giovedì 31 luglio 2008

MARZIA ovvero DELL'AMORE


Debbo dire che i lettori (e soprattutto le lettrici) di questo blog sono particolarmente attenti e non solo agli svarioni che, purtroppo, talvolta capitano. Ma anche alle più piccole novità. E' così bastato che, nella manchette, sostituissi Dante a Montale e subito diverse persone me ne hanno chiesto il motivo. Ho più volte ammesso il mio smisurato amore per La Comedia (questo il titolo originario, l'aggettivo Divina fu usato per la prima volta da Boccaccio) dantesca. Un amore non nato a scuola (orrida usanza quella di "imporre" letture alle giovani menti; lasciate che spazino liberi alla ricerca di ciò che più li aggrada e pian piano arriveranno anche a letture cosiddette impegnate), iniziato con una infatuazione universitaria (vi fu un momento in cui pensai addirittura di laurearmi in Filologia dantesca) ma autenticamente sbocciato in età adulta. E come tutti gli amori "adulti" di fatto diventato inossidabile, imperituro, vittorioso su tutto e tutti. E dell'intera e somma opera dantesca proprio quei versi mi sono particolarmente cari. Intanto per l'audacia di Dante che piazza a guardia del Purgatorio Catone l'Uticense, vale a dire uomo che al massimo avrebbe dovuto stare nel Limbo, nel luogo ove - cioè - dimoravano quanti non conobbero Cristo non per volontà ma per ragioni contingenti. Poi perché, nelle parole di Dante, Catone è "uomo vero", sanguigno: quand'egli vede arrivare due figure dall'inferno e dirigersi verso il Purgatorio si incazza. Ma proprio di brutto perfino ipotizzando che vi fosse stato una sorta di "colpo di stato":

Son le leggi d'abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?
(e a recitarlo l'intonazione deve crescere proprio su quel dannati onde valorizzare quasi il disgusto del vecchio Cato) .

Certo: i miei più dotti lettori mi ricorderanno Erich Auerbach e il suo Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale ma a me piace pensarlo (Catone non Auerbach) incacchiato di brutto per questo arrivo. Virgilio che non solo è sanguigno quanto e forse più di Catone ma pure vanitoso (chissà perché ne ho questa idea) e si aspettava di venir immantinente riconosciuto (d'altra parte, secondo me, Virgilio immaginava che lo conoscessero in tutto l'inferno, il purgatorio e pure nel paradiso!) dal più agguerrito avversario di Gaio Giulio Cesare, inizia a blandirlo, a parlargli un poco come fanno certi genitori con figli particolarmente duri di comprendonio. E gli dice due cose fondamentali.
La prima è che, mentre Dante è vivo, lui giunge, per richiesta femminile (ah, le donne e il loro potere su noi uomini!un potere talmente grande da farci andare dall'Inferno fin quasi in Paradiso!), proprio dal Limbo. E chi c'é con lui? Marzia, la donna amatissima dall'Uticense. E udito il nome dell'amata, Catone risponde:


«Marzia piacque tanto a li occhi miei
mentre ch'i' fu' di là», diss'elli allora,
«che quante grazie volse da me, fei.


Ebbene, come ho già detto altre volte secondo me (ma solo secondo me, c'est vrai) questa è la dichiarazione d'amore più bella che un uomo possa fare alla propria compagna. Un amore assoluto, totalizzante che ti spinge ad esaudire qualunque suo desiderio.

La seconda riguarda i motivi che spingono Dante a questa ascensione coi versi che ho riportato nella manchette. Qual è, dunque, la libertà che Dante cerca e che ha incuriosito così tanto chi mi ha scritto? Non è la libertà dal peccato, condizione prettamente umana per'altro. No: è una libertà al fine più importante di qualunque altra libertà. Perché è la libertà del pensiero, della giustizia, (e sembra una contraddizione) della coscienza e della conoscenza. Ecco perché amo così tanto Dante. Perché al di là del suo pragmatismo, al di là del suo essere vagabondo errante nel mondo medievale, egli rivendica con forza e genuinità la libertà della conoscenza e del sapere. Perché solo chi conosce e sa, può dirsi davvero uomo libero e amare la libertà al punto (come accade a Catone) da rinunciare alla vita:


"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
(Inferno, canto XXVI)

Che la forza sia con voi!


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mercoledì 30 luglio 2008

CILIEGIE



Oggi è una giornata culturalmente importante: esce infatti il libro postumo di Oriana Fallaci, Un cappello pieno di ciliege. In realtà il volume (864 pagine, 25 euro, edito da Rizzoli) è pubblicato a 2 anni dalla morte della giornalista ma in realtà ha conosciuto una lunghissima stesura. In molti, infatti, sapevamo che la Fallaci aveva scelto di vivere a Manhattan per curarsi da l'alieno (così chiamava il cancro) che la stava devastando ma soprattutto per dedicarsi anima e corpo a quello che, nei suoi programmi, avrebbe dovuto diventare una specie di compendio della intera sua produzione letteraria. Pensando a lei mi veniva in mente Natalino Sapegno che, nella sua Storia della Letteratura Italiana, ricordava quanto Leopardi scriveva a Pietro Giordani ricordando i suoi anni di studio matto e disperatissimo (che ci volete fare? matto al punto da imparare a memoria persino intere frasi di un manuale per'altro noiosissimo). Anni che, nella Fallaci, vennero interrotti l'11 settembre 2001 con l'attentato contro le torri gemelle, "grazie" al silenzioso lavoro di Ferruccio De Bortoli (direttore de Il Corriere, anzi: colui che considero - insieme a Spadolini e Paolo Mieli - uno dei migliori direttori del quotidiano di via Solferino) che dapprima la convinse a pubblicare sul quotidiano milanese le proprie riflessioni e poi a sostenerla anche nel progetto de La rabbia e l'orgoglio. Trovo splendido il rapporto che la Fallaci strinse con Un cappello pieno di ciliege, un libro ch'ella giunse a definire il mio bambino e che, come tutti i bambini del mondo, deve essere curato, assistito, vezzeggiato. Già in Insciallah troviamo il nucleo di questo romanzo con le riflessioni legate alla equazione di Boltzmann e all'entropia (va beh ho sempre dichiarato avversione per matematica e fisica ma non son proprio un ignorantone)! Confesso che i libri postumi non mi sono mai piaciuti. E questo per via di una esperienza estremamente deludente come quella che ho vissuto leggendo Petrolio, il libro postumo e incompiuto che Einaudi mandò in stampa nel 1991. E però adesso, appena pubblico questo post, me ne vado in libreria ad acquistare quello della Fallaci. Perché avendone lette alcune pagine, ho ritrovato la Fallaci che piace a me. Non quella (e l'ho già detto tante volte) proprio de La rabbia e l'orgoglio. No: quella de Un uomo (e leggetelo soprattutto voi donne se vivete amori impossibili), de Lettera ad un bamino mai nato, Penelope alla guerra, Se il sole muore (il 2 ottobre 1968 venne ferita a Citta del Messico ove si trovava per seguire le lotte studentesche in occasioni delle Olimpiadi), Il sesso inutile, Gli antipatici e così via. Perché in fondo la vera essenza del vivere, almeno secondo me, sta nella conclusione proprio de Niente e così sia:
La vita è una cosa da riempire bene, senza perdere tempo. Anche se a riempirla bene si rompe e quando si è rotta non serve più a niente. Niente e così sia
Che la forza sia con voi...


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martedì 29 luglio 2008

PARADISI DI CASA NOSTRA




Non sono mai stato in Laguna. Non ho mai avuto l'occasione di visitarla in barca. Almeno fino a stamani quando, dopo aver spostato qualche appuntamento, ho approfittato di un invito di Nazareno De Faveri (consigliere comunale del PD) e ho trascorso la mattinata a bordo della sua imbarcazione. E ho capito. Ho capito non solo perché Hemingway amasse la laguna (e davvero veniva voglia di fermarsi, aprire il taccuni e scrivere impressioni, suggestioni, emozioni) ma anche perché siano moltissime le persone che ne subiscono il fascino silente. Partenza da Fusina alle 8,30. Appena calata in acqua l'imbarcazione abbiamo raggiunto il canale dei petroli e da lì siamo entrati nella gronda lagunare mirese, tra le casse di colmata B e C. Uno spettacolo semplicemente straordinario quello che accoglie il visitatore che si perde tra ghebi , laghi, barene, canali e velme, in un silenzio persino irreale rotto solo dalle grida di gabbiani e cormorani. In alcuni punti occorre grande esperienza per non finire in secca dal momento che, spesso, la profondità massima dell'acqua è di 1 metro, massimo due con punte di soli - 80 centimetri (preziosissimo l'ecoscandaglio) ma da questo punto di vista Nazareno ha una incredibile bravura! Dalle casse di colmata ci siam spostati al porto di San Leonardo (sempre in territorio mirese) dove attraccano le petroliere attraverso alcuni angoli davvero suggestivi :



Dopo circa un'ora di navigazione, quando eravamo poco distanti da Chioggia, è apparsa all'orizzonte una incredibile costruzione :









Immaginate la sorpresa per qualunque navigante nel vedere improvvisamente ergersi, in mezzo alla laguna, una simile abitazione! Da lì, in meno di venti minuti, siamo arrivati alla bocca di porto di Malamocco e dunque direttamente in mare. E da lì ci siamo spinti sino al canale della Giudecca:



Lungo il canale, e passando di fronte ad alcuni fra i più antichi squeri veneziani

siamo ritornati al punto di partenza.
E' stata una mattinata davvero bella in posti ancora "autentici" (sebbene la longa manus dell'uomo cominci, purtroppo, a farsi sentire), in mezzo ad una natura incontaminata e, per molti tratti, "selvaggia". Durante il viaggio di ritorno Nazareno mi ha detto una frase che mi ha colpito molto: abbiamo il Paradiso a due passi da casa nostra e molti non lo sanno. Beh: da oggi io lo so. Grazie Neno di questa straordinaria gita!
Che la forza sia con te!

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lunedì 28 luglio 2008

CONTRO


Non so se a voi capiti mai. Ma stamani mi sono svegliato, come dire?, sentendomi "contro" e credo che sia un bel modo per superare la depressione post week end purché non ci si senta contro sè stessi. Ma questa è altra cosa. Ed in effetti credo siano molti i motivi per cui oggi ci si possa dire contro.

Innanzitutto contro un partito che, dopo essere scomparso dal Parlamento, ieri approva una mozione in cui si definisce "antagonista organico del PD" e dunque destinato (al pari del PD sia ben chiaro) a rimanersene all'opposizione proprio quando, ogni giorno di più, vi è l'assoluto bisogno di una "coscienza di sinistra" in questo paese che vive di un buonismo a fase alterna e che intanto introduce una norma allucinante: sei un precario che ha denunciato il proprio datore di lavoro perché ti "regolarizzi"? Niente causa, solo un indennizzo. Ma sarà possibile?E ciò che fa più male, almeno a me che comunista non lo son mai stato, è che hanno impallinato Niki Vendola, vale a dire una - secondo me - delle menti più brillanti che oggi abbia la politica italiana.
E poi c'è da essere contro l'Iran. Sì (non ho limiti, vedete?) contro quel paese e il suo presidente, Mahmud Ahmadinejad (nella foto) che non solo ha annunciato di avere 6000 centrifughe per arricchire l'uranio (ve lo ricordate lo Schumi di Marco della Noce, sempre sborone?) ma che ieri ha effettuato l'ennesima impiccagione di massa, uccidendo 29 persone. Guardate quella foto, non vi pare che questo presidente sia...insomma, brutto? Ma proprio brutto (vietati commenti del tipo "senti chi parla" ok?)! Ed io ho sempre diffidato degli uomini di potere brutti (non delle donne perché innanzitutto mai vista una donna brutta e poi perché, purtroppo, non ve ne sono mica molte di donne al potere) perché sono cattivi ed imbecilli! Ecco fatto: che dite? Mi lanceranno la fatwa (così almeno potrò dimostrare di non essere "politicamente un signor nessuno"?)? E se lo faranno le guardie padane mi faranno da scorta?
E ancora: c'è da essere contro un "comico" che insinua sul nostro Presidente della Repubblica perché ha firmato il decreto legge del "lodo Alfano". E questo comico, paladino intelettual - chic delle masse, dovrebbe ben spiegare come diavolo poteva Napolitano rifiutarsi di firmare una legge che è costituzionale e che non prevede nemmeno copertura di spesa. E' vero che nel '68 chiedevano "la fantasia al potere" ma qui non è fantasia, è ignoranza vera e propria!
E c'é da essere contro pure quel ministro che, ospite a casa nostra, sbefeggia il tricolore. Ora: è ben vero che appartiene allo stesso governo guidato da un Presidente che, pochi anni fa, si divertiva - in occasione delle conferenze internazionali - al momento della fotografia ufficiale a far le corna a chi gli stava accanto, ma offendere il tricolore a me fa incacchiare di brutto. Specialmente quando sei ospite di Venezia, una città che ha sempre - nei suoi secoli di storia gloriosa - accolto tutti, indipendentemente da dove venissero o da quale religione professassero.
E però ci sono almeno tre motivi per essere felici.
Il primo: il sottosegretario alla salute, Francesca Martini, riabilita nell'ordine risotto con ossobuco, polenta taragna ai formaggi, cassoeula di verze e maiale. E' vero: un pò pesantina a dir la verità, ma mi pare una gran bella dieta!
Il secondo: ieri mattina, presto (molto presto), i colori della nostra laguna che ho visto nel mio consueto giro in bici (a voi non può fregar di meno, lo so, ma sto aumentando distanze e velocità poiché l'anno prossimo con l'amico Graziano si fa l'intero Cammino di Santiago in bici).
Il terzo: ieri mattina mentre ero ai Moranzani (sono matto, lo so: ma sono sempre affascinato dal vedere in azione le chiuse, rimarrei delle ore a guardarle..mah: ognuno ha la perversione che si merita, no?), sento chiamarmi. Chi ti vedo? Un amico con cui abbiam frequentato gli anni di Liceo e, con essi, anni di scorribande e avventure. Amico grande che commise un peccato veniale iscrivendosi ad Economia dalla quale, ben presto, se ne scappò per venire a Lettere a Padova. Oggi gestisce una darsena e mi ha fatto un piacere enorme constatare che la vita non gli ha tolto quel suo sorriso che usava per nascondere la propria timidezza e che, al pari mio, non ha ancora smesso di fumare. Vent'anni che non ci si vedeva ma appena reincontrati sembrava che ci fossimo visti per l'ultima volta solo il giorno prima!
Che la forza sia con voi!
P.S. Fra pochi giorni ricorderemo quel 20 agosto 1968 quando alla primavera di Praga subentrò il freddo di una occupazione che distrusse sogni, utopie, fantasie e libertà....

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sabato 26 luglio 2008

UN ANNO DOPO

Il 26 luglio 2007 (in realtà alcuni post hanno date antecedenti ma questa è la data ufficiale) inauguravo questo spazio virtuale con un post dal titolo BENVENUTI. Sono passati 12 mesi e poco più di 11.000 visite (che poi non se siano numeri effettivamente reali). Scorrendo velocemente le tante cose scritte, debbo dire che non mi pare di aver "tradito" lo spirito ideale che mi spinse, un anno fa, a cominciare questa avventura. Che fin dall'inizio ho presentato come una specie di piazza virtuale ove incontrarsi, stare insieme, bere qualcosa. Ove persone diverse per idee o per esperienze di vita si confrontano e discutono serenamente. Ma dove si possa anche cazzeggiare in allegria. E dove ci si possa confidare e ognuno (ed in ispecie l'autore) trovi anche, perché no?, una dimensione "intimista" non per mettere in piazza fatti propri ma perché questi spazi virtuali assomigliano molto alla vita che è fatta, spesso, di incontri, confronti, scontri ma anche poesia, gioie e dolori.
E allora oggi augurando a tutti di stare sereni e di trascorrere un felice week end, voglio salutare tutti quelli che, in questi 12 mesi, sono entrati in questa piazza, ci sono rimasti chi per un secondo chi per più tempo..e voglio salutare quelli che non sono più tornati e quelli che, invece, entrano spesso qui e anche a quelli che ci entrano per la prima volta...agli uni e agli altri ripeto ciò che dissi il 26 luglio 2007:
a coloro che si avvicinano per la prima volta a questo spazio do il mio benvenuto e l’augurio che possano trovarsi a casa loro. Io, per me, farò di tutto per essere un padrone di casa assolutamente ospitale....
E se poi qualcuno tornerà stia tranquillo: ci sarà sempre qualcosa di fresco da bere.
Che il viaggio inizi dunque....Buona lettura.
Che la forza sia con voi...sempre!





Oltre al testo di una canzone di Guccini, quel post ne aveva uno anche di Roberto Vecchioni. Di questo artista vi propongo una canzone poco nota ma straordinaria perché - a me pare - insegni cosa significhi davvero essere uomini:

venerdì 25 luglio 2008

GIALLO ANTICO



Immagino molti di voi sappiano che l'espressione mezzibusti (ad indicare i telegiornalisti) fu coniata per la prima volta da Sergio Saviane, di cui - domenica - ricorderemo il settimo anno dalla morte. Saviane era giornalista (se mi si passa il termine) "spietato", nel senso che era fustigatore dei malcostumi di questa nostra società. Basti ricordare i suoi corsivi pubblicati ne Il male , periodico di cui ho letto di seconda mano per ragioni prettamente anagrafiche (cessa le sue pubblicazioni nel 1982, quand'io avevo 15 anni) oppure gli editoriali pubblicati da L'Espresso. Ma Saviane va ricordato anche per i suoi libri ed in particolare per uno, I misteri di Alleghe : libro - inchiesta su una serie di omicidi che iniziano nel 1933 quando Emma Da Ventura - cameriera dell'Albergo Centrale di Alleghe - venne trovata morta, proseguono con l'omicidio della moglie del figlio del proprietario dell'albergo e terminano nel 1946 con l'assassinio dei coniugi Dal Monego. Quattro omicidi "risolti" anche grazie alla inchiesta di Saviane. Di più non vi dico perché voglio invitarvi a leggere il libro. Ne parlo per tre motivi. Il primo è per ricordare proprio l'anniversario della morte di Sergio che ho conosciuto quando era editorialista dei quotidiani FINEGIL cui apparteneva anche quello al quale collaboravo. Il secondo motivo è che, ogni qual volta, passo da Alleghe non posso non ricordare come questo bellissimo paese abbia conosciuto una simile vicenda. Il terzo è per consigliarvi un altro libro (niente paura ma se domenica andate al mare....) sempre sullo stesso argomento. E a scriverlo è un altro giornalista che ho avuto l'onore di avere come caposervizio nello stesso quotidiano ove lavorava Saviane. Ne ho già parlato in altri post, si tratta di Toni Sirena (figlio della giornalista de L'Unità) Tina Merlin. Toni ha dato alla stampa il suo I delitti di Alleghe. Le verità oscurate (Cierre edizioni, 393 pp, 16 euro) che individua in un altro personaggio (rimasto sullo sfondo nella inchiesta di Saviane) quale probabile autore di questa catena di omicidi.

Lasciatemi fare la battuta, ok?

Che la forza sia con voi... da chi "politicamente è un signor nessuno" (guai se qualcuno obietta "solo politicamente???")



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mercoledì 23 luglio 2008

POESIA


Leggo, oggi, una notizia che molto mi colpisce e che, in un certo senso, chiude idealmente un "viaggio" cominciato quando ho appreso la notizia della morte di Karl Unterkircher. Sapevo che Dino Buzzati, il magistrale autore de Il deserto dei tartari piuttosto che de Il silenzio del bosco vecchio, era sepolto nella cappella di famiglia nella "sua" San Pellegrino, poco fuori Belluno. Ebbene Almerina, la "sposa bambina" che Buzzati sposò quando aveva 60 anni e lei 25, oggi confida che le sue ceneri (scelse di essere cremato dopo aver rifiutato qualunque ceirmonia funebre) sono state traslate dalla cappella ad un luogo sicuro, in Lombardia. Ed è bellissima e suggestiva e - a me pare - segno di un grandissimo amore, sapere il perché di questa traslazione. Al contrario di altre regioni italiane, infatti, in Veneto manca ancora una legge che permetta di seppellire o disperdere le ceneri dei propri cari. E Almerina questo sta aspettando: che il Consiglio Regionale approvi la legge che le permetta di disperdere ceneri del marito nel luogo che Buzzati amava più di ogni altro, le sue Dolomiti. Ma non in un luogo qualunque delle Dolomiti. No: probabilmente il luogo scelto sarà la Croda da Lago, poco sopra Cortina, che Buzzati ascese quand'aveva solo 14 anni e ove risalì, per l'ultima volta, quando ne aveva già 60. E la Croda da lago è un posto bellissimo, meraviglioso, ove spesso son salito anche io. E' una decisione che mi ha commosso moltissimo. Così come le parole che Almerina affida al giornalista:
Dino voleva sparire, chi lo ha conosciuto lo sa. Ha rifiutato il funerale, ha scelto di essere cremato (...) Per questo ho pensato che sarebbe stato felice se fosse stato tolto dal buio e dal freddo della tomba e disperso tra le due amate Dolomiti. Tra i suoi gnomi e i suoi fantasmi.
Buzzati amava la montagna. Era profondamente innamorato delle Dolomiti. Quand'era studente di Liceo scrisse: "Di fronte alla bellezza delle crode trovo che anche il greco e il latino e la letteratura italiana e Dante e il Petrarca sono fesserie compassionevoli". Giudizio per la verità un pò troppo duro ma che la dice lunga sul fascino della montagna. Lo stesso fascino che "subiva" Karl e i suoi due compagni di cordata che, oggi, probabilmente saranno definitivamente tratti in salvo dopo una marcia durata 9 giorni e 8 notti tra gli 8000 e i 6500 metri d'altitudine.
Che la forza sia con voi....

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martedì 22 luglio 2008

GIUSTIZIA

L'uomo nella foto si chiama Radovan Karadzic, è serbo della Bosnia ed è stato tra i massimi responabili della guerra civile che insanguinò la ex Yugoslavia: dal 1993 al 1995, 200.000 (sì, duecentomila!) vittime a causa delle pulizie etniche, migliaia di donne stuprate, centinaia di bimbi spariti nel nulla. L'ONU lo ha accusato di crimini contro l'umanitò e, per uno strano scherzo (ma non troppo a pensarci bene) del destino, ieri le forze di sicurezza serbe lo hanno arrestato ponendo fine ad una latitanza durata 13 anni. Ha ragione Massimo Nava che nell'edizione odierna de Il Corriere scrive:
Adesso si può dire che la guerra nei Balcani è davvero finita. La cattura di Karadzic è importante per le vittime che attendono giustizia da troppi anni, ma è ancora più importante che sia opera della polizia serba: un fatto che chiude il capitolo degli alibi e dei vittimismi storici per aprire quello della definitiva riabilitazione di un popolo e del suo ingresso in Europa.
E però, al solito, non possiamo dimenticare che Karadzic, oscuro professore di psicologia e poeta di bassissimo livello, non sarebbe diventato ciò che è stato senza l'appoggio di politiche estere, europee e non, troppo deboli e fiacche. Non possiamo non dimenticare che, all'apogeo della sua politica, Karadzic riceveva ministri e presidenti dei consigli tra cui anche lo stesso Mitterand. Una rete di complicità e di colpevoli e omertosi silenzi, di coperture internazionali all'insegna di uno strettissimo rapporto con Milosevic, il "presidente" della Serbia. E per pagare queste complicità, è sempre Nava a ricordarcelo, il prezzo, mai pagato fino ad oggi, fu il tribunale dell'Aja e la consegna dei criminali di guerra come Karadzic, rimasta per troppo tempo una vergognosa lettera morta.
Ora è tempo che i colpevoli paghino.
Che la forza sia con voi


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lunedì 21 luglio 2008

LO SCURO



Titolo poco chiaro, vero? Ma leggendo si capirà.


1) C'é di che essere soddisfatti. Davvero. Natalino Balasso e Massimo Cirri, sabato sera, hanno concluso Germogli di Teatro, la rassegna teatrale ospitata - per la prima volta - nei giardini di villa Levi Morenos. Scommessa vinta su tutti i fronti: tutti gli spettacoli hanno conosciuto una incredibile affluenza di pubblico (Rossi, Bergonzoni, Balasso - Cirri sold out); straordinaria la cornice ambientale (per Bergonzoni ci siam dovuti trasferire in Teatro causa minaccia di maltempo); davvero bella la presenza dei bimbi agli spettacoli loro riservati. Tra tutti mi ha emozionato moltissimo Sulla strada ancora, lo spettacolo di Paolo Rossi cui ho assistito insieme a Marco Paolini. Ho parlato a lungo, prima dello spettacolo, con Paolo e Marco. Tra una sigaretta ed un'altra, abbiamo parlato del suo spettacolo, di quale - profondo - significato avesse quel titolo, del Teatro. Ma anche di quali fossero i migliori ristoranti della zona ove poter mangiare pesce. E qui è pure scattato l'orgoglio interista (mio e di Rossi) giacché Evaristo Beccalossi, centrocampista dell'Inter, gli aveva segnalato un ristorante mirese dove l'Inter cenava dopo essersi scontrata col Venezia (quand'era in seria A; altri tempi, altri tempi). Immagino conosciate alle perfezione il pezzo che Rossi dedicò ad Evaristo in Si fa presto a dire pirla.



Ad agosto poi non mancate alla Finale Regionale di Miss Italia (1 agosto) che, quest'anno, ospiteremo in Piazza IX Martiri e poi alla rassegna cinematografica nella 2^ e 3^ settimana sempre nel giardino di Villa Levi Morenos.



2) Ci vuole onestà intellettuale. Ok? Onestà intellettuale e sincerità. Poche storie: chi, come me, appartiene alla generazione a cavallo tra anni '60 e '70 lo ammetta serenamente: abbiamo imparato a giocare a biliardo, nelle giornate in cui non si andava a scuola! Come riempire quelle lunghe ore in cui si era fatta manca, si era bigiato, si era cannato? Giocando. Io preferivo dire che mi ero autosospeso dalla attività didattica quotidiana causa improrogabili impegni (giuro, a 18 anni, quando si conquistava il diritto di firmarsi da solo le giustificazioni, questo scrivevo) che poi erano, al solito, qualche compito o qualche interrogazione improvvisa. E allora si andava al bar Commercio di Dolo dove c'era sempre qualche tavolo libero. E, imparato i rudimenti del giuoco, con gli amici ci si dedicava una serata alla settimana - il mercoledì solitamente - a stecche e bilie a Il circolo a Mestre, poco distante da Piazza Barche. Sia chiaro: si parla di biliardo e cioè di carambola, goriziana, italiana. Niente boccette, ok? Ok? Stecca, gessetto, bilie e birilli, panno verde rigorosamente riscaldato ad una temperatura mai inferiore ai 27° e mai superiore ai 32. Il biliardo è tecnica, regolarità, calma e concentrazione. Ha un rituale affascinante: il gessetto nel taschino, la canna fatta scorrere nell'incavo tra pollice e indice, l'analisi delle angolazioni e della velocità (questa era matematica applicata e mi piaceva. E molto). Ve ne parlo perché ieri, su Repubblica, Gianni Favetto ci annuncia che Minimum Fax ripubblica The Hustler, il libro (1958) dove Walter Trevis racconta la storia di Eddie Felson, Fast Eddie, Lo svelto, che fu interpretato da uno straordinario Paul Newman nel film che ne venne tratto tre anni dopo e che in Italia fu titolato Lo spaccone. Ma anche in Italia avevamo il nostro Lo svelto che in realtà si faceva chiamare Lo scuro e fu il soggetto di un meraviglioso film di Francesco Nuti, Io, Chiara e lo scuro.


3) Domenica sera ho rivisto una vecchia conoscenza, Gatto Panceri che conosco dal 1996. E ogni volta che rivedo questo "furetto" di Monza mi chiedo quanto grande sia l'anima di un uomo che ci ha regalato Vivo per lei (cantata da Boccelli); C'é da fare, Riguarda noi, Come Thelma e Louise (cantate da Giorgia).


4) Stanotte ho fatto tardissimo. Ma come non approffitare del fatto che su La7, ad un'ora proibitivissima, hanno rimandato in onda Tre colori: Film bianco di Kielowski???



Che la forza sia con voi.


mercoledì 16 luglio 2008

EROI MODERNI







Karl Unterkircher non è (continuo a parlarne al presente anche se purtroppo le notizie che stanno arrivando in queste ore non inducono all'ottimismo) un alpinista qualsiasi. L'ho sempre ritenuto uno dei più grandi alpinisti al mondo, superiore forse (e qui qualcuno mi accuserà di bestemmiare) allo stesso Messner. Aveva un sogno, Karl: aprire una nuova via alpinistica sulla parete Rakhiot (nella foto a destra) del Nanga Parbat (8125 metri) in Pakistan, la stessa vetta dove - nel 1970 - morì Gunther Messner, fratello di Reinhold. Sapevo che Karl era di Selva Val Gardena e quando avevo l'occasione di passare per questo ridente paese, lo cercavo fra i suoi compaesani. Una volta lo vidi mentre passeggiava per le vie del centro cittadino. Mi avvicinai per chiedergli un autografo. Non sono abituato a chiedere autografi (qualche dedica da parte di autori di libri che amo, questo sì..). Anche perché di mio sono particolarmente timido. Un'altra persona cui lo chiesi fu Paolo Frajese che vidi, un giorno di fine luglio del '94, poco oltre il Rifugio Sennes, sopra il lago di Braies (ma al solito, se avete bimbi piccoli vi consiglio di arrivarci da Malga Ra Stua: percorso molto più facile). E ricordo che quando seppe che anche io ero un "collega" (si fa per dire), mi invitò a sedere accanto a lui e parlammo per quasi un'ora di quel mestiere che così tanto mi appassionava. Ma già allora, per me, Karl era un mito. Come altro definire un uomo (ha 38 anni) che nel 2004, in una sola stagione, ascende sull'Everest e sul K2? Ricordo mi fissò, dritto negli occhi, intimidito come lo sono i montanari, gente abituata alla fatica, alla sofferenza, al dolore e non agli applausi, alle starlette, alle vacanza in Costa Smeralda. Fui colpito da quello sguardo. Non era uno sguardo triste. No. Era lo sguardo di un uomo che pure così giovane può dirsi fortunato (ed io invidio chi può definirsi così) perché era riuscito a guardare oltre i propri limiti, oltre i propri abissi e le proprie paure. Rinunciai a chiederglielo, limitandomi a stringergli la mano. Nel suo sito, il 13 luglio (dunque tre giorni fa e due prima di cadere in quel maledetto crepaccio) scrive:
Qualche giorno prima di partire per questa spedizione, uscendo da un bar, sono inciampato in un vaso di fiori che faceva da bordo sulla strada statale. Mi sono rovesciato, avevo ai piedi solo i sandali e così ho sbattuto il ginocchio sull’asfalto, procurandomi un dolore allucinante. Mi sono rialzato ed ho continuato a camminare, zoppicavo dal dolore, però sentivo che il ginocchio era rimasto illeso. Probabilmente se passava una macchina in quell’istante, mi avrebbe sicuramente investito. Il barista, un mio caro amico, uscì di corsa chiedendomi se mi fossi fatto male, non avevo più fiato per parlare. Probabilmente avrà pensato: “vuole andare a fare i 8000 metri e non sta neanche in piedi a 1500 metri”. Il destino ha voluto che mi succedesse niente ed è per questo che sono adesso qui, qui sotto la parete Rakhiot. Fin’ora tutto è andato come da programma, mica ci tireremo indietro adesso? Domani al mattino saliamo alla morena, lo zaino sarà abbastanza pesantello, in più abbiamo gli sci da portare. Aspetteremo fino a quando sarà buio, perché di giorno fa troppo caldo. Se non è nuvolo, la luna sarà dalla nostra parte. Il seracco intermedio deve fare il “bravo” da 8 a 10 ore, non chiediamo poi tanto?! Sfrutteremo una costola nevosa fino sotto la fascia di rocce. Essa non dovrebbe creare problemi. Se poi nella giornata di martedì riusciamo a saltare sopra al “nostro” seracco intermedio allora saremo a cavallo del pilastro! Dopodiché toccherà a noi! A resistere alla fatica e a superare la parete con maestria. Una volta che avremo raggiunto il pianoro sommatale, punteremo la vetta. Abbiamo viveri e gas per sciogliere neve per almeno 5 giorni.…speriamo in bene! La discesa è prevista per la via di Hermann Buhl del ’53. Il nostro staff al campo base ci consiglia invece di scendere dalla via “normale”, per la parete Diamir. Chissà: “forse” gli ho detto, tutto dipenderà da tanti fattori. Inshallah!! ( Come Dio vorrà )
E poco prima, quasi come un oscuro presagio (e chi va in montagna è abituato ad ascoltarli i presagi..):

Ben 9 chilometri di placconata separano la vetta del Ganalo Peak ad ovest dalla vetta di Rakhiot ad est. Però sono le scariche di ghiaccio che mi procurano paura.
Sono appesi dappertutto su questa montagna, sicuramente già da secoli fanno tremare tutta la valle ed inducono la gente del paese ad avere rispetto e sacralità. Dal basso mi è parsa una montagna ostica, tanto da lasciarmi perplesso e scettico per tutto il periodo che siamo qui.
Io non credo che Karl sia morto. Non lo credo e so che è così. Perché Karl è un uomo con un sogno grande come il proprio cuore. Ed ogni uomo che ha un sogno grande è un eroe. E a me hanno insegnato che gli eroi non muoiono. Mai!
Che la forza sia con voi


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lunedì 14 luglio 2008

SULL'EDUCAZIONE

Non amo molto Francesco Alberoni. Lo confesso. Per'altro va anche detto che della sociologia non ho una idea precisa. All'Università sostenni l'esame in questa disciplina non con Sabino Aquaviva ma con Italo De Sandre (che la insegnava a Statistica, altra disciplina che ho sempre trovato molto ma molto strana), molto più difficile ma con un programma di studio coerente coi miei interessi (che sono legati alla Linguistica Generale; intesa come disciplina che studia la nascita dei linguaggi umani). Anche perché mai piaciuto sostenere esami(o assistere a lezioni) in un cinema anziché in una aula (perché a noi capitava anche questo). E però stamani, sul Corriere, il professor Alberoni scrive una cosa che mi colpisce molto:
Uno dei maggiori errori della pedagogia contemporanea è stato quello di ridurre la differenza tra chi insegna e chi apprende, immaginando che l'insegnante debba comportarsi come un amico.
Che dire? Sono d'accordo anche io. Se ripenso alla mia vita da studente debbo riconoscere che i docenti di cui, ancora oggi, conservo vivo un ricordo (e affettuoso sia ben chiaro) sono quelli che oggi definiremo AUTOREVOLI. Anzi, talvolta persino autoritari. Io, ad esempio, in V^ Liceo sono stato abituato, dal mio insegnante di italiano (persona per me specialissima; alla quale ho dedicato diversi post) ad alzarmi in piedi quando qualcuno (fosse stato il preside o un "semplice" bidello ma quest'ultimo per me contava più del primo giacché come mi preparava lui i panini non me li ha mai preparati nessuno!) entrava in aula. All'inizio questa "innovazione" un poco ci pesava. Poi ci siamo pian piano abituati (non tutti: i rivoluzionari esistevano; eccome se esitevano) ad un gesto che in realtà era di profondissimo rispetto. E alle elementari ricordo ancora una maestra che letteralmente ci strappava le pagine dal quaderno se presentavano le "orecchiette" (ve le ricordate? Sia fatto Santo subito l'inventore delle custodie che avevano anche lo spazio per infilare le pagine già scritte onde evitare per l'appunto quel fastidiosissimo fenomeno): vado a memoria ma, credo, di aver dovuto ricopiare almeno una decina di volte l'intero quaderno. E però ancora addesso (che sono profondamente disordinato) sto molto attento a non "spiegazzare" quaderni o libri. Roba che oggi fili dritto, dritto al Telefono azzurro. Credo che questa mancanza di gerarchia sia uno dei problemi di questa nostra società: l'abbattimento delle distanze è stato, negli anni, visto come una sorta di egualitarismo in realtà inesistente. Perché basato su una finzione: e cioé che le distanze non ci sono. In apparenza. In realtà poi scopri che non solo ci sono ma sono, se possibile, ancora più drammatiche perché sotterranee, nascoste ma ugualmente micidiali. Micidiali perché, proprio in quanto nascoste, sono difficilissime da abbattere.
Che la forza sia con voi....


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mercoledì 9 luglio 2008

ELUANA

La notizia di oggi mi colpisce molto: la Corte di Appello Civile di Milano ha deciso di permettere al padre di Eluana Englaro, che da 16 anni si trova in stato vegetativo permanente, di interrompere il trattamento di idratazione e di alimentazione forzata che la tiene in vita. Mi pare che ci sia molto da riflettere. E al solito occorre farlo dichiarando le proprie "appartenenze" (le mie sono sufficientemente note) ma anche, credo, con la umiltà intellettuale di chi si addentra in una materia che attiene a scelte così importanti, così fondamentali per ciascuno come la vita e la morte. Ma poi ti accorgi (almeno vale per me) che in realtà non ci sono certezze. Almeno io non ne ho. Nessuna. No: nessuna certezza ma solo tante domande, davvero tante. Ed innanzitutto mi chiedo: una ragazza come Eluana, nella condizione fisica in cui si trova, può essere definita viva? Cos'è la vita? Il cuore è un muscolo. Il fatto che batta significa avere la Vita? Per me vita significa capacità di provare emozioni, di esprimere volontà, di poter dire sì o no. Se queste condizioni non ci sono, è corretto - mi chiedo - definire questo stato come vita? E può l'uomo, essere razionalmente finito (cioè dotato di un limite), decidere di dare la morte (perché ciò accadrà ad Eluana) ad un altro essere umano? Può essere la medicina un valido criterio che stabilisca il limite tra vita e non vita e dunque tra vita e morte? In altre parole: laddove la medicina stabilisca che davvero Eluana non potrà mai uscire da questo stato vegetativo, è bastevole questa affermazione per deciderne il destino? E ciò che si praticherà, quando la sentenza sarà eseguita, è davvero eutanasia? O forse, piuttosto, è vero il contrario? E cioè che, stante questo stato vegetativo, qualunque intervento (anche quello che permette al corpo di Eluana di dissetarsi e sfamarsi) si configura come accanimento terapeutico?

Ecco uno dei nuclei centrali dell'articolo in questione:


Per il collegio giudicante che ha emesso il verdetto, la decisione è stata "inevitabile" dopo aver accertato "la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente, l'altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita". Una concezione della vita - spiega il giudice Lamanna - inconciliabile con la perdita totale e irreversibile delle proprie facoltà psichiche e la sopravvivenza "solo biologica del suo corpo, in uno stato di assoluta soggezione passiva all'altrui volere".


Che la forza sia con voi!



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martedì 8 luglio 2008

VIGLIACCHI!

L'hanno uccisa. Certo: se ne attende ancora la conferma ufficiale ma tutto fa pensare che quel corpo, nudo e gettato come si gettano i sacchi della spazzatura, sia della ventitreenne di San Giorgio delle Pertiche, Federica Squarise. Uccisa a 23 anni. Già: uccisa perché l'orco vigliacco ha paura del rifiuto di una ragazza che deve essere libera, sempre e comunque, di dire di sì o di no a quello che, magari, le sembrava anche un ragazzo simpatico. Uccisa perché l'orco vigliacco scambia gli atteggiamenti di una ragazzina che vuol divertirsi come segnali di disponibilità. Uccisa perché l'orco vigliacco con la sua forza bruta è abituato a prendersi tutto ciò che vuole. Ma è possibile? E' possibile che l'unica colpa di questa ragazzina (sì, una ragazzina) sia quella di ritagliarsi una settimana di vacanza in quello che le sembrava una specie di paradiso? E' mai possibile che nei giornali si sia, subito, insinuato il sospetto di notti brave a base di alcol e droga? E anche se fosse? Che diritto abbiamo noi di giudicare quel che ritiene giusto fare una donna di 23 anni? Ma perché? Perché se una ragazza di 23 anni, vestita come tutti siamo vestiti quando andiamo in vacanza, balla sopra il tavolo di una discoteca, per qualcuno diventa subito un agnello sacrificale da sgozzare sull'altare della violenza cieca e bruta?E' mai possibile che ancora oggi si uccida una ragazza di 23 anni, bella come sono belle tutte le ragazze di quell'età, piena di sogni come lo sono tutte le ragazze di quell'età, semplicemente perché voleva divertirsi spensierata? E' mai possibile che ancora oggi, in qualunque parte del mondo, ci sono ancora donne che vengono violentate, offese nella loro dignità, uccise? E quante violenze celano le mura domestiche? Quanti soprusi? E non solo soprusi fisici! Perché il silenzio o la sopraffazione psicologica o il senso di trascuratezza, sono altrettante violenze perpetrate ai danni di molte, moltissime donne. E quale il senso dell'offesa suprema, quel gettare il corpo di Federica in mezzo ad un giardino pubblico, ricoperto solo da qualche manciata di foglie? Ma qual è il mondo in cui, la sera, una donna non è libera di passeggiare per le vie di una grande città? Qual è il mondo in cui una donna, se indossa una minigonna, non è più una donna, ma carne da macello? Qual è il mondo in cui una ragazza di 23 anni non è libera di divertirsi come meglio crede? Qual è quello in cui non è libera di esercitare il suo supremo diritto a scegliere: scegliere come divertirsi, scegliere come esercitare la sua sessualità, scegliere come sentirsi viva?Perché noi maschi questo diritto, spesso, lo neghiamo? Cosa ci fa paura? Mi è piaciuto molto l'editoriale di Adina Agugiaro, pubblica da La Nuova di oggi. Scrive:
E ora, Federica? Ora che tutto si è consumato e sei uscita
per sempre dalla movida dell'esistenza? Chi potrà mai raccontarti, fuori dai
singhiozzi di tua madre e dal pianto degli amici?Chi eri? (...) Federica:
piccola donna saggia, che nei giorni qualunque gettavi le fondamenta
dell'esistenza. Piccola ragazza sognatrice, che in una settimana pazza di
vacanze investivi ogni anno illusioni e fantasticherie. Le ragazze di oggi sono
tutte così. Le ragazze di sempre sono così. Ti ricorderemo con tenerezza,
Federica. (...)
Che la forza sia con voi...

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lunedì 7 luglio 2008

SPICCHI

1) Non sono iscritto a molte associazioni. Al momento non ho tessere di partito in tasca. Rivendico con orgoglio la mia militanza al FRONTE DI LIBERAZIONE NANI DA GIARDINO, quegli (almeno per me) orribili nanetti (argh! ieri mattina nel mio consueto giro in bici ne ho trovati anche vicino a Borbiago) presenti nei giardini privati. Nel Fronte milita, certo, chi non riesce proprio a sopportare l'idea di vederli costritti in una innaturale prigionia. Le ragioni della mia militanza sono invece prettamente...estetiche: sono infatti convinto che abbiano in comune lo stesso spacciatore altrimenti non si capirebbe il perché tutti - ma proprio tutti - abbiano quello stupido, insulso sorriso sulle labbra! Ma la tessera per cui vado in assoluto più fiero è quella della Historical Diving Society, una associazione (con sede a Marina di Ravenna dove si trova anche un interessante Museo nazionale delle attività subacquee) nata per promuovere la storia delle attività subacquee. Fra queste, particolare attenzione è prestata all'antesignano dei sommozzatori, il palombaro. E prima o poi lo voglio proprio fare il corso per diventarlo! Periodicamente da HDS ricevo il notiziario: un elegante pamhplet in carta patinata sempre ricchissimo di notizie. Nel numero che mi è arrivato oggi, ad esempio, la storia - incredibile ed affascinante - delle prime attrezzature concepite (su una intuizione di Leonardo da Vinci) per il salvataggio del personale a bordo di sommergibili affondati. Da quelle esperienze, nacque il principio su cui si fonda la camera iperbarica che per noi subacquei può rappresentare l'unica salvezza quando qualcosa va storto. In effetti la subacquea è, ancora oggi (ma per quanto?), una delle poche discipline non ancora di massa. Ed è per questo che la amo così tanto. In essa vi trovo un che di ritualistico che mi colpisce sempre molto: la vestizione con la muta in neoprene; l'allestimento del GAV (il giubbetto ad assetto variabile che - utilizzando l'aria delle bombole - ci permette di scendere in profondità, rimanere neutri sul fondo o risalire in superficie); la prova degli erogatori. E quel gesto, solo apparentemente da James Bond de noealtri ma che in realtà può essere un salvavita quando ad esempio ti trovi "imprigionato" da nasse di reti abbandonate dai pescatori, che è sistemare anche il coltello al polpaccio. E poi quando si entra in acqua e si termina la vestizione indossando le pinne (a meno che non ci si tuffi dalla barca), si regola il computer e si prova la tenuta della maschera. E' in questi momenti che il battito cardiaco accellera e cominci a respirare velocemente: c'é sempre tensione prima dell'immersione. E poi guardare negli occhi il tuo compagno, fargli il segno di ok e col pollice verso invitarlo a cominciare la discesa...A quel punto entri in un mondo dominato da un silenzio interrotto solo dal tuo respiro. Un mondo ovattato dove, raggiunta la profondità desiderata, riesci a rimanere in assetto neutro come se non ci fosse la forza di gravità. Ciò che ti si disvela davanti agli occhi è un mondo meraviglioso, ricchissimo di gorgonie, di margherite (eh già, ne esiste anche una specie subacquea) ed una fauna che, spessissimo, è incredibilmente variopinta. E più scendi in profondità più il blu si scurisce e più il panorama cambia. Ed è emozione forte quella che ti coglie quando guardi il computer da polso che ti segna la profondità raggiunta: i -48 mt, i -50 mt dalla superficie non sono record battuti da machi imperanti; no! è la volontà - comune ad ogni essere umano - di superare, ogni volta, i propri limiti.
2) Davvero molto bella l'intervista di ieri su Repubblica a Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Un'intervista a tutto tondo dove si capisce l'amore profondissimo che lega l'artista alla memoria del fratello, morto un anno fa.
3) Ve la ricordate????
Che la forza sia con voi....


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sabato 5 luglio 2008

FACCIAMO...CINEMA?

Aproffittando della splendida cornice del giardino di Villa Levi Morenos (dove fra meno di 15 giorni inizierà Germogli di Teatro), tra luglio ed agosto riporteremo a Mira il Cinema sotto le stelle. 10 film, gran parte dei quali "di cassetta":

31 luglio: Tutta la vita davanti

5 agosto: Gomorra

7 agosto: indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

12 agosto: Il divo

14 agosto: Iron Man

19 agosto: Il cacciatore di aquiloni (semplicemente splendido, divino, sublime..n.d.r.)

21 agosto: Ortone e il mondo dei chi (film d'animazione; come sempre cerchiamo di accontentare anche i più piccoli)

26 agosto: Sex and the city

28 agosto: Ratatouille

2 settembre: Quarto Potere (richiesto dal nostro sindaco che, come saprete, è valentissimo regista).

Gli spettacoli inizieranno alle 21, 15 nell'arena estiva di via Naritti. Biglietto unico: 3 euro.

Il 3 e 4 settembre, invece, ci saranno gli eventuali recuperi di proiezioni annullate causa maltempo.

Che dire? Non mancate!

Che la forza sia con voi....

P.S. Sono un fumatore. Si, lo so, lo so benissimo: IL FUMO UCCIDE come recita il messaggio che ho stampigliato negli occhi ogni qual volta apro il pacchetto. E però, accidenti!, il prezzo delle sigarette è come quello della benzina: anche stamani un altro aumento!!! Uffi. Si lo so, lo so (visto quante cose so?) che adesso direte ma tu smettere di fumare niente eh? E a quanti (e sono tanti) me lo chiedono rispondo sempre con una vecchia battuta (della quale circolano tante e diverse versioni) del grande Woody Allen: Ok, ok smetterò di fumare, vivrò una settimana in più ed in quella settimana...pioverà a dirotto. Battutaccia, lo so, lo so (le so tutteeee).

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venerdì 4 luglio 2008

LA DIVINA DUSE

Metto insieme, stamane, notizie solo in apparenza tra loro diverse. Oggi pomeriggio, alle 17,30 presso la Fondazione Cini - all'isola di San Giorgio -, Cesare De Michelis concluderà il corso di Civiltà Italiana dedicato a Vittore Branca, morto a Venezia nel 2004, eruditissimo docente di Letteratura Italiana all'Università di Padova e fra i massimi esperti al mondo di Giovanni Boccaccio. Ho conosciuto il professore Branca pochissimi mesi prima della sua morte. Prima di allora lo conoscevo soltanto attraverso i suoi libri e gli splendidi editoriali che pubblicava nell'inserto domenicale de Il Sole 24 ore : articoli che erano sempre a mezza strada tra la Storia della Letteratura e l'autobiografia giacché Branca poteva ben fregiarsi del privilegio d'esser stato amico di alcuni fra i più grandi intellettuali del mondo. Fra i suoi allievi prediletti è bene ricordare Armando Balduino, anch'egli docente e autore di un fortunatissimo Manuale di filologia italiana. Domani invece è week end e non so quali programmi abbiate. Se però non avete ancora deciso nulla, vi consiglio una capatina ad Asolo, meravigliosa cittadina sugli omonimi colli, pochissimo distante da Montebelluna. E' paesetto ricchissimo di storia e di illustri abitanti. Pietro Bembo vi scrisse gli Asolani e la bellissima (lo era davvero!) Elena Cornaro, già regina di Cipro, vi trascorse l' esilio (ricco di..stravaganti passatempi e qui ci si ferma giacché la storia non è gossip). Ad Asolo si sale a piedi ed è esperienza molto suggestiva perché il centro storico ti si disvela davanti agli occhi poco per volta (altra meta che si raggiunge facilmente e che un poco vi rassomiglia è Arqua Petrarca). Una volta raggiunto il centro e, magari, aver mangiato un buon gelato, vi consiglio una visita al...cimitero di sant'Anna! Sì, andateci e senza fare particolari scongiuri. Una volta entrati, poco oltre il cancello, sulla destra e posta in leggero declivio verso il Monte Grappa, scorgerete una lapide marmorea con incisa una poesia. Fermatevi in silenzioso raccoglimento poiché vi trovate davanti al cippo funerario di Eleonora Duse (di cui quest'anno si ricordano i 150 anni dalla nascita), una fra le più grandi attrici italiane tra la fine '800 e i primi del '900, amante e musa di Gabriele D'Annunzio. Fu la stessa Duse (che morì a Pittsburgh come ogni grande artista sogna di morire: in tournee) a chiedere esplicitamente di essere sepolta ad Asolo, "paesetto di merletti e poesia" come lei stessa amava definirlo. Quando arriverete sulla tomba della divina (come la chiamavano i suoi ammiratori) vedrete una rosa rossa, sempre fresca. Dicono che a posarla, ogni settimana, siano gli eredi di un suo spasimante che iniziò questa sorta di rito nel 1916 quando per l'appunto la Duse vi fu trasferita dall'America. E se, per caso, la rosa non ci fosse, per favore mettetene una voi...
Che la forza sia con voi...

P.S. Complimenti a Carlo Presotto e agli amici de La Piccionaia - I Carrara per lo straordinario successo ottenuto al festival del Teatro di Napoli...e a Carlo anche un GRAZIE... lo leggerò con grande interesse...e come mi saluti tu: Augh ho detto!

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giovedì 3 luglio 2008

LIBERAAAAAA



Ieri sera, durante l'assemblea pubblica sull'inquinamento della falda acquifera a Mira Buse (voglio complimentarmi coi responsabili del comitato per la pacatezza dei toni, l'intelligenza dei ragionamenti e la serietà delle proposte) ho ricevuto una serie di SMS che attendevo da tempo, da troppo tempo. INGRID BETANCOURT è libera! Dopo 6 anni di prigionia questa donna incredibile, straordinaria, forte è stata finalmente sottratta ai guerriglieri delle FARC. Era il 23 febbraio del 2002 quando Ingrid (qui alcune sue notizie biografiche), candidata alla Presidenza della Colombia, veniva rapita. Più di un anno dopo, il 13 maggio 2003, il primo video che permette alla famiglia di sapere che è viva. 6 anni sono passati...Scrisse una volta alla madre (donna coraggiosissima anch'ella così come straordinari sono stati Melanie e Lorenzo, i figli della Betancourt che - per primi - hanno avviato la gigantesca campagna di mobilitazione per chiederne la liberazione):

Qui la vita non è vita. Ogni giorno perdo un pò di me stessa. Non mangio più, i capelli mi cadono a ciocche.


C'è una bellissima canzone di Guccini (che non ho trovato su you tube) dedicata alla prigionia americana di Silvia Baraldini. Quando la ascoltavo, nelle scorse settimane, mi veniva in mente Ingrid, questa donna che per 6 anni è vissuta - sotto la perenne minaccia delle armi - nella foresta colombiana: cosa avrà pensato? quali incubi l'avranno accompagnata nel sonno notturno? come avrà passato il suo tempo? quante lacrime avrà versato da quegli occhi neri pensando alla propria famiglia? E avrà trascorso ogni minuto di questi 6, lunghisismi, anni, aspettando con trepidazione di essere liberata? Domande, tante domande. Che da oggi troveranno, finalmente, risposta.

Ben tornata Ingrid e....che la forza sia con te!

P.S. mio fratello mi ha chiesto di inoltrare una sua mail...c'era un indirizzo internet da cliccare..ve lo propongo a tutti: wwww.insiemeperazzurra.com. L'ho linkato (oramai so anche usare questi termini informatici sebbene non sia detto che ne capisca totalmente il significato) anche nel titolo del post. Chi è Azzurra? E' una bellissima bimba di due anni che, purtroppo, soffre di una malattia genetica rarissima ed il cui decorso, purtroppo, ad oggi è la morte. Ho sempre pensato che Dio ha commesso un errore nel permettere la morte di bambini. Azzurra ha bisogno dell'aiuto di tutti noi che, spesso, pensiamo che i nostri problemi siano sempre immani. E che, invece, troppo spesso dimentichiamo che le vere tragedie sono altre....



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mercoledì 2 luglio 2008

DIFFERENZE





Ho vinto un premio. Già. Per questo blog. E ad insignirmi di cotanto riconoscimento è l'amico Fabrizio Melodia. GRAZIEEEEE. E schiattate di invidia tutti voi che un simil premio non lo riceverete mai. Se non ho capito male ora devo premiare, a mia volta, altri siti con la medesima onoreficenza. Ed io ho deciso di premiare il blog di Massimo, quelli di Andrea Causin e di Emanuele Pagin, di Nico Narsi e di Srazz, di Matteo Renzi (il presidente della Provincia di Firenze). Ma soprattutto i blog che parlano di Mira.


Veniamo alla notizia del giorno (almeno per me lo è, e d'altra parte - che volete? - questo è il mio blog...non vi piace? Fatevene uno voi, se ci sono riuscito io...).





Da picenin (piccolino, in dialetto nostrano) tutto era molto più semplice. Almeno ai miei tempi (mi piace 'sta frase....mi fa sentire vecchio e saggio). Il blu significava poter tirare le trecce alle femmine; poter giocare a pallone e tornare a scuola sudato e infangato; star fuori di pomeriggio fino a quando la mamma non ti veniva materialmente a prendere; pigliare un ceffone dalla maestra, tornare a casa e dirlo al papà che ti raddoppiava la dose senza temere il Telefono Azzurro. Ma il blu significava anche Big Jim che gli schiacciavi il bottone sulla schiena e lui ti faceva la mossa di karate ( che figo!). Mentre il rosa era la Barbie che non ho mai capito cosa ci trovasse in Ken , suo fidanzato storico (si son sposati, poi? Qualcuno lo sa?). Ma anche i cartoni animati dei robot (il ROSA invece era Lady Oscar che però mica faceva schifo nemmeno al BLU) e la merenda con il pane e la cioccolata. Ed era anche mangiare, magari piangendo, il minestrone ché proprio non ti andava giù quella roba lì che non era verdura ma neanche brodo (e che adesso, invece, a 2500 mt. di altitudine, dopo aver preso pioggia o neve per ore, ti mangi come fosse caviale), col papà che, magari, riscopriva la sua origine contadina e ti diceva o te magni chea minestra o te salti daea finestra. Blu era spavalderia, tracotanza. Era pensarsi molto più grandi di quel che si era ma poi aver bisogno della mamma o del papà per andare a letto col buio. Blu significava anche la prima indipendenza come quella di andarsene in bicicletta senza le rotelle. Poi accadeva che un giorno ti svegliavi e oplà il blu...non c'era più. E nemmeno la maestra c'era. Al suo posto altre persone che chiamavi professori. E le femmine non eran più femmine ma ragazze. Ma il Big Jim non lo avevi mica buttato via, nooo. Solo che ci giocavi di nascosto ed era figo lo stesso (d'altra parte io ci giocherei anche addesso; vuoi mettere una bella sfida tra Big Jim al posto di noiosissime riunioni politiche?). E capivi che stavi crescendo. Ma non è che 'sta roba ti piacesse poi molto. Dopo venne un tempo in cui illustri, accademici e baronali pedagogisti e psicologi (categorie che non ho mai amato) decisero di eliminare il blu ed il rosa. E allora a scuola si va vestiti secondo i gusti di mamma e papà che spesso (mi sia permesso dirlo anche se non ho figli) dimenticano che la scuola non è una passerella di moda e che i bimbi hanno un solo, sacrosanto dovere: giocare e sporcarsi e ridere felici. Adesso sembra che si possa, finalmente, tornare indietro. Leggo, infatti, che una parlamentare del PdL (e va beh che ci volete fare..anche loro avranno qualche volta una buona idea no?) - Gabriella Giammarco - ha chiesto il reintegro, a scuola, del grembiule. Al solito, sui giornali, intervengono subito i pedagogisti ed i psicologi che, con formule vecchie e stantie, dicono sostanzialmente di essere d'accordo con la proposta perché in questo modo "essendo una sorta di divisa, riesce a strutturare i bambini come alunni". Nooone, nooone : è giusto indossare il grembiule semplicemente perché....SIAMO PICCOLIIII...

Solo su una cosa non transigo...Non facciamo mica scherzi, ok? Vogliamo il grembiule ma deve essere rigorosamente o BLU o ROSA....

Che la forza sia con voi....
Ascoltatela con attenzione: è amore, è nostalgia, è lacrime e risa, è finire e ricominciare, è tutto....è la vita!



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VILLA DEI LEONI




L'emozione è stata fortissima e palpabile l'altro giorno quando, insieme ad alcuni giornalisti (qui un articolo esemplificativo; mentre interviste televisive sono andate in onda su Tele Venezia e Tele Chiara), abbiamo percorso le tante stanze e corridoi della restaurata Villa (mi raccomando non chiamatelo PALAZZO altrimenti il Palladio si gira nella tomba) Contarini detta dei Leoni. Un restauro accurato come potrete vedere quando, ad ottobre, inaugureremo ufficialmente la villa con una mostra, curata dalla SACAIM (la ditta che lo materialmente eseguito), che illustrerà tutte le fasi di questo complesso intervento costato 4 milioni e 180 mila euro e avviato dall'amministrazione guidata da Roberto Marcato. Contemporaneamente ho affidato, ad un bravissimo storico locale, il compito di preparare una approfondita guida sulla villa. Guida che poi avrà anche una versione "ridotta" scritta in inglese, tedesco e francese e messa a disposizione dei turisti che, ne sono certo, visiteranno in massa quello che è uno dei pochi esempi di villa autenticamente veneta presenti in Riviera (e pregevole proprio per i suoi peculiari aspetti architettonici). Confesso che da quando ricopro questo ruolo istituzionale non è passata settimana senza che andassi a vedere (spesso da solo come piace a me) come proseguivano i lavori rimanendo, ogni volta, affascinato dalla perizia e dalla pazienza delle giovani restauratrici che, abbarbicate a parecchi metri di altezza, stavano progressivamente restituendo l'antico sfarzo a pareti e soffitti. La storia della villa nasce con Federico Contarini, appartenente al ramo meno "nobile" della famiglia (all'altro apparteneva - giusto per intenderci - il doge, Francesco), che diventa procurator di San Marco, vale a dire responsabile della Basilica, ruolo che in quegli anni era davvero importante. Contarini ha una caratteristica, quello di essere grando collezionista di anticaglie come lo definisce lo Stringa. Anticamente la villa era corredata da una barchessa (là dove ora c'é il teatro) e da una piccola casa di cui si son perse le traccie. Attorno alla villa c'é anche un piccolo "mistero" poiché in tanti hanno sostenuto esistesse un corridoio sotterraneo e segreto che la univa proprio alla barchessa. Accurate prospezioni lungo l'intorno dell'area non hanno, però, evidenziato alcuna presenza. Altro anno importante è il 1745 quando Gian Battista Tiepolo ne affresca alcune pareti (titolo dell'opera che vedete nella foto in alto L'arrivo di Enrico IV e il suo seguito). Oggi quei capolavori sono conservati al Jacquemart - Andrè un museo privato parigino (che li ha acquistati da uno degli ultimi proprietari che, ritrovatosi sostanzialmente in bolletta, ha ben pensato di strapparli dalle pareti e venderli al miglior offerente) che detiene anche i leoni (detti in realtà marzocchi) originali. La villa ha due "punti deboli". Il primo è, secondo me, l'orribile colore con cui la Soprintendenza ha imposto di dipingere le pareti del salone al primo piano (ma si sa ubi maior, minor cessat). Il secondo, invece, è una struttura a pareti mobili collocata nel sottotetto (originale) e creata per ragioni di sicurezza (ah! gli architetti...). Fra le stanze, la più bella è quella che troverete alla vostra sinistra appena salite le scale dal lato Riviera Silvio Trentin e comunemente detta degli specchi (in occasione del restauro sono stati trasferiti nella sala consiliare e nell'ufficio del sindaco da dove, spero già la prossima settimana, torneranno alla loro sede originaria) e che invece io (che al solito dissento su tutto) preferisco chiamare degli stucchi (che sono in oro). Questa stanza, nel giro di qualche mese, sarà sede municipale per la celebrazione dei matrimoni civili (e dunque ci si metta in lista d'attesa, please, tutti voi che state aspettando con ansia questo giorno) e quando tutto sarà a regime potremo offrire un "pacchetto completo" con la caffetteria per il buffet ed il parco per le fotografie (abbiamo già una prenotazione...). Nel piano rialzato sono presenti due impressionanti (non solo per le dimensioni ma anche per la loro carica espressiva) tele di Vittorio Basaglia, pittore contemporaneo famosissimo di cui la critica ignora queste opere (altre tele le potete ammirare sempre nella sala consiliare). Come detto sono stato spesso nella Villa. E talvolta gli operai mi hanno guardato straniti perché...le parlavo! Già: sono convinto, infatti, che in un certo senso (son matto lo so) dovesse essere proprio la villa a suggerire cosa farne di quegli spazi. Certo: le idee non mancano e spesso sono nate dal confronto con concittadini particolarmente sensibili al tema della villa. Alcune presto realizzate: tutto il seminterrato diventerà, infatti, la via d'accesso principale al Teatro; in una sala ricaveremo una caffetteria aperta tutti i giorni; in un'altra ricaveremo il foyer ed il book shop. Poi ci sono altre due stanze: nella prima sarà allestita una sala riunioni mentre nella seconda, raccogliendo il suggerimento di una persona, nascerà il primo nucleo del museo archeologico di Mira legato agli scavi dell'Abbazia di Sant'Ilario (a proposito: a dicembre cominceremo la campagna vera e propria). Il piano rialzato è un perfetto spazio espositivo per mostre anche internazionali. Dicevo che il primo proprietario "importante" della villa (corredata da un brolo di cui oramai non c'é più traccia) era un collezionista. Abbiamo pensato di ripartire da lui con un progetto assolutamente unico in tutta Europa: ospitare un Centro Internazionale di Documentazione sul collezionismo privato. Corredato da un comitato scientifico di alto livello, il centro non solo dovrà favorire gli studi sulla pittura veneta dal 1500 ai giorni nostri ma permettere di stringere rapporti coi più importanti collezionisti nazionali e stranieri, disposti a prestare le proprie opere su cui costruire, ogni anno, almeno 2 importanti mostre. E le altre stanze? Sono convinto che quando ci si confronta con simili edifici, sia fondamentale non incorrere nella frenesia del "riempire subito e tutto a tutti i costi". Ci sono però due progetti che mi paiono molto interessanti. Il primo a valenza turistica come giustamente mi è stato fatto notare da una nostra concittadina particolarmente attenta: creare una sorta di laboratorio permanente di costumi veneziani con, annesso, una delle più importanti collezioni (il cui proprietario sarebbe ben felice di onorarla in simile cornice) di abiti originali veneziani del 1600 e 1700. La seconda è un mio antico sogno, quello di creare una specie di Ecole des arts dove i giovani che hanno il sogno o l'utopia di fare dell'arte una professione possano imparare di teatro, danza, musica.


Sono solo alcune idee, sia chiaro. Ne avremo molte altre il secondo week end di ottobre quando inaugureremo la Villa e, con essa, festeggeremo in maniera incredibile anche il ventennale del nostro Teatro.



Che la forza sia con voi....
La canzone mi pare davvero appropriata...


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martedì 1 luglio 2008

MITA KUYE OYASIN

Sono, di natura, una persona "irrequieta", con una paura folle di annoiarsi e con una vivace curiosità intellettuale specialmente verso le cose che non conosco (e sono tante). Chi mi conosce sa di questa mia curiosità. E dunque cerca, spesso, di propormi nuovi stimoli (adesso basta con le autoincensazioni; Luca Goldoni nel suo Sempre meglio che lavorare, dissacrante pamphlet dedicato al giornalismo, ricorda quel che era solito dire un vecchio direttore de Il Corriere ai giovani assunti: "non dovete mai usare il pronome io; solo quando andrete sulla Luna ve lo concederò"). Così ieri pomeriggio dopo lunga insistenza da parte dell'amico Mario, del gruppo Forma & colore, ho incontrato Domenico Buffarini. Domenico è personaggio assolutamente singolare: nasce ad Albano Laziale nel '39, di laurea dapprima in Giurisprudenza e poi in Filosofia (scelta non causale dal momento che la giurisprudenza si fonda sulla filosofia del diritto). Uomo profondamente e autenticamente di sinistra, Domenico vive in Veneto dove per molti anni è stato membro del Co.Re.Co (il Comitato Regionale di controllo: un organismo, attivo fino a non molti anni fa, che doveva valutare la regolarità tecnica e contabile e la legittimità degli atti deliberativi degli enti locali; compito oggi assolto sostanzialmente dai dirigenti). Egli ha una passione profonda per i nativi d'America, vale a dire per gli indiani (attenzione a non chiamarli pellerossa che è termine assolutamente dispregiativo): sioux, dakota, apache. Passione coltivata con lunghi soggiorni e permanenze presso queste nazioni e che lo ha portato a scrivere diverse opere sull'argomento. Da un paio d'anni è impegnato in un'opera monumentale che ha intitolato Il sentiero delle lacrime: una storia completa degli Indiani, in 6 volumi. Edita da Edizioni Biblioteca dell'Immagine (la stessa di Mauro Corona), di questa storia sono usciti 2 volumi: il primo è pressoché introvabile (e, dunque, al solito vi consiglio una capatina in una libreria di remainders; a proposito: ringrazio l'amico Toni che mi segnala l'apertura, a Vicenza, di una fornitissima libreria di remainders: penso che presto andrò a darci una occhiata poiché sto cercando un'edizione del '48 de Les fleurs du mal di Baudelaire), mentre il secondo è uscito da poco più di un anno. Domenico presenterà questa sua fatica letteraria, ad ottobre, ad Oriago in occasione della pubblicazione del 3° volume. Confesso di non sapere nulla dei nativi d'America. E dunque mi sono immerso nella lettura dei libri di Domenico e ne ho ricavato una straordinaria impressione: gli indiani davvero vivono in piena e perfetta armonia col mondo e con la natura; hanno regole di vita molto precise; un ordine sociale frutto della pacifica e secolare convivenza. Leggete cosa disse un Cherokee ad un missionario gesuita
Io non credo che la mia gente e la gente bianca siano molto diversi. Sia tra noi che tra di voi vi sono uomini buoni e uomini malvagi. Ma, forse, una differenza c'é. Gli uomini malvagi tra di noi vengono isolati e messi in condizione di non nuocere. Da voi comandano.
La prefazione a questa monumentale opera è una chicca assoluta poiché è stata "regalata" a Domenico nientepopodimeno che da Lance Henson , poeta cheyenne vincitore di un premio Pullitzer. In essa Lance scrive: Nella lingua del mio popolo non esiste un termine per dire "amico". Noi abbiamo solo fratelli e sorelle. Domenico Buffarini è mio fratello. Io non so a quanti di voi sia concesso l'onore di essere chiamati non amico ma fratello (a me sì, ma questa è un'altra storia).
Il titolo del post è tratto da una canzone sioux e significa Tutte le creature sono parenti/tutti gli uomini sono fratelli.
Che la forza sia con voi...

La citazione di questo nostro stupendo, splendido, divino e sublime amico fragile è la più appropriata....

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