mercoledì 30 dicembre 2009

BUONA GLOBALIZZAZIONE


Quando, all'inizio del XIX secolo,, Napoleone decise di imprimere una svolta decisamente dittatoriale al suo potere, per prima cosa vietò la vendita dei quotidiani (nella sola Parigi se ne pubblicavano oltre 50): segno che già allora si percepiva l'importanza della comunicazione.

Molto più di recente la loggia massonica P2 nel suo "Piano di rinascita" scriveva: Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l'impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nominativamente. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi, per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell'altro. L'azione dovrà essere condotta a macchia d'olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l'ambiente. Ai giornalisti acquisti dovrà essere affidato il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici come sopra prescelti in entrambe le ipotesi alternative 1c e 1d.In un secondo tempo occorrerà:a) acquisire alcuni settimanali di battaglia;b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata;c) coordinare molte TV via cavo con l'agenzia per la stampa locale;d) dissolvere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art. 21 Costit. (devo questa "scoperta" a Come mi batte forte il tuo cuore, il bellissimo libro - edito da Einaudi - che Benedetta Tobagi ha scritto per ricordare il padre, Walter, trucidato nel 1980 dalle Brigate Rosse e che mi ha fatto compagnia nell'ultimo week end).

Anche ora in Iran migliaia di uomini e donne stanno lottando (e morendo) per la libertà. Si scagliano contro un moloch che si rifiuta di capire che la Storia è inesorabile nel suo corso. Inutile stringere cordoni sanitari di silenzio: i social network, oggi, permettono a chiunque di entrare in contatto con l'universo mondo, di raccontarsi e raccontare, di conoscersi e conoscere: è ormai impensabile anche solo immaginare che le giovani generazioni non si contaminino tra loro all'insegna della libertà. Ciò che sta accadendo in quel Paese, dalla storia così radicalmente fondamentale per la cultura, lo conosciamo anche grazie a questi nuovi mezzi di informazione. I giovani di quel Paese hanno imparato il bene prezioso della libertà e della democrazia parlando, attraverso Internet, coi loro coetanei sparsi nel mondo. Lo stesso accade in Cina. Lo stesso è accaduto in altri Paesi. Anche questa è globalizzazione. Ma buona globalizzazione.

Che la forza sia con voi!

Etichette:

lunedì 28 dicembre 2009

VERITA

Si chiamano Pierluigi di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Alberto De Nadai, Andrea Bellavite, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Luigi Fontanot e Albino Bizzotto. Spesso sono stati liquidati con l'epiteto di "preti di frontiera" per via di qualche (forse anche qualcosa di più di qualche...) idea non propriamente vicina alla posizione "ufficiale" della Chiesa. Nei giorni scorsi hanno sottoscritto e diffuso una lettera - appello.

Mi limito a proporvela....

Il dio in cui non crediamo

Non crediamo in un Dio lontano, giudice freddo delle debolezze umane, indifferente ai drammi e alle speranze della storia.

Non crediamo in un Dio che giustifica l’esaltazione della proprietà privata, del capitalismo, dell’accumulo del denaro e dei beni.
Non crediamo in un Dio che suggerisce, alimenta e conferma l’i nimicizia fra persone e popoli; che quindi legittima la costruzione e la vendita delle armi, le guerre, le ronde, il reato di immigrazione irregolare, i vigili urbani armati, il potere salvifico delle telecamere.
Non crediamo in un Dio onnipotente quando con questo concetto si vuole intendere il più potente dei potenti di questo mondo; che si trova alla sommità delle gerarchie e dell’autoritarismo, che esige onori e privilegi e così conferma autoritarismi, onori e privilegi, da parte delle autorità della società, della politica, delle diverse religioni, della Chiesa.
Non crediamo in un Dio che umilia, che castiga, che alimenta i ricatti e i sensi di colpa delle persone.
Non crediamo in un Dio che si incontra solo o di preferenza nelle Chiese, nelle verità dogmatiche, nei simboli religiosi.
Non crediamo nel Dio delle grandi occasioni religiose, come il Natale, quando sono concepite come ingrediente del materialismo, del consumismo, della superficialità, di una religione che non coinvolge nella storia.
Non crediamo in un Dio bianco, occidentale, friulano – giuliano, neppure “cristiano” quando la sua presenza è pretesa per fondare e legittimare le discriminazioni; la xenofobia, il razzismo; per alimentare paure e sospetti; chiusure etniche, localistiche, identitarie; il culto di quella tradizione che trasforma la libertà evangelica in ossequio al conformismo.

Che la forza sia con voi!



Etichette:

lunedì 21 dicembre 2009

IN VERITAS

Dall'agenzia ASCA:

Anche nell'attuale clima ''esasperato'' della vita pubblica italiana, ''tra cattolici dovrebbe esserci uno stile diverso di rapporti'': a dirlo, parlando con i giornalisti a margine dell'undicesimo Congresso del Movimento Cristiano Lavoratori, e' mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Ivrea a presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro. ''Cominciamo da noi - e' l'esortazione del presule -. Chi si professa cattolico non puo' avere uno stile di rapporti esasperato, di maleducazione''. Allo stesso tempo, aggiunge il presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici italiani, ''c'e' un discorso che vale per tutti, cattolici e non cattolici'', ovvero la necessita' ''di occuparsi piu' degli altri e meno di noi, meno delle persone che stanno nelle istituzioni''. ''Partiamo davvero da chi e' piu' in difficolta' - dice mons. Miglio -, da chi e' piu' povero'', perche' ''il bene comune si misura anzitutto da questo''. ''Il clima esasperato, litigioso - conclude - non solo nuoce al bene comune ma nasce anche dalla dimenticanza del bene comune'' e la ''terapia'' e' quella di ''occuparsi di piu' del bene comune e cominciare a vedere le situazioni di maggiore poverta' e sofferenza''.
Che la forza sia con tutte le donne e gli uomini di buona volontà...


Etichette:

mercoledì 16 dicembre 2009

LIBERTA

Da Micromega (a sua volta tratto da Adista):

Sul testamento biologico le sensibilità all’interno del mondo cattolico sono molto più articolate e plurali di quanto la “non negoziabile” posizione dei vertici della Chiesa italiana possa far intendere. Lo ha testimoniato, fra le altre cose, l’appello sottoscritto da 41 preti in occasione della discussione in Senato della legge ora approdata alla Camera.In Germania è stata la stessa Chiesa cattolica a promuovere la compilazione di un testamento – le “Disposizioni del paziente cristiano” già sottoscritte da 3 milioni di fedeli – che con l’entrata in vigore della nuova legge, lo scorso 1 settembre, assume a tutti gli effetti valore legale.D’altra parte, nonostante il sistema mediatico-politico tenda a dare voce solo alle posizioni del papa e dei vertici della Cei, tra i cristiani italiani non ci sono solo i cattolici. E le posizioni delle altre Chiese presenti in Italia non sempre coincidono con quelle della Chiesa di Roma, anche sulle problematiche più direttamente connesse al dibattito politico contingente.È il caso ad esempio delle questioni del “fine-vita”. Lo scorso 21 febbraio a Piazza Farnese a Roma, alla manifestazione contro il disegno di legge Calabrò che il Senato stava approvando in quei giorni, c’era anche Daniele Garrone, decano della Facoltà valdese di teologia. “Sono qui per oppormi con voi all’eutanasia attiva perpetrata nei confronti della già comatosa laicità del nostro Paese”, aveva dichiarato Garrone dal palco. “Sono qui per reagire contro il tentativo di ridurre la Repubblica ad una provincia papalina. Sono qui come credente” che vive “questa battaglia di libertà e di umanità a testa alta, davanti a Dio, nella libertà che mi ha donato e nella responsabilità a cui mi ha chiamato, fidandomi di Lui. Tutto quello che dico, nessuna parola esclusa, in questo ‘comizio’, lo vivo e lo dico anche in preghiera, nella riconoscenza per tutto ciò che mi è stato donato, con la volontà, però, di non idolatrare la mia vita; e nella speranza che ‘ciò che è mortale sia assorbito dalla vita’ [2Cor 5,4]”.Già nel 2007 il Sinodo della Chiesa Valdese aveva approvato un ordine del giorno in cui si affermava che “la cura del malato, in ogni suo aspetto, deve sempre presupporre il suo consenso”. Nessuno, “neppure i parenti”, dovrebbe essere dunque “abilitato a esprimere la volontà del paziente in vece sua”. “È principio di civiltà”, si leggeva ancora nell’ordine del giorno, “dare voce, attraverso una legge, alle scelte della persona compiute con coscienza e volontà e in previsione di una futura incapacità nell’esprimere validamente il suo pensiero”.Ora la Chiesa valdese di Milano ha deciso di conferire ancor più concretezza a questa presa di posizione organizzando un registro delle “Direttive anticipate per i trattamenti sanitari”. L’iniziativa, la prima in Italia promossa da una Chiesa, è aperta a tutti i cittadini. “Ci saranno un notaio”, ha spiegato il pastore valdese di Milano Giuseppe Platone, “i testimoni necessari, tutte le formule per rendere giuridicamente valido un atto privato. E chi vorrà potrà, finalmente, lasciare le proprie indicazioni sulle cure che vuole o non vuole gli siano praticate nel caso in cui, un giorno, non potesse esprimere la sua volontà”.Alla conferenza stampa di presentazione, svoltasi a Milano lo scorso 2 dicembre, è intervenuto anche Beppino Englaro: “È un’idea apprezzabile - ha affermato - soprattutto perché proviene da cristiani laici che si sono coraggiosamente impegnati per una battaglia per la libertà e i diritti fondamentali delle persone. Spero che questa iniziativa sia di stimolo alle autorità pubbliche per fare in modo che la futura legge sul testamento biologico sia davvero costituzionale”.Il formulario del “testamento valdese” prevede la possibilità di rifiutare alimentazione e idratazione artificiali, proprio ciò che sarebbe impedito nel caso in cui la legge già licenziata dal Senato fosse approvata senza emendamenti anche dalla Camera dei deputati. Il modulo si conclude con una parte concernente le “Disposizioni dopo la morte”, dove è possibile indicare se si desidera o meno “un funerale religioso secondo la confessione di fede” professata dall’autore del testamento.
Che la forza sia con voi!

Etichette:

martedì 15 dicembre 2009

SENZA PAROLE

Dal Tgcom:
E' di almeno sei bambini morti il bilancio dell'esplosione di una mina in un villaggio della regione del Galgadud, Somalia centrale. Le vittime, quattro maschi e due femmine, fratelli tra loro, stavano giocando, quando uno di loro è inciampato sull'ordigno. Il bilancio non è definitivo. Lo rende noto in sito online somalo Galgaud.
"Sei bambini di una famiglia di nomadi sono stati uccisi in un'esplosione causata da una vecchia mina che risale alla guerra tra l'Etiopia e la Somalia", ha indicato un responsabile amministrativo della zona, Hassan Barre. "E' una tragedia, tutto il villaggio è colpito. La famiglia ha perso tutti i suoi bambini", ha commentato un notabile locale, Mohamed Adan Sugule.
Non solo vittime tra i bambini in Somalia. Ancora una mina, ma questa volta è un attentato, ha ucciso quattro soldati ferendone nove a Bosasso, importante porto e principale città del Puntland, regione semiautonoma del nord est della Somalia. L'ordigno era stato posto lungo la strada, informa il sito Shabelle, ed è stato fatto esplodere al passaggio di un veicolo militare.





Che la forza sia con voi!

Etichette:

giovedì 10 dicembre 2009

NATALE

Sarà l'incipiente clima natalizio o chessò ma effettivamente gli ultimi post riguardano sempre temi "religiosi"...anche questo!
Forse per la prima volta in vita mia, ho acquistato un libro grazie alla....pubblicità. Nella fattispecie grazie ad un messaggio pubblicitario comparso, la scorsa settimana, in fondo a destra della prima pagina de Il Corriere (e, dunque, complimenti ai pubblicitari...).
Mi ha incuriosito il titolo Dov'è colui che è nato come chiedono i Magi ad Erode. Ed essenzialmente questo è stato l'unico motivo che mi ha convinto a spendere i 12 euro per acquistarlo. Appena ho iniziato a leggerlo, me ne sono profondamente appassionato: l'autore parla del Natale autentico, vero di cui ormai non abbiamo più memoria.
Già...l'autore. Si chiama Paolo Curtaz e fin da subito ho provato una grande invidia giacché vive in Val d'Aosta e da casa sua vede, ogni mattina, il Gran Paradiso (e scusate se è poco). Ho poi fatto una rapida ricerca in rete. Questi sono i risultati:
1) cura un interessantissimo sito (www.tiraccontolaparola.it) che ogni giorno viene visitato da migliaia di persone;
2) ha scritto molti altri libri tutti editi dalla casa editrice San Paolo (che non è propriamente casa editrice di sinistra);
3) è un ex prete dal momento che tre anni fa ha avuto un figlio ed ora, dopo un anno di riflessione, il Vescovo di Aosta gli ha chiesto di ridursi (non so se la terminologia sia corretta) allo stato laicale.
Ne parlo (velocemente) essenzialmente per due motivi:
A) Dov'è colui che è nato è davvero un gran bel libro: dirompente, scandaloso, inquietante, provocatorio;
B) Il fatto che un ex prete - padre possa tranquillamente pubblicare (e presentare e promuovere) i suoi libri grazie ad una casa editrice che è emanazione diretta di un ordine religioso (quello per l'appunto dei paolini che editano anche Famiglia Cristiana)...beh, a me sembra una gran apertura, no?

Che la forza sia con voi

mercoledì 9 dicembre 2009

ECCLESIA

Non conosco Dionigi Tettamanzi, l'Arcivescovo di Milano successore di Carlo Maria Martini. L'ho ascoltato un paio di volte ed ho letto alcune cose da lui scritte. Beh...francamente definirlo cattocomunista mi pare davvero troppo. C'è un Ministro della Repubblica che sul Cardinale di Milano ha le idee chiare: ultimo baluardo del cattocomunismo (La Repubblica); anche Tettamanzi fa parte dell'opposizione (Affariitaliani.it); Tettamanzi con il suo territorio non c'entra proprio nulla. Sarebbe come mettere un prete mafioso in Sicilia (Apcom). Cosa ha scatenato simili reprimende? In occasione della Festa di Sant'Ambrogio, il Cardinale ha pronunciato un discorso alla città (il testo integrale in http://static.repubblica.it/milano/tettamanzi.pdf ) in cui questo "sovversivo" (mi perdoni Eminenza) dice cose rivoluzionarie come guardare agli immigrati non solo come individui, più o meno bisognosi, o come categorie oggetto di giudizi negativi inappellabili, ma innanzitutto come persone e dunque portatori di diritti e di doveri. E ancora: ... dialogare con gli immigrati significa entrare in contatto con la loro cultura (...) perché essi a loro volta conoscano la nostra cultura.
Non c'è che dire: come minimo un discorso marxista! Che poi queste critiche pesantissime (cui - e per chi mastica un poco di gerachie vaticane, non è poco - ha subito risposto, ad esempio, il Segretario di Stato Bertone) siano rivolte da un Ministro che appartiene a quel movimento che è diventato paladino del Crocefisso.... ma mi faccia il piacere direbbe Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis Di Bisanzio Gagliardi in arte Totò.
Ho conosciuto (ai tempi dell'Azione Cattolica) invece Dino Boffo, l'ex direttore di quell'altra testata sovversiva che si chiama Avvenire. Boffo si è dimesso perché Il Giornale diretto da Vittorio Feltri ha pubblicato la notizia di una sentenza (vado a memoria) per molestie (afferenti nientepopodimenoche al tema della omosessualità). Bene! Oggi Feltri scrive (la notizia è riportata da Il Corriere della Sera) che l'ex direttore non risulta implicato in vicende omosessuali, tanto meno si parla di omosessuale attenzionato. Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire». «Personalmente - spiega Feltri - non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziario che recava la condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali.
Non male vero?
Che la forza sia con voi (la forza perché a me gli zebedei cominciano un pochino a girare)!

Etichette:

QUARANT'ANNI DOPO....

Alle 16,37 del 12 dicembre 1969, all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura, a Piazza Fontana a Milano, scoppia una bomba: morirono 17 persone e 88 furono i feriti.
Gra i sopravvissuti Giacomo Ferrari, allora impiegato della banca ed oggi giornalista de Il Corriere. Questa la sua testimonianza:
«La caldaia... È scoppiata la caldaia». All’inizio nessu­no ha pensato a una bom­ba. Il botto era stato assor­dante. Nel piccolo ufficio nel quale lavora­vo, immediatamente a ridosso del salone dove era stato collocato l’ordigno, la pri­ma reazione fu di sorpresa. Poi, le urla dei feriti, l’arrivo delle ambulanze, il caos, il panico. Piazza Fontana, Milano, venerdì 12 dicembre 1969: un luogo e una data passati alla storia. Mi riesce difficile scri­vere in prima persona. Non mi piace. Que­sta è la prima volta che lo faccio. E non è una questione di forma: un giornalista do­vrebbe sempre stare fuori da ciò che rac­conta. Distaccato, mai «tifoso». Anche nel linguaggio.
Questa volta però è diverso. Questa volta l'invito a raccontare quel giorno sporco di sangue arriva a qua­rant’anni dalla strage che ha segnato la storia recente d’Italia. Data l’eccezionali­tà, ho superato ogni ritrosia. E il lettore mi perdonerà la lunga introduzione. Ne­cessaria però a spiegare che cosa ci faces­se un futuro giornalista del Corriere all’in­terno della banca, in piazza Fontana, nel giorno della bomba. Veniamo dunque a quel venerdì pome­riggio. Una giornata fredda e nebbiosa, ma anche vigilia di weekend e quindi in qualche modo gioiosa. Soprattutto per me che, oggi lo posso dire, vivevo l’allora condizione di impiegato bancario come una specie di incubo. Interrotto fortunata­mente dal fine settimana, due giorni in cui potevo tornare a occuparmi d’altro. Quello del bancario non era il mestiere dei miei sogni. Da giovane matricola di Scienze Politiche all’Università di Pavia (il «papiro», il lasciapassare per circolare in­disturbato nella cittadella universitaria, mi era stato rilasciato da Carlo Rossella, capo della goliardia, per due stecche di Marlboro) avevo incominciato a frequen­tare la redazione della Provincia Pavese. Un giorno, però, arrivò inattesa la de­nuncia di «abusivismo» (poi archiviata) da parte del sindacato dei giornalisti. Fu così che nel giro di un mese, grazie al fat­to di essere orfano di un bancario (mio pa­dre aveva diretto la piccola filiale di Riva­nazzano della Banca nazionale dell’agricol­tura) mi ritrovai dipendente della stessa banca. A Milano, sede di piazza Fontana.
Per mia fortuna non dovetti occuparmi di cambiali e assegni. Assegnato all’uffi­cio titoli, quell’esperienza mi tornò utile quando, anni dopo, riuscii a coronare il sogno di entrare in un giornale. Pratican­te a Il Mondo , poi a Torino alla Gazzetta del Popolo , due anni al Sole 24 ore , poi an­cora al Mondo e, dal 1986, al Corriere. Sempre a occuparmi di economia. Dunque, il pomeriggio del 12 dicembre 1969 sono al lavoro all’ufficio titoli. Tra una pratica e l’altra arriva l’ora della pau­sa caffè. Il mio dirimpettaio di scrivania, Mario Begnini, una successiva carriera in Banca Intesa, si sta sbracciando per invi­tarmi a chiudere in fretta una telefonata e andare con lui al distributore automatico. Che, rispetto alla nostra postazione, si tro­vava esattamente dall’altro lato del salo­ne. Era un’abitudine, una specie di rito che si ripeteva ogni giorno più o meno al­la stessa ora. Il colloquio telefonico, però, va per le lunghe. Più del previsto. Final­mente i saluti. Nello stesso istante in cui riaggancio la cornetta del telefono, il bot­to. Con i muri che tremano, i mobili che si spostano come quando c’è un terremoto. Una porta, poco utilizzata, in cima a una scala secondaria che conduce al caveau sotterraneo, si stacca insieme con gli stipi­ti e colpisce un collega, fortunatamente senza conseguenze. La vetrata che dà in piazza Fontana va in frantumi. Si pensa subito allo scoppio della calda­ia. Ma c’è anche chi avanza l’ipotesi della bomba. L’attiguo salone circolare, intan­to, sembra un campo di battaglia. Quel sa­lone ancora pieno di gente nonostante la chiusura degli sportelli, che avrei dovuto attraversare con il mio amico per il rito del caffè. La lunga telefonata, proprio co­me in un vecchio spot televisivo, mi ha salvato la vita.
Ricordo la sequenza degli eventi nei primi minuti dopo lo scoppio. Al di là del bancone, persone che si lamen­tano, corpi già senza vita, gli impiegati che cercano di offrire i primi soccorsi. Un collega pensa all’unica ragazza dell’uffi­cio, Franca, segretaria del direttore: vuole risparmiarle la vista di quello scempio, le copre il viso con la giacca mentre l’accom­pagna fuori. Su una scrivania, in mezzo al­le pratiche sparse e impolverate, vedo una scarpa. Scoprirò poco dopo con racca­priccio che conteneva un piede. I miei ricordi si fermano qui. Riconosco di avere avuto paura e di non essermi da­to da fare come altri colleghi nell’opera di soccorso dei feriti. Uscito all’esterno per scuotermi con un cognac al bar di via San­ta Tecla, vengo colto dal rimorso e cerco di rientrare. Troppo tardi. La Polizia e i pompieri avevano già transennato tutto.
A distanza di 40 anni ancora nulla si sa di chi siano stati i veri mandanti dell'attentato che avviò quella che in seguito sarà chiamata la strategia della tensione.
E però un buon punto di partenza sono due libri.
Il primo, La strage (edito da Feltrinelli), è scritto da Gianfranco Bettin e Maurizio Dianese: libro importante, accurato, ricchissimo di notizie (c'è anche una pagina che riguarda una nota villa di Mira che, secondo i due autori, svolge un ruolo non secondario).
Il secondo, Piombo rosso (edito da Baldini & Castoldi) , di Giorgio Galli: una accurata ricostruzione del terrorismo dalla sua nascita ai giorni nostri.
Questa è invece parte della dichiarazione resa dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano:
Mi chiedo se in altri paesi fatti come quelli vissuti in Italia tra la fine degli anni '60 e gli anni '80, quelli del terrorismo prima subdolo e poi ideologicamente dichiarato, si siano verificati. Credo si possa dire che molti paesi abbiano consolidato la loro democrazia passando attraverso drammi simili. Si puo' dire anche per gli Stati Uniti, dove c'e' stato l'assassinio del presidente e ancora non tutte le ombre su quel delitto sono state dissipate.
Ma nulla di tutto cio' puo' togliere a noi la drammaticita' della ferita inferta dal terrorismo, che ha lasciato interrogativi angosciosi e una lezione da seguire per evitare i fatti di cui voi conservate i segni della sofferenza
.
Che la forza sia con voi!

Etichette:

martedì 8 dicembre 2009

NATO ALLA VITA

Stammi bene e scopri te stesso.....

Dal sito: www.monasteromarango.it

Per la nostra comunità don Gigi è un amico della prima ora. Veniva spesso da noi, portando anche le comunità nelle quali ha esercitato il suo ministero. Siamo stati tra i primi ai quali ha confidato la sua malattia. È rimasto da noi due settimane, durante l’estate, dopo pesanti cicli di chemio all’ospedale di Aviano. Poi, alla fine di agosto, ci ha chiesto di essere accolto per un periodo più lungo. Sapevamo tutti che veniva per prepararsi all’ultimo combattimento, con la disarmante semplicità di un bambino che ama la vita, e con essa tutti i doni del Signore. Ci siamo sentiti partecipi di una grande grazia e resi testimoni di un evento di salvezza. Sì, nei tre mesi in cui Gigi è stato da noi, amico e fratello, è stata scritta una grande pagina di Vangelo. Gigi, operaio, prete e pastore in una comunità divenuta una sola cosa con lui, è giunto in mezzo a noi nella nudità di un povero, nudità che destabilizza tutte le nostre certezze e umilia tutte le nostre sicurezze. Da tempo non lavorava più. E anche il ministero pastorale, come comunemente lo si intende, era ormai quasi interamente dietro di lui: non poteva fare quasi più nulla, anche se, fino all’ultimo giorno, ha portato nella verità del suo cuore tutti quelli che il Signore gli aveva affidato. Non aveva con sé molti libri quando è venuto da noi. Non ha portato con sé nemmeno cose che, in qualche modo, lo rassicurassero che tutto era come prima e che niente, in fondo, poteva succedergli di irreparabile. Non ha portato cose, perché lui era un povero, anche nell’anima, e la sua vera ricchezza era invisibile agli occhi del mondo.

Gigi, nel tempo in cui è vissuto con noi, non aveva più ruolo. Per molti era, al più, un prete malato, con una vita ormai quasi tutta dietro di sé, forse anche sprecata, per via di quel suo essersi fatto operaio. La malattia l’ha reso inutile del tutto; pietra di scarto. In questa radicale inutilità, il Signore ha scritto con lui, e per mezzo di lui, una straordinaria pagina di vita e di Vangelo. Ed è questa la testimonianza che la nostra comunità ora gli rende.
Gigi era messo fuori ruolo – anche se ha voluto celebrare l’Eucarestia con la sua gente fino a domenica 18 novembre – ma la sua estrema indigenza, la sua progressiva precarietà, è diventata terreno fecondo che gli ha permesso di accogliere, con una straordinaria apertura del cuore, tutti coloro che, sempre più numerosi, venivano a trovarlo. Fino all’ultimo giorno. Sempre con un disarmante sorriso. Gigi ci ha dato testimonianza di una Chiesa di fratelli, fatta di volti, di storie che si incontrano e si accompagnano in una reciproca fedeltà, facendo spazio a tutti, trovando per tutti un posto e una parola. Come Gesù. Anche la sua scelta di prete operaio è stata la scelta, come Gesù a Nazareth, di essere in tutto “come loro”, come i più piccoli, in nome della pura fedeltà al Vangelo. Grazie, don Gigi, perché ci hai fatto percepire che una Chiesa così è possibile, che è ancora possibile vivere semplicemente dell’Evangelo, in una comunità universale di fratelli. Questa testimonianza ce l’hai data, in modo incredibile, il giorno solenne della celebrazione del sacramento dell’Unzione. Quel giorno tutta la Chiesa era riempita dal profumo e dalla tenerezza di Cristo. E non c’erano solo credenti a gioire di quel profumo soave.

La parola del Vangelo, soprattutto dei vangeli della Passione e della Risurrezione, sono stati il tuo viatico quotidiano in questi cento giorni trascorsi tra noi. La parola del Vangelo è stata per te una Parola che – come ripetevi – ti dava forza, anche umanamente. L’incontro era fissato ogni mattino, dopo colazione, e durava a lungo, culminando con l’Eucarestia, Parola fatta carne per noi, vita di Dio interamente donata all’uomo. Avevi sempre più bisogno di questo momento, che era il più importante della tua giornata, preceduto e accompagnato da lungo silenzio. Ci hai fatto capire che non ci sono altre parole più importanti: quella del Vangelo è la lingua madre, la lingua che impariamo sulle ginocchia della Chiesa. Tu hai vissuto, trasmesso e insegnato, solo la lingua del Vangelo. Una giovane adolescente ti ha scritto, solo pochi giorni fa: “Ci mancano le tue prediche interminabili, ma tutte piene di senso”. Ricordaci sempre, Gigi, che tutte le nostre parole, o sono eco della parola del Vangelo, o sono nulla. Sono un peccato di presunzione e offendono i poveri.

Carissimo Gigi, la tua spogliazione totale, ti ha rivestito interamente di Cristo. È assieme a te che abbiamo letto queste parole, piangendo di commozione per la potenza che esse esprimono: “Siamo convinti che Colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù, e ci porrà accanto a Lui insieme con voi”. E tu stesso, accogliendomi in uno degli ultimi giorni, mi hai sussurrato il testo di San Paolo: “Anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo…”, e io ho concluso per te la frase: “Quello interiore – cioè Cristo in noi – si rinnova di giorno in giorno”. Le tue ultime parole all’amico don Gianni sono state queste: “Siamo giunti alla fine, ma risorgeremo”. Questo è il tuo testamento, il tuo dono per tutti: il dono di una fede semplice e incrollabile.

Carissimo Gigi, ti accompagni in questo ultimo viaggio la corona del Rosario che stringi tra le mani, la preghiera di tutti i piccoli e dei poveri che hai amato, preghiera che ti ha sostenuto in questi mesi. La Bibbia, che ora sta sul tuo cuore come un peso dolce e leggero, aperta sul Magnificat, il canto dei servi del Signore e dei liberati dal giogo di ogni oppressione. La stola sacerdotale, posta ai tuoi piedi, come segno di un ministero fatto solo per lavare i piedi ai fratelli. Un quaderno di Esodo, messoti lì furtivamente da tuo nipote Davide, come testimonianza della tua intelligente ricerca e della tua apertura al dialogo con tutti. Il profumo di un fiore, piccolo e umile segno della vita che tu hai tanto amato. Ti accompagnerà l’amore dolcissimo e puro che la tua comunità di Passarella ti ha dato, e ti sta dando, come risposta all’amore di fratello e di padre che tu le hai mostrato con unicità di dono e di impegno.
E noi tutti, che ti siamo stati amici fin dall’inizio, quando negli anni della speranza del Concilio progettavamo e sognavamo una Chiesa fatta Vangelo, vogliamo solo dirti grazie per la tua trasparente e fedele testimonianza.

Spirito Santo, Padre dei poveri, vieni e scendi sull’intera nostra Chiesa diocesana come fuoco di una nuova Pentecoste.




Etichette:

lunedì 7 dicembre 2009

RIFLESSIONI

Dal sito http://www.angeloscola.it/ :

1) Incontro Patriarca/Amministratori










Incontro in Teatro:





Etichette: ,