lunedì 29 novembre 2010

INCONTRI

Paradossalmente solo in un monastero - in un luogo apparentemente chiuso, isolato - può esserci quella libertà che rende possibile, in un freddissimo sabato pomeriggio, che un centinaio di persone discutano sul Laico cristiano e i valori della Costituzione come accaduto l'altro giorno grazie all'Associazione Dossetti che ha sede proprio nel monastero di Marango. A svolgere il tema Franco Monaco, politologo e giornalista, ma soprattutto strettissimo collaboratore di Romano Prodi e fra i fondatori de l'Ulivo oltreché essere stato amico di Dossetti (negli ultimissimi anni della sua vita quando decise di sciogliere il suo silenzio per tornare - anche lui monaco! - a difendere la Costituzione) ma soprattutto vicinissimo a Giuseppe Lazzati, talmente vicino da averlo voluto  (lui del quale, per sollecitazione del cardinale Martini, la Chiesa ne ha avviato il processo di beatificazione), come testimone di nozze e padrino del suo primo figlio. Monaco, già deputato, è anche nella segreteria nazionale del PD oltreché essere stato presidente dell'Azione Cattolica milanese su esplicita indicazione dello stesso Martini. Insomma: uomo di spessore, coltissimo ma anche capace di spiegare concetti difficili in modo straordinariamente semplice. Scopo dell'incontro era quello di ripensare alla Costituzione come matrice comune di impegno politico anche e soprattutto da parte dei laici cristiani. Se Paolo VI amava sostenere che il mondo è campo fecondo della santità dei laici non può che derivarne il valore assoluto che l'edificazione della città dell'uomo (mirabilissimo concetto caro a Lazzati) per un laico cristiano è campo fecondo della sua santità. E con parole ancora più precise e forti: se per politica si intende quella scienza tesa a edificare la città dell'uomo, la politica è compito vocazionalmente motivato del cristiano e dunque impegno inderogabile. Ma senza fondamentalismi o inutili barricate: impossibili da erigere nel momento in cui - come ha ironicamente sottolineato lo stesso Monaco - "solo" il 27% degli italiani può dirsi cattolico praticante e dunque appartiene ad una ristretta minoranza che si è vieppiù, e giustamente, divisa in tutti i partiti dello schieramento costituzionale. Nel corso di un Sinodo dei Vescovi (l'assemblea plenaria di tutti i vescovi di un dato Paese), Dossetti con la sua solita chiarezza ebbe a dire loro: se la morale cristiana talvolta fa cilecca, almeno facciamo appello all'etica costituzionale che è etica della convivenza che è il primo gradino della giustizia divina.  E' proprio la Costituzione, dunque, a rappresentare quel terreno comune che compie sintesi mirabile tra le diverse sensibilità. E mai come oggi la Costituzione va salvaguardata e difesa da chi vuol modificarla in maniera subdola e sotterranea.
Ho avuto la fortuna di riaccompagnare Monaco verso Mestre e dunque di chiachcierare con lui in auto per un'ora. Mi ha raccontato e spiegato cose interessanti e a me in parte sconosciute. Abbiamo anche parlato a lungo della situazione politica italiana e del nostro PD convergendo su tutte le valutazioni. ma, se me lo permettete (e anche no perché almeno qui posso fare ciò che voglio) queste me le tengo per me.
Grazie ai fratelli e alle sorelle di Marango, grazie all'Associazione Dossetti e....che la forza sia con voi!

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giovedì 18 novembre 2010

FUTURO

Quanto è accaduto domenica scorsa a Milano evidenzia due questioni asoslutamente irrisolte nel Partito Democratico. La prima e più evidente: il PD ha perduto la capacità di leggere il territorio ed individuare il candidato che meglio lo rappresenti. Hanno scelto di sostenere l'architetto Boeri e ha vinto l'avvocato Pisapia. Da tempo non riusciamo più ad individuare il migliore fra tutti i candidati possibili. E' accaduto in Puglia, rishcia di accadere anche a Bologna. La seconda: il calo di affluenza alle urne delle primarie è dovuto a militanti, simpatizzanti del PD; segno di una progressiva stanchezza che non può essere fisiologica in un partito che nel giro di meno di due anni ha perduto quasi il 10% dei consensi. L'errore (e lo ha ricordato anche oggi Romano Prodi) non è nel continuare a scegliere le primarie come strumento di selezione democratica dei candidati. L'errore, l'ambiguità è quello di non rimanere neutrali rispetto ai diversi candidati. Lo ha riconosciuto anche Rosy Bindi. Quando si scelgono le primarie o si ha la certezza di avere un candidato apprezzato ed in grado di vincere o è meglio lasciare la decisione ultima per l'appunto al popolo delle primarie. Oggi Walter Veltroni sul Corriere (intervistato dal bravissimo Cazzullo) dice La cosa più grave che può accadere al PD è dividersi tra chi sostiene che bisogna allearsi con Vendola e Di Pietro e chi con Fini e Casini. Solo il fatto che si discuta di questo contraddice il progetto originario, secondo cui dovevano essere gli altri a discutere se allearsi con noi. L'obiettivo che il PD deve porsi in questo momento non può che essere quello di riscoprire la sua vocazione maggioritaria e riformista per essere in grado di assolvere allo scopo per il quale è nato: intercettare il voto dei disillusi da Berlusconi, di quanti si sono rifugiati nella Lega o nell'astensionismo. E' inutile ci si preoccupi del consolidamento a sinistra: quello è un obiettivo che sta svolgendo egregiamente Vendola e la sua SEL. Ancora Veltroni se il PD rinuncia al suo essere più com'è il Partito laburista inglese e il Partito democratico americano che come sono i partiti socialisti europei non c ela farà a costruire l'alternativa di cui l'Italia ha bisogno.
Che la forza sia con voi!

mercoledì 10 novembre 2010

W LA MATEMATICA

Ieri Gianfranco Fini ha impartito una lezione di matematica a Silvio Berlusconi, dimostrandogli che senza i voti di Futuro e Libertà non c'è più maggioranza almeno alla Camera. E ora? La situazione a me pare si faccia molto intricata e complicata. Gli scenari possibili sono due.
Il primo è che il Presidente del Consiglio "accolga" l'invito di Fini recandosi da Napolitano per rassegnargli le dimissioni. Prospettiva che a Berlusocni non piace ma che si renderebbe obbligata nel caso in cui la maggioranza andasse nuovamente sotto magari sul possibile voto alla mozione di sfiducia nei confronti del ministro Bondi (risultato pesante perchè Bondi è pure uno dei tre coordinatori nazionali del PdL). A quel punto la via maestra da seguire sarebbe (ed è) la Costituzione che, assegnando al Presidente della Repubblica il potere di sciogliemento di entrambe le Camere (o di una soltanto), stabilisce che Napolitano dovrà verificare se in Parlamento esista una maggioranza alternativa su cui costruire un governo. Di che tipo? Viviamo una crisi economica sempre più pesante, viviamo in un Paese che abbisogna di riforme strutturali (al welfare, al lavoro), di una nuova classe dirigente. Emergenze che chiedono un governo stabile e duraturo. E dunque l'ipotesi più credibile potrebbe essere la costruzione di un governo "tecnico" ma di responabilità nazionale (con Draghi a guidarlo o, magari, Montezemolo che non a caso rinvia di giorno in giorno l'atteso annuncio della sua discesa in campo) che punti innanzitutto alla riforma della legge elettorale (e quella su cui le differenze sono minori potrebbe prevedere un maggioritario a doppio turno con innalzamento del quorum ma privo di premio di maggioranza) e a far uscire dalla crisi l'Italia per poi tornare alle urne.
Il secondo scenario non può prescindere dalla natura di Berlusconi che è stato e continua ad essere un imprenditore, cioè uno pronto a rischiare. E questo scenario prevede che Berlusconi decida di essere palesemente sfiduciato in Parlamento. Egli, inutile negarlo, conta molto sulle debolezze umane altrui , in modo particolare su quelle degli oltre 100 deputati al primo mandato che, in caso di scioglimento delle Camere, non avrebbero maturato i requisiti per il vitalizio nè avrebbero (stante la riduzione del numero dei parlamentari) la matematica certezza di rielezione.
Ma la vera questione (e lo ha detto efficacemente Fini domenica chiudendo l'assise di FLI) è che il Presidente della Camera non vuole più Berlusconi. Piaccia o non piaccia questo è il vero nodo. Altrimenti non si capirebbe perché domenica egli abbia sottolineato l'ottimo (secondo lui) operato di molti ministri. E questa preclusione a prescindere rende inevitabile la crisi ma anche la sua difficile ricomposizione. Nel frattempo il panorama politica è terremotato. Nando Pagnoncelli assegna più del 20% ad un terzo polo di un centro eterogeneo perché comprende UDC, l'API di Rutelli, Verso Nord e FLI. Laddove questa strana alleanza dovesse assumere i contorni di un vero e proprio schieramento elettorale, però, diventa chiarissimo quale potrebbe essere l'obiettivo di Fini: sostituire QUESTO centrodestra con quello che ha governato l'Italia negli ultimi 15 anni. Comunque la si veda, ho la sensazione che le prossime elezioni segneranno la fine della seconda Repubblica.
Che la forza sia con voi!

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lunedì 8 novembre 2010

RIPARTENZA

L'assemblea regionale di sabato a Mogliano non ha tenuto a battesino soltanto la nascita di una nuova sensibilità all'interno del PD ma - a me pare - anche e soprattutto la volontà di ridefinire l'identità di questo partito. Si tratta di un processo inevitabile, l'ultimo a disposizione prima di vedere naufragare irrimediabilmente il progetto che spinse, poco più di 4 anni fa, DS e Margherita a sciogliersi. Unico caso nel mondo occidentale, in Italia a fronte di una perdita di consensi dei partiti di governo, il PD non ne guadagna. Ma anzi ne perde sempre più. Le cifre sono impietose: dal 34% del 2008, i sondaggi più ottimistici ci danno al 23% a livello nazionale e al 17% in Veneto. Perché? Sarà mica per colpa di 75 parlamentari più qualche altra centinaia di scriteriati che han firmato ilk cosiddetto documento Veltroni - Fioroni-Gentiloni vero? A Mogliano eravamo in tanti. A Firenze, Matteo Renzi convoca iscritti, simpatizzanti e alla stazione Leopolda accorrono in 5000. Cosa significa? Che il PD avrebbe ancora la capacità di attirare, provocare, entusiasmare. Solo che siamo ingessati. Siamo più occupati a contarci tra noi che a contare chi ci vota. Siamo più occupati a premiare chi viene trombato alle elezioni piuttosto che a formare una nuova classe dirigente. E quando ce l'abbiamo cerchiamo di farla fuori. Esemplare in tal senso il caso delle elezioni dei dirigenti di circolo, di coordinamento e di segreteria provinciale. Nel mentre parlamentari e consiglieri regionali entrano di diritto, gli amministratori debbono farsi eleggere. Ma non dicevamo che la rinascita del centrosinistra doveva partire proprio dalla valorizzazione degli amministratori locali? Ma non ci siam sempre detti che il centrosinistra godeva del vantaggio di amministrare tanti comuni? Cosa ci "regala" l'assemblea di sabato a Mogliano? L'idea intanto che nel nostro partito ci sono intelligenze raffinate (penso a Simonetta Rubinato e a Beppe Fioroni) con grandi capacità comunicative. Poi che si riesce a fare sintesi delle diverse provenienze proprio quando si discute di programmi e di proposte (molto bella la relazione introduttiva di Martella). E poi Veltroni. Cui certo non "perdono" l'essersi dimesso in fretta e furia dal partito (ma ha detto significativamente l'altro giorno I'm not a cicken...ad indicare il suo aver rispetto l'implicita regola della politica italiana: vai via prima che ti caccino) ma che nella sua lucidissima analisi politica ha per l'appunto evidenziato il fatto che in 4 anni continuiamo a perdere consenso perché non riusciamo più a parlare alla società civile. Quella - lo ricordo sommessamente - che avrebbe dovuto essere il valore aggiunto del PD, che vi ha anche aderito ma dal quale è presto fuggita. E a Firenze? Anche a Firenze si è respirato un sogno, si è potuto tornare a sentire parole quali passione, impegno, generosità. Non siamo rottamatori se affermiamo un principio molto semplice: e cioè che dopo 15 anni di vita parlamentare (un sesto, se si è fortunati, della vita umana; poco più di 1/4 se si escludono gli anni dell'infanzia, elementari, medie e superiori) una persona dovrebbe tornare al mondo del lavoro altrimenti, per quanto bravo egli possa essere, si fossilizza e soprattutto non fa crescere altre persone. E' rottamazione questa? No. Capacità di generare nuove intelligenze, nuovi saperi, nuove passioni. Che è esattamente il filo che ha colmato, in questo week end, una distanza di 280 kilometri. La distanza da Mogliano a Firenze...
Che la forza sia con voi!

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martedì 2 novembre 2010

REVOLUTION!







Mi spiace...davvero mi spiace...ma a me  la parola rottamazione piace. Ma proprio tanto. Viviamo in un Paese che non ha più memoria, che non ha più futuro, che annaspa in un presente che è confusissimo. Ci vuole uno scatto d'orgoglio. Un sollevarsi laicamente all'insegna del motto sturziano uomini liberi e forti alzatevi. Non possiamo accettare più nulla. Nessun compromesso, nessuna mediazione, nessuna sintesi che poi è parola magica perche fare sintesi , in politica, significa spessissimo non prendere posizione; non possiamo più accettare la moltiplicazione degli organismi decisori perché se c'è una cosa che ho capito in politica è che la moltiplicazione degli organismi dirigenti è inversamente proporzionale alla reale capacità di decidere. In altre parole: quando voglio decidere (quasi) da solo in un partito democratico moltiplico il numero delle persone che teoricamente devono concorrere alle decisioni. Basta! Non  ne possiamo più. Di puttane, nani e ballerine. Di omofobie e antisemitismi. Di interesse propri spacciati per interessi di Stato. Della negazione altissima ed evidentissima della constatazione che la politica è bella nella misura in cui essa è lo strumento che permette di prevedere il futuro e di creare le condizioni o perché questo futuro si realizzi o per cambiarlo. Questo nostro Paese ha bisogno di una rivoluzione. Pacifica, laica, ridente e sorridente, intemperante ma anche guascona. Questo Paese ha bisogno gli sia ridato un sogno ed una passione. Ha bisogno di retorica: sì ma la retorica alta e bella, come la intendevano gli antichi. Ha bisogno di persone che sappiano entusiasmare perché l'entusiasmo trascina forze nuove e nuove passioni. Ha bisogno di persone che dicano una cosa semplicissima (e chissà perché in questo Paese apparentemente le cose più semplici sono anche le più difficili da comprendere): e cioè che ogni esperienza umana ha un inizio ed una fine. E che non è un delitto stabilire che un parlamentare può esserlo al massimo per 3 mandati (che sono 15 anni! Vale a dire circa un quinto della propria vita). Che chi viene trombato alle elezioni non può nè divnetare un dirigente di partito nè avere qualche altro incarico. Ma, molto più semplicemente, che deve tornare a lavorare perché se la politica è rispondere ai bisogni quotidiani degli amministrati, se non mi calo, s enon entro nella vita quotidiana come posso conoscerli questi bisogni?E allora diamoci una mossa. Ma ve lo immaginate il potenziale affascinante, seducente, appassionante di un ticket che veda insieme i due raffigurati qui sopra?

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