lunedì 29 giugno 2009

SPERANZE



Buon lunedì....


1) L'ho già scritto e lo ripeto: vi sono programmi, film, documentari che meriterebbero di essere diffusi nelle scuole di tutta Italia e non mandati in onda, dalla televisione pubblica a tarda ora. Ieri sera, ad esempio, Rai 3 ha trasmesso Guido che sfidò le Brigate Rosse, film del 2007 (e mai visto nelle sale cinematografiche da cui la durissima presa di posizione del regista, Giuseppe Ferrara, che si appellò anche al presidente Napolitano) che racconta la vita di Guido Rossa (nel film interpretato d auno straordinario Massimo Ghini), bellunese trapiantato a Genova, alpinista e operaio metalmeccanico, sindacalista e assassinato (il 24 gennaio del 1979) dalla colonna ligure delle Brigate Rosse perché reo di aver denunciato un collega di lavoro (condannato poi a poco più di 4 anni e suicidatosi in carcere) che distribuiva volantini ineggianti ai terroristi.


E' un film - denuncia di straordinario impatto emotivo, costruito su documenti dell'epoca. Semplicemente emozionante la ricostruzione di cosa avvenne dopo l'omicidio: uno sicopero generale con Enrico Berlinguer (allora segretario del PCI) che denunciò il clima di solitudine in cui Rossa si trovò dopo la denuncia. E la scenba dell'arrivo dell'allora Presidente della Repubblica, sandro Pertini, alla camera ardente, il gesto di posare sul petto di Rossa la medaglia al valor civile, la carezza sul volto ricomposto del sindacalista. Alla fine del film, prima dei titoli di coda, poche frasi che dopo aver ricordato le 491 vittime del terrorismo rosso sostiene che "il terrorismo è stato il responsabile della virata a destra del nostro Paese": frase su cui vale la pena riflettere. E molto.






2) Ma bisogna riflettere anche su questo: Rita Clementi ha 47 anni, 3 figli, ed è una delle scienziate scientifiche italiane più importanti in virtù delle sue ricerche in campo oncologico. Ha scritto al Presidente della Repubblica (lettera pubblicata oggi da Il Corriere) per comunicargli l'intenzione/decisione di andarsene da questo Paese che la costringe ad essere, ancora, precaria:
Caro presidente Napolitano, chi le scrive è una non più giovane ricercatrice precaria che ha deciso di andarsene dal suo Paese portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito al­la loro madre. Vado via con rab­bia, con la sensazione che la mia abnegazione e la mia dedi­zione non siano servite a nulla. Vado via con l’intento di chie­dere la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarmi, rinuncian­do ad essere italiana.
Signor presidente, la ricerca in questo Paese è ammalata. La cronaca parla chiaro, ma oltre alla cronaca ci sono tantissime realtà che non vengono denun­ciate per paura di ritorsione perché, spesso, chi fa ricerca da precario, se denuncia è auto­maticamente espulso dal «siste­ma » indipendentemente dai ri­sultati ottenuti. Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottie­ne, poiché in Italia la benevo­lenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro. Chi fa ricer­ca da precario deve fare i conti con il rinnovo della borsa o del contratto che gli consentirà di mantenersi senza pesare sulla propria famiglia. Non può per­mettersi ricorsi costosi e che molto spesso finiscono nel nul­la. E poi, perché dovrebbe adi­re le vie legali se docenti dichia­rati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver con­dotto concorsi universitari vio­lando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continua­to a essere eletti (dai loro colle­ghi!) commissari in nuovi con­corsi?
Io, laureata nel 1990 in Medi­cina e Chirurgia all’Università di Pavia, con due specialità, in Pediatria e in Genetica medica, conseguite nella medesima Uni­versità, nel 2004 ho avuto l’onore di pubblicare con pri­mo nome un articolo sul New England Journal of Medicine i risultati della mia scoperta e cioè che alcune forme di linfo­ma maligno possono avere un’origine genetica e che è dun­que possibile ereditare dai geni­tori la predisposizione a svilup­pare questa forma tumorale. Ta­le scoperta è stata fatta oggetto di brevetto poi lasciato decade­re non essendo stato ritenuto abbastanza interessante dalle istituzioni presso cui lavoravo. Di contro, illustri gruppi di ri­cerca stranieri hanno conferma­to la mia tesi che è diventata ora parte integrante dei loro progetti: ma, si sa, nemo profe­ta in Patria.
Ottenere questi risultati mi è costato impegno e sacrifici: mettevo i bambini a dormire e di notte tornavo in laboratorio, non c’erano sabati o domeni­che...
Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pen­sionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, con­tratti di consulenza... Come ul­timo un contratto a progetto presso l’Istituto di Genetica me­dica dell’Università di Pavia, fi­nanziato dal Policlinico San Matteo di Pavia.
Sia chiaro: nessuno mi impo­neva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dal­la forte motivazione di aiutare chi era ammalato. Nel febbraio 2005 mi sono vista costretta a interrompere la ricerca: mi era stato detto che non avrei avuto un futuro. Ho interrotto una ri­cerca che molti hanno giudica­to promettente, e che avrebbe potuto aggiungere una tessera al puzzle che in tutto il mondo si sta cercando di completare e che potrebbe aiutarci a sconfig­gere il cancro.
Desidero evidenziare pro­prio questo: il sistema antimeri­tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta­re a crescere; per questo moti­vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han­no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca.
È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostu­me non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con­seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Universi­tà e gli enti di ricerca come feu­do privato e che così facendo distruggono la ricerca.Con molta amarezza, signor presidente, la saluto.
Rita Clementi
3) E' da molto che non parlo delle mie letture. Lo faccio oggi con una lettura "leggera". Si tratta dell'ultimo romanzo di Giorgio Faletti, Io sono Dio (Baldini Castoldi Dalai). Ho amato moltissimo la sua opera prima (Io uccido, 4 milioni di copie vendute), meno la seconda (Fuori da un evidente destino). Ma ora credo che davvero Faletti abbia raggiunto la sua masisma maturità espressiva: scrittura veloce alternata a momenti più riflessivi, una trama costruita su continui flashback che, poco a poco, disvelano l'ossatura della vicenda, personaggi che irrompono sulla scena con pochissime descrizioni perché costruiti man mano che le pagine si accavallano. Insomma: un gran bel romanzo.
Che la forza sia con voi!



Etichette: , ,

mercoledì 24 giugno 2009

FUTURO

Quando nacque si disse che il PD sarebbe stato il partito in grado di dialogare con gli imprenditori e gli operai. Due anni dopo capiamo (non che ne avessimo bisogno....) che gli imprenditori criticano il governo ma continuano a votare centrodestra e che gli operai quando va bene non vanno a votare oppure, se va male, votano Lega. Buffo per un partito che si proponeva come leader di una coalizione il cui obiettivo era di assicurare governabilità a questo bel paese. Abbiamo voluto il partito delle primarie: Prodi (consacrato da esse) si dimette 9 mesi dopo essere divenuto Presidente del Consiglio; Veltroni (consacrato da esse) si dimette dopo la sconfitta elettorale sarda.
Abbiamo voluto prima il partito leggero, senza tessere. Poi abbiamo cambiato idea.
Ci siamo smarronati gli zebedei litigando su dove diavolo collocarci in Europa (e per fortuna ci siamo andati) e ci impaltaniamo, grazie ai teodem, sul caso di Luana Englaro.
Arriva Gheddafi in Italia e manco su questo ci si mette d'accordo senza finire sui giornali.
Guardando alle provinciali veneziane ci accorgiamo che quel che era il fiore all'occhiello del PD (la bravura degli amministratori locali) comincia ad appassirsi: siam sotto a Fiesso, a Martellago, a Marcon.
E' stato detto che "non siamo radicati nel territorio": cosa significa? Io credo che questo sia il fallimento dell' (attuale) disegno politico di questo partito. Significa che non siamo più in grado di confrontarci tra noi, con i nostri elettori e con tutti gli elettori. Significa che non siamo in grado di capire che questo nostro modello industriale ha bisogno di risposte immediate e concrete e autorevoli nel contempo. Che gli operai non sono più collettività ma che, vittime di questo modello industriale e di scellerate scelte sindacali, sono entroflessi, sono - cioè - vittime di un individualismo che non collettivizza più. Significa che non siamo più capaci di fare campagna elettorale, di intercettare i bisogni della gente e darne risposta. Significa che abbiamo creato una classe dirigente autoreferenziale che "scende in campo" soltanto per difendere le loro rendite di posizione, le loro nomine, le loro candidature. Ma quando, invece, occorre "sporcarsi le mani" (vedevo facce stupite quando qualcuno si accorgeva che stavo facendo lo speakeraggio: perché non avrei dovuto farlo?) non ci sono, in tutt'altre faccende affacendate. Quando venerdi scorso abbiamo accompagnato Davide Zoggia in giro per il territorio, formando un corteo d'auto, mi ha molto impressionato vedere - fra noi e a bordo della sua auto - la senatrice Donaggio: ecco, a me pare, che questo sia il modo giusto con cui si deve lavorare nel proprio collegio.
Mi risulta che a Porto Marghera non ci sia un circolo del Partito Democratico: c'era stato (l'amico Massimo) chi ne aveva proposto la costituzione e, puntualmente, c'è stato chi lo ha impedito.
E ora che fare? Condivido totalmente ciò che Andrea Causin propone nel suo blog (buon viaggio Fullio e salutaci il Ciad):
(...) il Partito Democratico non può e non deve diventare l’orizzonte unico e il fine dell’azione politica. Il Partito Democratico semmai deve essere un luogo, uno strumento e un contesto in cui matura il confronto, la condivisione e dove le persone possono trarre ispirazione e strumento per un’azione politica rivolta al contesto territoriale e sociale dove sono chiamate ad esercitare un impegno.
(...) il Partito Democratico, soprattutto nel contesto del Nord Est, deve diventare soggetto innovatore negli stili e nei contenuti.
La capacità di innovazione negli strumenti di comunicazione (newsletter, siti, blog, facebook,….) deve essere coniugata con un metodo che consenta di essere tra la gente. La comunicazione virtuale è necessaria per velocizzare il flusso di informazioni e per ridurne il costo tuttavia non sostituisce la relazione personale che rimane il cuore dell’azione politica, sia di chi amministra che di chi si impegna sul versante del Partito.
Ma è necessario anche uscire dai riti e dalle sedi di partito. Bisogna ritornare ad abitare i luoghi dove la gente vive. Gli ambienti di lavoro e del tempo libero.Bisogna imparare a dire cose importanti in tempi brevi, anche nelle assemblee. Bisogna intervenire dicendo cose importanti in 5 minuti e non intervenire quando non si ha nulla da dire.Bisogna cominciare a capire che il mondo, le sensazioni e le valutazioni politiche non sono solo riferibili al contesto del partito, ma c’è una complessità di ambienti che vanno frequentati, conosciuti.Bisogna tornare a costruire un sistema di relazioni, anche di amicizia, con le persone che operano nell’impresa, nella cooperazione, nella pubblica amministrazione, nelle organizzazioni sindacali, con i cittadini più in generale.Amicizia e fiducia nel rispetto della reciproca autonomia.
Sul piano dei contenuti ci sono delle sfide che non possono attendere, rispetto alle quali il Partito Democratico deve porsi con una proposta culturale prima che politica.
Anche in questo caso ne cito alcune con l’intento di iniziare ad aprire un dibattito.
Il “bene essere” del Nord Est va difeso.Va difeso il lavoro, va difesa la qualità della vita, vanno difesi i servizi sociali e sanitari.Va difesa la libertà delle persone, intesa – come afferma Amartya Senn – come la possibilità che ciascuno dovrebbe avere di poter avere una vita buona per se e per le persone che gli sono care. Ciò si può realizzare solo se il contesto economico è trainante e dinamico. Ecco perché è necessario definire al più presto la strategia di rilancio dell’economia Italiana e in modo particolare di quel pezzo di Paese, che è il nostro, che produce il 10% della ricchezza.Il ripensamento di Veneto Sviluppo S.p.a. in direzione di un maggiore sostegno al sistema d’impresa, in modo particolare quelle innovative, il disegno strategico sulle nuove vocazioni industriali e di servizi dell’area industriale di Porto Marghera e degli insediamenti industriali delle altre province del Nord Est, il trasferimento dei saperi dalle università ai luoghi dove si produce, una pubblica amministrazione più snella e più efficace capace di creare contesti favorevoli agli investitori e agli investimenti. Se l’economia va bene, c’è lavoro, c’è buon lavoro.Se l’economia va bene la ricchezza può essere distribuita, soprattutto sotto forma di servizi.
Il Nord Est, soprattutto in un periodo di crisi chiede che sia ristabilito un principio di equità.La gestione del sistema socio – sanitario e la gestione dei servizi essenziali e pubblici alla persona è costretta da una visione economicistica.I bisogni aumentano, anche perché la popolazione anziana cresce e in relazione ad essa la domanda di sanità e di servizi, ma i soldi a disposizione diminuiscono.Ciò accade in particolare perché alcune zone del Paese hanno speso e spendono in eccesso.Al Sud e al Centro si spende e si spande, con un governo leghista che ripiana a piè di lista. Da noi si stringe la cinghia, anche se i nostri enti sono sempre stati virtuosi.Le risorse fiscali devono essere gestite in modo equo.
Infine, anche se sono consapevole di avere lasciato fuori molti temi, la sicurezza.Intesa come la possibilità di avere un buon lavoro intorno a cui costruire la propria vita e il sistema delle proprie relazioni.Intesa come la possibilità di contare su un buon sistema socio sanitario, dove sia garantito l’accesso gratuito e veloce alla diagnostica e dove sia garantita libertà di scelta nella cura, in un sistema di offerta di grande qualitàIntesa come la possibilità di garantire ai propri figli l’accesso ai saperi. Una buona scuola, una buona università, un sistema di formazione professionale efficace collegato all’impresa.Intesa come la possibilità di poter abitare serenamente le nostre comunità e le nostre case.In riferimento a quest’ultimo aspetto è necessario distinguere. Distinguere gli oltre 380.000 lavoratori stranieri che da anni risiedono regolarmente, con un permesso di soggiorno, una residenza e un contratto di lavoro nelle nostre comunità, e coloro che cercano avventura, e spesso in assenza di un tetto e un lavoro scelgono di delinquere.Con i primi si può scommettere su un processo di integrazione, che parte dal rispetto della cultura del luogo che accoglie, ma che inevitabilmente ci porterà a costruire la società veneta del futuro.Gli altri, com’è previsto ovunque, dal diritto internazionale, devono essere individuati e rimpatriati nei paesi d’origine.
Il futuro del Paese è legato al futuro del Partito Democratico, unica alternativa possibile alla destra che governa con la politica dell’odio e della paura.E il Partito Democratico se non accetterà la sfida di comprendere una delle parti del Paese più popolate ed economicamente dinamiche, rischia di non avere futuro.
Non è solo una questione romana.Chiediamoci davvero quanto tempo eoccasioni abbiamo perso.E abbiamo caramente pagato perdendo di volta in volta consensi e amministrazioni locali. Conflittualità sui “posti”, scelte di candidati fatte all’ultimo minuto, primarie che hanno spesso certificato l’incapacità dei gruppi dirigenti di assumere una decisione.
(...) 4 semplici azioni.
1. definire rapidamente una piattaforma culturale e politica per il Veneto
2. anticipare le scelte di definizione della guida del partito regionale che consentano di uscire dalla provvisorietà
3. definire con le primarie il candidato/a alle prossime elezioni regionali svolgendo le primarie in 7 settimane (1 per provincia), secondo il modello americano, in ciascuna provincia assegnando dei voti ponderati al numero di elettori del PD. Sulla base di programmi.
4. affidare alla nuova segreteria e al candidato l definizione del quadro delle alleanze di coalizione
Mi pare ci sia tutto.
Che la forza sia con voi!


Etichette:

martedì 23 giugno 2009

A CASA PER FAVORE!!!!!

Scusate lo sfogo. Le riflessioni quelle, domani.....
Abbiamo corso. Tanto. Ci siamo dannati l'anima per vincere e con - vincere. Che avevamo il candidato giusto. Che avevamo il programma elettorale giusto. Che avevamo le risorse umane giuste. Ci abbiamo provato con tutte le nostre forze: strappando tempo agli affetti, agli impegni, al tempo libero. Con una campagna elettorale che da tempo non si vedeva: andando nei mercati, facendo il porta a porta o lo speakeraggio col furgone del mitico Graziano. E ancora prima per le elezioni al Consiglio Provinciale. E ancora prima per sceglierle queste candidature. Che sono state perfette. Certo: recuperare 30.000 voti di scarto era difficile. Ma ci speravamo. Alla fine ne abbiamo recuperato 19.000: pochi, purtroppo. Sarà la leghista Francesca Zaccariotto, sindaco di San Donà, a guidare la Provincia di Venezia per i prossimi 5 anni. E non raccontiamoci balle: è stata sconfitta. Brutale, secca. Di quelle che bruciano e fanno male. Poi, il giorno dopo scorri il giornale e non puoi non pensare che, ad esempio, Walter Veltroni si è dimesso da coordinatore nazionale del PD dopo la sconfitta sarda. E che Massimo D'Alema (uno sul cui stile istituzionale niuno può dire nulla) si dimise da Presidente del Consiglio dopo che il centrosinistra (non lui che, se non erro, nemmeno si impegnò direttamente nella campagna elettorale) aveva perduto, malamente, le elezioni regionali. E tu pensi. Pensi che la sconfitta elettorale ha un nome (anzi, due): Veneto Orientale e Chioggia. C'è poco da fare: potrai anche sputare sangue dal muro, contenderti ogni singolo - maledetto - voto ma se dall'altra parte di Venezia, la Zaccariotto è avanti di 13/15/17/23 punti percentuali, puoi mica pensare che bastino i voti di "Mira la rossa" o di Venezia per vincere? E più pensi, più ti incazzi. Ma ti incazzi proprio tanto. Innanzitutto perché, oggi, sui giornali leggi tutte le dichiarazioni possibili e immaginabili ma non l'unica che ti saresti aspettato: dimissioni. Poi perché vai a guardarti la "geografia" di questo Partito Democratico e ti accorgi che i suoi massimi esponenti istituzionali dove vivono? Dove lavorano? Dove hanno (o dovrebbero avere) il loro collegio? Guarda un pò: nel Veneto Orientale. Giusto per fare un esempio. E mentre Mira dà 12 punti percentuali di distacco alla Zaccariotto, a Jesolo ne becchiamo 15, a Gruaro 37, a Fossalta di Piave quasi 20.
Dichiara (a Il Corriere del Veneto) Laura Fincato: Domandiamoci meglio cosa è successo sui territori, sul Veneto orientale, per esempio, che in questi anno ha espresso politici di rilievo, consiglieri, parlamentari (...) e sono andati tutti male. Non faccio processi a nessuno, non è questo, ma un gruppo dirigente, io compresa, deve assumersi le responabilità.
Ed invece l'unico ad essersele prese è anche l'unico che, oggettivamente, ne ha davvero poche: Davide Zoggia. Gli altri? Chiusi nella loro stanzetta com'erano ieri sera nella sede provinciale del PD. Tanto c'è Mira....

Co ce vò, ce vò....







Che la forza sia con noi (che di voi......)

Etichette:

lunedì 22 giugno 2009

RIVOLUZIONE

Oramai poche ore ci separano dal conoscere se gli sforzi compiuti in questi ultimi 15 giorni di campagna elettorale han sortito il loro auspicato effetto. E però - nonostante tutto - non ci si può dimenticare che, prima di tutto, siamo cittadini del mondo. E il mondo oggi guarda (o dovrebbe guardare) a quel che sta accadendo a Teheran e ad una rivolta che progressivamente si sta reprimendo nel sangue e nella violenza....






Certo: Mousavi, probabilmente, non rappresenta la soluzione definitiva alla sete di democrazia del Medio Oriente ma Ahmadinejad è quanto di peggio possa esserci. Al punto che persino Ali Larijani, presidente conservatore del parlamento iraniano ha invitato ad "ascoltare che ha dubbi sulla legittimità del voto".

Che la forza sia con tutti coloro che lottano per la libertà! Hasta la victoria siempre!




Etichette: ,

giovedì 18 giugno 2009

ELECDTION DAY2



L'amico Antonino Stinà ha inviato una mail con l'appello al voto non solo in favore di Davide Zoggia ma anche per il ai quesiti referendari. L'ho trovata chiara ed efficace e, dunque, ve la propongo:




Domenica e lunedì siamo chiamati a scegliere il presidente della Provincia.
Siamo al ballottaggio: chi vota esprimendo la sua preferenza sceglie il suo futuro presidente; chi non vota, annulla la scheda o la lascia in bianco, delega la scelta ad altri.
Credo che l’essenza della democrazia sia la possibilità di scegliere in prima persona.
Per questo domenica e lunedì, andiamo a votare e scriviamo ZOGGIA, tutti gli altri devono sapere che facendo altrimenti favoriranno l’altra candidata.

Al referendum chi vuole cambiare l’attuale legge elettorale vota 3 volte SI.
Chi invita l’astensione si iscrive al partito di coloro che intendono affossare uno strumento importante di partecipazione democratica.
Chi vota NO, legittimamente, invita il Parlamento a mantenere il Porcellum.

ZOGGIA
SI SI SI




E dal blog di Davide Zoggia, un commento del nostro Presidente (a proposito: mi auguro - lo dico senza polemica alcuna - di leggere nel prossimo numero del settimanale diocesano Gente Veneta una presa di posizione ferma e dura nei confronti di quell'insulso volantino distribuito - nei giorni scorsi - davanti ad alcune chiese della nostra Diocesi):

Alla candidata Leghista non bastano i volantini infamanti distribuiti davanti alle Chiese, adesso scartabella anche i documenti della Provincia in cerca di chissà quali misteri.Il bilancio della Presidenza, come quello di qualsiasi altro settore e di qualsiasi altro ente pubblico, è destinato ad essere incrementato in corso d’anno soprattutto per colpa del Governo che impedisce di stanziare tutte le risorse necessarie ad inizio anno.La cifra finale è costituita da una voce consistente che riguarda del personale messo in capo alla Presidenza e che effettivamente svolge il proprio lavoro in altri settori: se non li avessimo tenuti in questo modo saremmo stati costretti, dai tagli del Governo, a lasciare a casa penalizzando non soltanto quei lavoratori, ma mortificando anche essenziali servizi che vengono dati ai nostri cittadini.Un’altra fetta assolutamente molto importante è quella dei contributi.La Lega ed il PDL in maniera becera dicono che ho fatto un convegno; in realtà ho sostenuto importanti progetti umanitari ed ho dato contributi importanti ad associazioni di volontariato che svolgono un ruolo essenziale per le nostre comunità, un ruolo che spesso gli enti locali, strangolati dai vincoli di un Governo miope, faticano a svolgere.A tre giorni dalle elezioni la malafede e la paura fanno brutti scherzi. Del resto non pretendo che la candidata della Lega abbia il tempo di leggersi il bilancio della Provincia e da lei queste cose me le aspetto considerato lo stile dimostrato in questi mesi. Nello specifico, però, la invito a rileggersi le tabelle di bilancio del comune che lei amministra ed in particolar modo le chiederei di soffermarsi alla voce fiori ed a quelle sedie ed arredi per amministratori.
Davide





Che la forza sia con voi!

Etichette:

mercoledì 17 giugno 2009

ELECTION DAY

Da Il Corriere della Sera:
Arizona: niente ballottaggio, diviene consigliere chi sceglie la carta più alta
Due candidati alla pari alle elezioni per il consiglio comunale di Cave Creek. Il re vince sul 6 di cuori

Il giudice Preston mescola le carte tra McGuire (a sinistra) e Trenk (dal New York Times)
MILANO - Il giudice George Preston, in toga nera nel pieno delle sue funzioni, sceglie uno dei mazzi di carte deposti in un cappello da cowboy. Toglie i jolly e mescola il mazzo sei volte. Poi invita due giocatori a scegliere una carta. Thomas McGuire pesca il 6 di cuori, ma Adam Trenk alza il re di cuori e diventa consigliere comunale di Cave Creek.

RICONTEGGIO - La scena non si è svolta in un casinò di Las Vegas e nemmeno in un fumoso saloon del West, ma nel municipio di Cave Creek, cittadina di circa 5 mila abitanti alle porte di Phoenix, capitale dello Stato dell'Arizona. La sfida alla carta più alta si è resa necessaria in quanto McGuire, 64enne insegnante di scienze in pensione e già due volte membro del consiglio comunale, e Trenk, 25enne studente di legge, erano arrivati esattamente alla pari (660 voti ciascuno) alle elezioni supplettive per un seggio nel locale consiglio comunale composto da sette membri, come spiega il New York Times. Anche dopo il riconteggio delle schede, la parità non si era modificata. Quindi, secondo le leggi dell'Arizona, era necessario un sorteggio.

SORTEGGIO - Anche il sindaco, Vincent Francia, era d'accordo a non far svolgere un nuovo voto: troppo caro, e poi così c'è più divertimento. In effetti la legge dell'Arizona ammette due altri sistemi per il sorteggio di candidati alla pari: il primo è il lancio di una monetina. Il secondo è un duello alla pistola. Come si usava da quelle parti ai vecchi tempi.

Paolo Virtuani
17 giugno 2009



Sarà anche singolare, curioso...ma io preferisco il sistema tradizionale e allora......



Etichette:

martedì 16 giugno 2009

APPUNTI


1) Ci sono programmi televisivi che valgono più di pedanti manuali scolastici per la freschezza dei documenti, il montaggio, i contenuti. Ma, al solito, sono mandati in onda spesso a tarda sera. Come la puntata che ieri, su Rai3, La Storia siamo noi (condotta da Paolo Mieli) ha dedicato ad un confronto tra due fra i presidenti più importanti degli Stati Uniti d'America: il mio amato John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon, suo avversario alle elezioni del 1960 e vicepresidente per lungo tempo di "Ike" Eisenhower. La nomea di Nixon quale presidente del Watergate ha indubbiamente oscurato le sue capacità politiche valorizzate da un Segretario di Stato, Henry Kissinger, cui si deve la geniale idea di avviare il processo di distensione USA - URSS coinvolgendo per prima la Cina di Mao. e che porterà, il 26 maggio 1972, Nixon e Breznev a firmare il Salt 1, l'accordo che limita l'uso e la proliferazione delle armi strategiche. Dal giudizio finale di Mieli emerge un più alto spessore politico di Nixon rispetto a JFK. Personalmente, però, non ne sono convinto. E' vero il giovane Kennedy, da Presidente, commise diversi errori, su tutti la vicenda della Baia dei porci col tentativo di promuovere una insurrezione armata contro Castro. Ma dalla sua ha il fascino del politico che lancia sfide al futuro, che sa coinvolgere gli elettori in un viaggio mirabile e affascinante, quello verso la Nuova frontiera che accompagnerà gli Stati Uniti d'America lungo tutti gli anni '60 (JFK viene assassinato nel '63) e che oggi, in molti, rivedono incarnata in Obama.

2) Comincia davvero male la stagione estiva sulle amate Dolomiti (che spero presto poter tornare a salire): la 4^ vittima in 10 giorni. E stavolta, davvero, si è trattata di una maledetta fatalità. E però mai bisogna dimenticare che la montagna è "viva", si muove, si scuote e, di fronte ad essa, occorre misurarsi con l'umiltà di chi sa vivere un "abbandono controllato" al destino.
Che la forza sia con voi...E ANDATE A VOTARE (Zoggia, c'est vrai) MI RACCOMANDO!



Etichette:

THE PRESIDENT



Etichette:

lunedì 15 giugno 2009

TRA PALCO E REALTA'



Ieri sera a Borbiago, nel preziosissimo oratorio recentissimamente restaurato dai proprietari (Gabriella e Michele), si è svolto un concerto interamente dedicato alla canzone popolare georgiana. Concerto suggestivo, fascinoso là dove l'oggettiva "impossibilità" di comprenderne i testi veniva sublimata, annullata, dagli arrangiamenti, dalla musica nella consapevolezza che davvero oramai il problema non è tanto la multiculturalità ma la capacità di comprendere che la cultura unisce i popoli (ed è stato davvero suggestivo vedere una georgiana dirigere il piccolo coro impegnato in una canzone russa). Ne parlo perché, per uno di quei strani scherzi (atroci in questo caso) del destino, giusto ieri è morto Ivan Della Mea, anarchico poeta della canzone popolare che è (anche) canzone di protesta, di denuncia e allora quel concerto è stato un modo per ricordarlo:





O cara mogle stasera ti prego dì a mio figlio che vada a dormire/


perché le cose che ho da dire/


non son cose che deve sentir/


Proprio stamane là sul lavoro/


con il sorriso del caposezione/


mi è arrivata la liquidazione/


m'han licenziato senza pietà


e la ragione è perché ho scioperato




(Cara moglie, Ivan Della Mea)




E dunque, al solito...addio maestro e ti sia lieve la terra.

Tra palco e realtà titolo questo post .....

Da Il Corriere della Sera di oggi:

L’ex vicepremier: nel nostro programma più slancio all’integrazione

«No al Pd con i socialisti a Strasburgo Lanciamo noi il Gruppo Europeista»

Rutelli: voterò contro la scelta del segretario. Andarmene se nulla cambia? Vedremo



Domani lei, Francesco Rutelli, parteciperà al «caminetto» dei di­rigenti «storici» del Partito demo­cratico.
«Discuteremo l’accordo siglato a Bruxelles da Franceschini: il Pd en­tra nel gruppo socialista europeo, che non si chiamerà più Pse, ma Al­leanza tra socialisti e democratici, Asde. Mercoledì è prevista la ratifi­ca a Bruxelles e il 26 giugno in Dire­zione ».
Perché dirà no?
«La scelta simbolica di far entrare il Pd nella casa socialista in Europa è un errore capitale».
La maggioranza degli elettori non si scalda per questo.
«La collocazione in Europa di per sé non ha un’importanza fondamen­tale. Il problema è la scelta politica: significa buttare a mare tutta la novi­tà e la singolarità del Pd».
Che sarebbe?
«Una scommessa decisiva e diffi­cile: di fronte alla crisi delle sinistre creare un nuovo riformismo popola­re, cogliere il meglio delle tradizioni antiche (socialista, cattolico-demo­cratica, liberale), interpretare i nuo­vi filoni dell’ecologia e dei diritti ci­vili senza farne nuovi fondamentali­smi ».
Tutto ciò è in contraddizione con il Pse?
«I socialisti sono i più in crisi a li­vello internazionale. Non solo per i pessimi risultati elettorali, ma per­ché, di fronte ai successi conservato­ri, puntano in prevalenza su una confusa critica dell’economia di mercato. Inoltre, mostrano una cer­ta 'eurofiacchezza'».
Allora, cosa propone?
«La creazione di un Gruppo Euro­peista, contraltare di quello conser­vatore anti-europeo. Con un rappor­to privilegiato con i socialisti».
E quale programma?
«Nuovo slancio all’integrazione europea, che per l’Italia è un interes­se primario. Ed economia sociale di mercato».
Più in dettaglio?
«Massiccio investimento su ricer­ca, tecnologie, infrastrutture; nuove regole per uscire dalla crisi economi­ca, come quelle indicate da Mario Monti; leadership su ambiente e cambiamenti climatici; creazione di una Comunità europea dell’energia; avvio dell’esercito europeo; nessun accordo con i conservatori per la rie­lezione di Barroso e per la presiden­za del Parlamento».
Non restereste troppo isolati?
«Forza Italia quando entrò nel Parlamento europeo fece gruppo da sola. An non ha avuto 'casa' per 15 anni. Il Pd, partito nuovo, può entra­re in Europa anche con un gruppo piccolo e coerente. Per costruire un ponte tra socialisti, liberali, cattolici e verdi riformisti».
Ma questo non può proprio avve­nire nel nuovo gruppo socialista, l’Asde?
«In pochi mesi nel linguaggio co­mune saremo chiamati 'i socialde­mocratici', e gli eletti ex Margherita saranno assorbiti tra i socialisti. Di­venterebbe impossibile rifiutare in Italia la semplificazione: 'Pd uguale sinistra'».
Se il «caminetto» approva l’Asde, lei che farà?
«Vedremo. Confido che non sarò solo, domani».
Ma se andrà come vuole France­schini, sarà possibile anche l’usci­ta dal Pd?
«Io conduco la mia battaglia den­tro al partito. Certo, se il Pd si conno­ta a sinistra si chiude ogni strada di crescita».
Arriverà presto anche il congres­so.
«La candidatura di Bersani, e l’ap­poggio di Enrico Letta con l’intervi­sta al Corriere, ha aperto in anticipo la corsa».
Ci sono altri candidati in lista d’attesa. Alcuni hanno lavorato al suo fianco: Realacci, Paola Binet­ti...
«Realacci mi pare abbia posto giu­stamente la questione del profilo 'verde'. Sui nomi capiremo tutto en­tro fine luglio».
Ci sarà anche il segretario Fran­ceschini?
«Non faccio previsioni su que­sto ».
Ogni tanto lei riparla di Marghe­rita. Non c’è stata la fusione nel nuovo partito?
«La fusione c’è stata e non si tor­na indietro. Guai però a disperdere un patrimonio. Negli ultimi 6-7 an­ni, in Europa, ho collaborato con li­berali, moderati ed europeisti che hanno rifiutato l’accordo con le de­stre e con Berlusconi. Franceschini purtroppo non ha incontrato Wat­son, Bayrou, Verhofstadt e neppure Cohn-Bendit. Vogliamo gettare via tutto il lavoro, l’esperienza del Parti­to Democratico Europeo?».
Franceschini dovrebbe essere sensibile a questi temi.
«Dico solo che una parte del Pd — ex Ds — ha lavorato per lasciare in campo una sola opzione: l’accor­do con i socialisti. E chi ha guidato il partito per quasi due anni, assorbi­to da altre grane, non ha fatto nulla per presentare in Europa e nel mon­do la peculiarità del Pd».
Gli ex Margherita a Bruxelles hanno approvato l’accordo siglato da Franceschini.
«Per evitare la rottura. Ripeto: io sono per un Gruppo Europeista ba­sato sui 21 nuovi deputati europei del Pd».
D’Alema ieri ha parlato di scos­se possibili in Italia...
«Le uniche scosse che vedo ri­guardano l’economia. Non vedo, purtroppo, scosse politiche. Punti di crisi del centrodestra, Lega al Nord e Lombardo in Sicilia, rappre­sentano — per ora — crisi di abbon­danza ».

Che la forza sia con voi!




Etichette: ,

giovedì 11 giugno 2009









La fulminea ascesa di miss Frangetta





Beppe Severgnini


Prima il ruvido Soru, il lepido Letta, l'americano Martina, l'ammaliante Madìa, la morbida Mosca, lo scattante Scalfarotto, il rapido Renzi. La speranza del secolo per la settimana in corso, nel Partito Democratico, si chiama Debora Serracchiani. Trentotto anni, vive in Friuli. Gioca a tennis, tifa Roma, ama "Law and order", ha due cani e tre gatti, indossa collane colorate. Bene: e poi?Nulla contro Miss Frangetta, che ha fatto il botto alle Europee e, contrapposta a Lady Brambilla, ha brillato a "Ballarò" (meno difficile, diciamolo). Ma l'ansia con cui il Pd lancia i suoi campioni è pari alla fretta con cui li abbandona. Un buon risultato elettorale, una candidatura, qualche uscita TV: di solito basta, per sparare in alto un nome nuovo. Intanto, giù a terra, i marpioni aspettano: cadrà, e noi ci sposteremo per non farci male.La scelta della dirigenza sembra casuale. Le selezioni di X Factor sono più serie. Qualcuno dirà: è una strategia per evitare la cooptazione, dal caos uscirà il nome del futuro. Se così fosse, perché tutto quel lavorìo, quelle discussioni, quelle assemblee costituenti, quei ci-vedremo-a-Vedrò. Ora c'è "il gruppo del Lingotto". Buona fortuna, ma occhio: Torino, a Veltroni, non ha portato bene.Mario Ajello sul "Messaggero" parla di "neopolitica". Termine impeccabile: i nei, sulla politica italiana, non mancano. L'uso emotivo delle nuove leve è tra questi. Perché gli americani insistono con le primarie (vere)? Perché sono un modo di provare un candidato. Idee, carattere, tenuta psicofisica. Obama non è uscito per caso. Viene da anni di tentativi, ragionamenti, esperimenti (www.rockthevote.com), lavoro porta a porta. L'unico "Porta a porta" che appassiona i dirigenti del Pd va in onda su Rai Uno in seconda serata.In attesa di un congresso - alleluia! - qualche dubbio è lecito. I leader democratici sembrano i cavallini meccanici che gareggiano nelle fiere di paese: vanno in testa a turno, e non si capisce perché. Veltroni ha condotto una coraggiosa campagna elettorale, Franceschini s'è rivelato un vice sorprendente. Ma nessuno è riuscito a emozionare gli elettori.Dario Di Vico, sul "Corriere", mostra d'aver capito perché la Lega funziona ("Fabbriche e gazebo: la Lega modello Pci"). Perché c'è, discute, semplifica, festeggia, ha una struttura chiara (un generale, quattro colonnelli, seguono ufficiali, sottufficiali e truppa). Dà spesso risposte rozze a problemi delicati: ma almeno le dà. Facebook è importante: ma anche guardarsi in faccia serve. Ecco perché la Lega sopravviverà a Bossi, mentre c'è da domandarsi se il Pdl abbia un futuro dopo Berlusconi. E il Pd? Per sopravvivere dovrebbe prima vivere: siamo in attesa.






Che la forza sia con voi!








Etichette: