrinelli). Ed ecco la scheda riassuntiva (che utilizzo non perché non voglia leggere il libro...):
Riccardo Meggiato ritorna a vestire i panni dell'investigatore informatico. Ancora una volta prende per mano il lettore e lo accompagna sulla scena del crimine informatico - vero o presunto - e con il suo consueto stile ironico e mai banale racconta segreti e retroscena di computer e Internet. Ogni capitolo, un "caso". Ricevi mail anonime? Vuoi sapere chi ringraziare per il virus che ti ha infettato il computer (e magari restituire il favore)? Vuoi entrare nella casella di posta del tuo peggior nemico (o sbirciare tra le email del tuo lui/lei)? Ti sei preoccupato di cancellare le tracce della tua ultima visita in un sito per soli adulti? Ma, soprattutto, lo sai che analisi di questo tipo possono essere effettuate anche da chi sa appena usare un computer?Un viaggio che spiega in modo semplice e un po' romanzato, ma molto focalizzato sull'aspetto pratico, gli strumenti e le tecniche per fare indagini informatiche in modo facile facile.Non un'edizione aggiornata ma un nuovo libro, con casi completamente inediti per l'investigatore informatico.
Argomenti in breve
I ferri del mestiere
Alla scoperta della password di un PC
Accessi (non sempre autorizzati) a computer
Utilizzo non convenzionale di e-mail
Passare da vittima ad aggressore
Spiare chi spia
Telefonate private (ma non troppo)
Tutte (o quasi) le porte del computer
L'autore
Dopo un passato speso a programmare videogiochi e sistemi di intelligenza artificiale, Riccardo Meggiato ha abbracciato il mondo della divulgazione tecnologica, in cui lavora da più di 13 anni. Per Apogeo, dopo i successi di
Tutti i segreti del DVD e Skype che funziona, ha firmato Windows Vista e Machinima (collana Guida completa) e, nella collana Vedere Capire, Telefonare con Internet, Navigatori satellitari, Virus KO, iPhone. Quando può, scrive sul suo sito, http://www.riccardomeggiato.com/.
Che la forza sia con voi (e soprattutto con te bro...)



QUATTRO GATTI

..."proverbiali quattro gatti che hanno ancora la pazienza di ascoltarlo" ...Per questa frase Roberto Balducci, vaticanista (giornalista - cioè - specializzato nel seguire le "cose" del Vaticano) è stato rimosso dall'incarico dal direttore Di Bella (in questi giorni se ne sta valutando l'opportunità o meno della riconferma). Mi spiace, ma io - in questa frase - non ci vedo alcunché di irriverente. Semmai di molto, ma davvero di molto, malinconico. Dove sarebbe l'irriverenza, infatti? Quanti davvero ascoltanto le parole (il verbum fidei) della Chiesa, specialmente e soprattutto quando parla ex cathedra, cioè come Dottore Universale della Chiesa e dunque - per dogma - infallibile? Tanto più che nella sua lettera di "giustificazione" (e mentre nello spazio di poche ore anche per il Vaticano il caso era chiuso), Balducci scrive:
"La frase e' un inciso retta da 'gli strapparono un sorriso' (i gatti di montagna perfino quello malandato), almeno quanto i proverbiali (sottolineo proverbiali) quattro gatti, forse molti di più (con immagine del saluto e del sorriso e della piazza piena), che hanno il coraggio e la pazienza di ascoltare".
Siamo sempre meno una scoeità illuministica e sempre più fondamentalista. Che la forza sia con voi!



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giovedì 16 luglio 2009

EDITORIALE2

L'amico Pierpaolo Baretta (persona di cui apprezzo l'onestà intellettuale ed il rigore di pensiero) mi segnala il suo intervento, pubblicato nell'edizione odierna de Il Corriere del Veneto:








Ve lo affido perché ritengo possa essere un valido contributo alla riflessione di ciascuno.
Che la forza sia con voi!

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EDITORIALE

Da: Il Corriere della Sera
La sorte del Pd riguarda tutti
di Sergio Romano
Molto di ciò che ho l e t t o in questi giorni sul Partito democratico e sui suoi travagli mi è sembrato scritto dall’interno della famiglia con tutti i sentimenti — rabbia, speranze deluse, affetti traditi—che distinguono generalmente le liti domestiche. Non mi sorprende. Esiste in Italia una grande famiglia progressista a cui appartengono idealmente, spesso per ragioni storiche ed ereditarie, molti italiani.
Essere «di sinistra», sia pure con ascendenze diverse, fa parte della loro identità. Oggi molti di questi italiani non sembrano rassegnarsi all’idea di avere perduto la loro vecchia casa. Sanno di avere bisogno di una casa nuova, ma non si risolvono a fare i sacrifici necessari per costruirla e sfogano questi sentimenti di frustrazione esasperando le difficoltà del Pd con una sorta di rabbioso compiacimento. Si direbbe talvolta che non siano alla ricerca di un’intesa, ma delle ragioni per renderla impossibile.
Credo che un estraneo, approdato in Italia da un altro Paese, farebbe fatica a raccapezzarsi e ragionerebbe in modo alquanto diverso. Constaterebbe in primo luogo che l’apparizione di Silvio Berlusconi sulla scena e il successo della sua strategia hanno straordinariamente semplificato il quadro politico italiano. Lavorando per sé Berlusconi ha lavorato anche per l’opposizione aprendo uno spazio a sinistra che aspetta di essere riempito. Qualcuno lo ha capito e, partendo dai materiali esistenti, ha cercato di riunire le due grandi famiglie storiche della sinistra italiana: quella dei nipoti del marxismo e quella dei cristiano-sociali.
Vi era, al momento della fondazione del Partito democratico, un inconveniente. Gli ingredienti della nuova sinistra italiana non corrispondevano, se non parzialmente, a quelli della sinistra europea e gli eletti del Pd al Parlamento di Strasburgo avrebbero corso il rischio di separarsi fra gruppi parlamentari diversi. Quell’ostacolo è stato superato. Per accogliere gli italiani il gruppo parlamentare socialista si chiamerà d’ora in poi «dei socialisti e dei democratici ». Mi sembra che nel cambiamento della ragione sociale vi sia una dimostrazione di sensibilità per i problemi della sinistra italiana e, implicitamente, il desiderio di aiutarla ad avere una dimensione europea. Non è tutto.
L’estraneo venuto da fuori constaterebbe che il Pd ha avuto il coraggio di scegliere il suo leader con una gara alla luce del sole fra candidati che hanno diversi profili politici e culturali. Le candidature sono interessanti, sollecitano dibattiti e polemiche, danno l’impressione di una vera gara. Può darsi che nel corso della gara gli scontri divengano aspri e preannuncino nuove fratture. Ma le primarie senza scontri sono quelle in cui il risultato è già stato scritto prima dell’inizio della partita. Servono a consolidare una leadership esistente, non a creare un partito nuovo.
Ancora un’osservazione. Dopo avere constatato che il quadro è meno tragico di come viene generalmente descritto, l’estraneo penserebbe che il rafforzamento del Pd serva a rendere meno fragile l’attuale bipolarismo e sia utile in ultima analisi per l’intero Paese. Prima o dopo il Pdl dovrà vivere senza Berlusconi. Gli sarà più facile superare quel passaggio se avrà di fronte a sé un forte partito democratico con cui misurare le proprie forze.

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mercoledì 15 luglio 2009

TORNATO

Finalmente, dopo una interruzione causata - al solito - da una mia dimenticanza, siam tornati...
A presto
Che la forza sia con voi

venerdì 3 luglio 2009

FUTURO

E Debora la vincente diventò
nel Pd una giovane petulante


di Pierluigi Battista, da Il Corriere della Sera (data odierna)



Il «paradigma Serracchiani» prescrive che nel Pd il giovane adottato da tutti sia trattato come un cucciolo da vezzeggiare con paternalistica accondiscendenza, ma se è un giovane che sceglie una parte e dice la sua, allora sono rampogne severe, commiserazione, persino dileggio. Da un giorno all'altro il volto nuovo di Debora Serracchiani si deforma nel simbolo dell'ingenuità. La fresca energia si rovescia in sventatezza. La schiettezza in dabbenaggine. Prima era un soprammobile pregiato, adesso una presenza molesta e petulante. Sono bastate due battute di un’intervista a Repubblica per compiere questa repentina metamorfosi. Giovane, e donna, ha appena ottenuto un record di preferenze alle europee, addirittura battendo Berlusconi nel suo Friuli. Il voto, in democrazia, dovrebbe pur fare la differenza.Non la solita cooptazione oligarchica, l’ennesima candidatura in «quota giovani». Ma un’investitura popolare, con una messe di consensi che molti dei notabili della corrente a lei avversa, oggi in prima fila nell’accanirsi sulla poco sorvegliata creatura, neanche possono sognarsi. Invece, due battute e parte il fuoco d’interdizione. La Serracchiani ha detto che sta con Franceschini perché è più simpatico. Una leggerezza, ma da quanti anni, e con quanta stucchevole ripetitività, nella sinistra ci si avvita nella ricerca smaniosa di un leader che sia dotato di un appeal comparabile a quello di Berlusconi? Mai un rimprovero, nemmeno un buffetto: niente di paragonabile all’orrore suscitato dalla irriverente giovane (e donna). La Serracchiani ha anche detto che Massimo D’Alema rappresenta a suo parere una logica d’apparato da cui il Pd dovrebbe emanciparsi. Magari è una ruvida e ingiusta semplificazione. Ma è esattamente quella che pensano e non dicono, o forse sussurrano, esponenti ben più esperti e stagionati del Partito democratico.E poi, se la sfida tra i candidati è una gara vera e appassionante, si ha un’idea della brutalità politica con cui è stata condotta la competizione delle primarie democratiche tra Obama e Hillary Clinton, oggi sullo stesso fronte?La Serracchiani, ex astro nascente quando si prestava a un unanime appoggio pre-elettorale, ha parlato troppo e male. Non dispone di paracaduti di partito (a parte il dettaglio dei voti conquistati) e dunque su di lei è più agevole esercitarsi nell’arte della demolizione ad personam che sfiora il linciaggio politico. Non c’è bisogno di concordare con le sue tesi per non accorgersi che in tanta virulenza c’è qualcosa di smodato e di paradossale. Un partito che invoca il rinnovamento si trasforma in un consesso di arcigni professori che bacchettano la giovane che ha osato valicare i confini dell’irriverenza. Un partito che invoca le «primarie» a ogni passo non tiene in nessun conto il consenso elettorale che quella giovane ha ricevuto. Un partito che non fa che dichiarare la propria insofferenza per le oligarchie di appartenenza si scandalizza se la critica alla nomenklatura viene espressa con parole e concetti decisamente poco diplomatici.Il «paradigma Serracchiani» è anche la spia di una schizofrenia politica che rischia di ipotecare seriamente la rude verità di una battaglia politica da cui scaturirà il volto del nuovo Partito democratico. Si spera solo una caduta di stile, non il sintomo di una voglia d’ordine ( interno).





Che la forza sia con voi.

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giovedì 2 luglio 2009

GENERAZIONE FB?

E dunque, ad ottobre, siamo ancora a congresso: il 2° in due anni che eleggerà il 3° segretario nazionale in due anni. Un record. Al solito con reogle assolutamente particolari e balzane (del resto, se non lo fossero non saremmo noi; mai visto un partito di centrosinistra con regole chiare): gli iscritti indichjeranno i 3 candidati che, successivamente (il 25 ottobre), si sottopporranno ad elezioni primarie aperte a tutti (e che importa se, magari, qualche elettore leghista o del pdl partecipa pure lui giusto per fare qualche...scherzetto?). In questo momento, lo dico con franchezza, un poco mi diverto a dire a qualcuno che sto con Franceschini, a qualcun'altro con Bersani o - perché no? - con Adinolfi. Continuo a credere che non sia un problema di nomi nè di ex appartenenze. Di più: dalle prime adesioni all'uno o all'altro dei due principali candidati mi pare che stavolta davvero vi sia la possibilità di un "rimescolamento" che segni un deciso passo in avanti nella costruzione di questo partito nuovo (che a costo di essere chiamato "nuovo" rischia altrimenti di essere già vecchio): Letta e Bindi con Bersani (senza dimenticare l'amico Marco Stradiotto); la Seracchiani 8certo che da una euroodeputata mi sarei aspettato un poco di più che il dire "voto Franceschini perché mi è simpatico" ma, d'altra parte, io su youtube non ci andrò mai) con Franceschini insieme a Fioroni e Fassino. Ora però, prima di scegliere, occorre conoscere le proposte. E capire quale sia quella maggiormente corrispondente alla idea di partito che ciascuno di noi ha. Personalmente io credo che il PD debba essere:
1) un partito LAICO ma non LAICISTA : perché la laicità non detta linee di condotta morale, ma è un principio che permette a posizioni diverse, in particolari diverse posizioni morali e religiose, di convivere;
2) un partito APERTO alla innovazione e al futuro;
3) un partito DIALOGANTE con quanti ad oggi si sono sentiti lontani da noi; un partito che sappia tornare a dialogare con il mondo imprenditoriale (e soprattutto quello di artigiani e medio-piccoli imprenditori) ma anche con quanti appartengono al mondo del lavoro e alle sue molteplici sfacettature;
4) un partito PROGETTUALE: un partito, cioè, che sappia avviare una riflessione seria e senza pregiudiziali sul futuro economico di un paese (l'Italia) che oggi (e ad eccezione dell'auto) è privo di qualunque vocazione industriale dopo che, nell'ultimo trentennio, abbiamo perduto l'industria della chimica, quella dell'elettronica, quella della metallurgia;
5) un partito FORMATORE: di coscienze, di conoscenze, di saperi;
6) un partito AMBIENTALISTA: ma non di un ambientalismo retrogrado (spazzato via anche dall'ultima tornata elettorale) e ideologizzato quanto piuttosto un partito che, nell'ambiente, veda opportunità di sviluppo economico veramente sostenibile;
7) un partito del CORAGGIO: il coraggio di affrontare le nuove sfide anche a costo di rivedere posizioni ormai consolidate e/o cristalizzate (e penso, ad esempio, all'ormai abusato tema della sicurezza che, obbligatoriamente, noi dovremmo ampliare e allargare per dire che la "sicurezza è tutto ciò che contribuisce a migliorare la nostra qualità della vita" e dunque sicurezza: del lavoro e sul lavoro ad esempio; sulla possibilità di avere un futuro certo);
8) un partito COMUNICATORE: la Zaccariotto (a Venezia) vince non solo perché parla alla pancia della gente ma anche perché lo fa con un linguaggio verbale improntato alla chiarezza, alla semplificazione del messaggio, allo slogan;
9) un partito TRANSGENERAZIONALE: e cioè un partito che premia le idee e le proposte indipendentemente dall'età anagrafiche del loro proprietario;
10) un partito POPOLARE e non POPULISTA: e cioè un partito che torni a fare (e qui a Mira, ad esempio, siamo su questo sulla buona strada) ciò che un tempo PCI e DC facevano: incontrare la gente, organizzare feste, aprirsi al territorio (e, guardate, che la Lega lo sta facendo da alcuni anni e anche questa è una delle ragioni del successo di un movimnento/partito che sta recuperando quel modo di fare politica).
Ecco: il mio voto andrà a quella proposta (basta chiamarla "mozione" per favore) che più delle altre vada in questa direzione.
Che la forza sia con voi!


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mercoledì 1 luglio 2009

ORDINE DEL GIORNO

Ieri sera il Consiglio Comunale ha approvato un ordine del giorno dedicato alla violenza contro le donne. Violenza non solo fisica ma anche psicologica, fatta di soprusi, umiliazioni, ingiustizie.
Cliccando sul link sottostante

odg.PDF

potrete leggerne il testo completo.

Che la forza sia con voi!




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