Siamo tutti, in un modo o nell'altro, un volo interrotto. Precipitiamo dai nostri sogni, ma ciò che ci può distinguere e preservarci dall'inesorabilità del destino è la capacità di librarci ancora non verso ciò che siamo ma verso ciò che vorremmo essere.
(Dario Cresto - Dina)
lunedì 30 marzo 2009
DELLA POLITICA
Capita che, ancora oggi, qualcuno chieda ragione del mio impegno politico. Ed è domanda che spesso mi imbarazza poiché non ho risposte univoche, certe. E perché chi si impegna in politica ne vede e ne misura anche gli aspetti maggiormente negativi: le appartenenze, gli schematismi, le pregiudiziali, gli odii. Ieri ho reincontrato una coppia di amici. Amici veri, profondi che mi scelsero come testimone delle loro nozze, prima, e padrino del loro primo figlio, poi. Amici che mi fecero uno dei più bei regali della mia vita chiamando il loro primogenito come me. Ieri sera questo cucciolo d'uomo di nemmeno 2 anni ha preso sonno tra le mie braccia. E' stata una esperienza fortissima: pur non avendo figli, ho sempre pensato che se un bimbo si addormenta beatamente tra le braccia di un adulto è perché di quell'adulto si fida. Si abbandona sicuro perché sa che quell'adulto lo proteggerà. Ecco: io credo che l'impegno politico nasca proprio in favore di Davide jr. e di tutti i bimbi del mondo. Nasca con il preciso intento di considerare la politica come uno strumento per regalare ai bimbi di oggi (che saranno gli adulti di domani) un mondo migliore di quello in cui abbiamo vissuto noi. Sia chiaro: ognuno con le proprie capacità, i propri limiti, commettendo inevitabilmente errori. Ma questo è ciò che rende bella la Politica, il fatto di riconoscerla come qualcosa capace di pre-vedere il futuro e realizzarlo. Anche se nella politica vi sono aspetti deleteri che accetti, incazzandoti, indignandoti, cercando di cambiarli. Un pò come accade al campione di una squadra di calcio che, probabilmente, non ama il fuorigioco ma lo accetta. La possibilità che la politica ti dà è di andare in pace con la tua coscienza, consapevole di aver fatto di tutto perché Davide jr. dorma beatamente tra le tue braccia. E se di tanto in tanto, oppure spesso, cadiamo in fuorigioco pazienza: si batte la punizione e si riparte.
Vi chiedo qualche minuto di pazienza. Cliccate sopra questa immagine e osservate l'animazione. In modo particolare concentratevi su quella sigla che, ora, vedete in alto a destra: IH870. Tranquilli: non vi sto proponendo nulla di ipnotico. Vorrei solo ricordaste che quando quella sigla scomparirà dall'immagine, 81 persone (di cui 13 bambini) non ci saranno più.
In un'orario compreso tra le 20,58 e le 21,04 il DC9 dell'Itavia avente sigla IH870 precipita al largo di Ustica mentre i piloti si accingevano ad iniziare la procedura di atterraggio prevista per le 21,13 all'aereoporto di Palermo. Era il 27 giugno 1980. Da allora ad oggi nessuno ha stabilito con chiarezza il perché di quella tragedia. Nessuno. Persino un giudice stimatissimo e grande professionista come Rosario Priore ha visto bellamente sconfessata la sua ordinanza - sentenza laddove scrive:
"L'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti."
da una serie di sentenze che hanno assolto alcuni ufficiali dell'aviazione accusati di aver depistato le indagini.
Ne parlo perché ieri sono stati condannate 7 persone considerate colpevoli della caduta di un ATR72 dove morirono 16 persone. Questo incidente, sempre vicino a Palermo, avvenne nel 2005. E qui c'è da indignarsi. Possibile? Possibile che in questo caso ci han messo 4 anni a giungere alla sentenza mentre, a distanza di quasi 30 anni, ancora non sappiamo chi o cosa abbia provocato la morte di 81 persone?
E siccome sono convinto che la memoria sia fondamentale per un Paese che voglia dirsi davvero civile, eccoli i nomi di quelle 81 persone:
Cinzia Andres Luigi Andres Francesco Baiamonte Paola Bonati Alberto Bonfietti Alberto Bosco Maria Vincenza Calderone Giuseppe Cammarota Arnaldo Campanini Antonio Candia Antonella Cappellini Giovanni Cerami Maria Grazia Croce Francesca D'Alfonso Salvatore D'Alfonso Sebastiano D'Alfonso Michele Davì Giuseppe Calogero De Ciccio Secondo assistente di volo Rosa De Dominicis Elvira De Lisi Francesco Di Natale Antonella Diodato Giuseppe Diodato Vincenzo Diodato Giacomo Filippi Primo ufficiale Enzo Fontana Vito Fontana Carmela Fullone Rosario Fullone Vito Gallo Com.te Domenico Gatti Guelfo Gherardi Antonino Greco Martha Gruber Andrea Guarano Vincenzo Guardi Giacomo Guerino Graziella Guerra Rita Guzzo Giuseppe Lachina Gaetano La Rocca Paolo Licata Maria Rosaria Liotta Francesca Lupo Giovanna Lupo Giuseppe Manitta Claudio Marchese Daniela Marfisi Tiziana Marfisi Erica Mazzel Rita Mazzel Maria Assunta Mignani Annino Molteni Primo assistente di volo Paolo Morici Guglielmo Norritto Lorenzo Ongari Paola Papi Alessandra Parisi Carlo Parrinello Francesca Parrinello Anna Paola Pelliccioni Antonella Pinocchio Giovanni Pinocchio Gaetano Prestileo Andrea Reina Giulia Reina Costanzo Ronchini Marianna Siracusa Maria Elena Speciale Giuliana Superchi Antonio Torres Giulia Maria Concetta Tripiciano Pierpaolo Ugolini Daniela Valentini Giuseppe Valenza Massimo Venturi Marco Volanti Maria Volpe Alessandro Zanetti Emanuele Zanetti Nicola Zanetti
1) Scusa Dario. Sì, scusa. Le mie perplessità circa il post Veltroni non erano legate al nome (tanto più che io, essendo fra i tanti che lo votarono alle primarie, scelsi tu come suo vice) quanto alla modalità. Ne ho scritto, insieme all'amico e fratello Renato, in un editoriale pubblicato, con colpevole ritardo, da un giornale locale: io rimango convinto che occorresse andare a Congresso e non scegliere una reggenza a tempo. E però: fino ad ora non ne hai sbagliata una. Dal sostegno economico ai licenziati alle critiche sul nuovo piano edilizio all'allarme sulla crisi economica. Insomma: ho la sensazione che ci stai restituendo l'orgoglio della militanza. E scusate se è poco. E se è pur vero che non ti stanchi di ripetere che non ti candiderai alla carica di segretario nazionale (e come darti torto?) , permettimi di pensare che se a giugno questo nostro PD anziché il 22%....va beh, chi vivrà vedrà.
2) E' uscito il 2° numero di un nuovo mensile. Si intitola WIRED. Mi piace il sopratitolo della rivista: STORIE IDEE E PERSONE CHE CAMBIANO IL MONDO. Grafica curatissima, estremamente moderno nello stile e nei contenuti. Ok, completo il markettone: ci scrive mio fratello.
3) Siamo (noi del centrosinistra) sempre molto, ma molto sospettosi. Temiamo specialmente i complotti di cui, spesso, siamo i teorici. Temo (ecco, vedete? Ci son cascato pure io...) che questa nostra attitudine mentale nasconda scarsa convinzione sulle idee: suvvia se abbiamo (e le abbiamo) idee forti, proposte serie, di cosa abbiamo paura?Ed invece...Magari capita che uno si iscriva ad un gruppo in Fb e...apriti cielo. Ma io, ad esempio, sono amico pure di Ignazio La Russa! Perchè? Perchè siamo interisti. E allora....Allora voglio fare i complimenti a Gianfranco Fini per il suo intervento all'ultimo congresso di Alleanza Nazionale. Debbo dire che ho molta stima del Presidente della Camera dei Deputati e non solo perché condividiamo la stessa passione per le immersioni subacquee. Ieri ha parlato di immigrazione, di libertà di coscienza. Ha soprattutto affermato un principio che molto mi ha colpito: il partito è solo uno strumento, non un valore in sè.
4) Ci sono mail che mi piacciono. Sono quelle inaspettate, che non chiedono, non propongono, non interrogano. Mail non pettegole, non cerebrali. Una mi è arrivata alcune ore fa. A scriverla un amico che ho ritrovato da poco e scoperto sposato, con figli (che, ne sono sicuro, saranno orgogliosi di avere un papà come te, Nicola)..spero non ne abbia a male se ve la propongo:
Un punto di riferimento nuovo
IL TUO
Ogni tanto ci passeggio…Ma questa volta mi son distratto!
Quel tuo “ciao” a Suor Armanda…..mi ha emozionato.
Ciao suor...Dottrina (o Catechismo),quella di Voltago Agordino, quella di “bandiera” al campo sportivo
Esperienze vissute che tornano
“quel tempo un giorno lo farò mio” mi dissi contro
E oggi posso fermarmi, e osservare il tempo che passa…
Ti rubo questo :“la poesia è spesso l'unica forma di libertà che abbiamo da noi stessi. Solo questo so. E a me pare già tanto.”
Eh si, mi piace leggere o sentire alcune frasi perché poi sembrano mie…mi appartengono!
..vorrei che si sentissero piu’ parole, che gli sguardi che incrociamo per strada ci emozionassero di più..
bip:“ancora tu Ma non dovevamo vederci piu’ E come stai? Domanda inutile”
B i p .
Quando mettevo su il disco di battisti(e non solo), a casa mia, aprivo le finestre in modo che tutti potessero sentire……canticchiare… e via……………………..“Abbassare…. NUN TE REGGAE PIU’”(W RINO GAETANO)
Eh si, quei tempi….Questi tempi non li trovi più…...E continuo a passeggiare distratto.(W la colegiala) Cordialmente, ti saluto e… buona primavera!!
Ecco fatto, detto tutto. Tutto? Non proprio. Altre due cose velocissime.
La prima: in un paesino poco distante dal mio, c'è una rotonda. Complicata, difficile. Ci son stati degli incidenti. Ebbene: al centro ci han messo una statua di Giovanni Paolo II con la scritta Non abbiate paura...Mi spiace. Non voglio essere blasfemo ma, appena l'ho vista, mi sono scompisciato dalle risate.
La seconda: siamo sempre a +7. Ed il Milan? Ohibò..Milan chi?
Un amico me lo ha appena comunicato...ciao Armanda (Suor Armanda ma io non riuscivo a chiamarti così)...ora incontrerai colui che è stata la ragione della tua Vita....
Spesso ripeto sottovoce che si deve vivere di ricordi solo quando mi sono rimasti pochi giorni. Quello che e’ passato e’ come se non ci fosse mai stato. Il passato e’ un laccio che stringe la gola alla mia mente e toglie energie per affrontare il mio presente. Il passato e’ solo fumo di chi non ha vissuto. Quello che ho gia’ visto non conta piu’ niente. Il passato ed il futuro non sono realta’ ma solo effimere illusioni. Devo liberarmi del tempo e vivere il presente giacche’ non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante.
A volte la vità è davvero imprevedibile. Fatta di incontri casuali ma per ciò stessi magici, imperscrutabili, inaspettati. Capita così che, in un giorno di pioggia di tardo autunno, mentre cammino per le strade di Milano abbia potuto incontrare Alda Merini, colei che - personalmente - ritengo essere una delle più importanti voci poetiche che mai il nostro Paese abbia avuto. Qui potrete trovare il suo sito e la sua biografia. Che, in estrema sintesi, a me pare dica: nata nel 1931, già a 15 anni pubblica le sue prime poesie. Dal 1961 al 1972 viene ripetutamente internata in manicomio; esperienza questa ri-vissuta nel suo La terra santa del 1984. Nel 2002 viene insignita del titolo onorifico di commendatore al merito della Repubblica Italiana. Su di lei Roberto Vecchioni ha scritto una delle sue più belle canzoni, per l'appunto Canzone per Alda Merini. C'è una frase di Alda che a me richiama subito alla mente un sonetto di Baudelaire contenuto ne Fleurs du mal, ed intitolato L'albatros. Dice: Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita.
Ecco: francamente sarei imbarazzato nello scegliere chi, tra Zanzotto e Alda, meriti il Nobel. Però so che la parola del poeta è libera e che la poesia è spesso l'unica forma di libertà che abbiamo da noi stessi. Solo questo so. E a me pare già tanto.
Ho da troppo tempo, su questo spazio virtuale costruito di sguincio, trascurato uno dei miei più grandi amori, la poesia. Amo la poesia. Quella tecnicamente "classica" con le sue rime ordinate. Ma anche quella libera ove il ritmo viene creato da consonanze e assonanze, da liquide e fricative che solo a voce alta riesci a scorgere. Mi piace rincorrere ossimori, chiasmi, metafore. Mi piace la suggestione delle visioni che solo gli occhi di un poeta riescono a scorgere. E mi piacciono i poeti. Mi piace quel loro usare la poesia, violentare la parola per illuminare il mondo che ci circonda. E' appena uscito per i tipi di Garzanti un volumetto dal titolo assolutamente straordinario: In questo progresso scorsoio. E' il frutto di due anni di conversazioni che Marzio Breda (giornalista de Il Corriere) ha avuto con Andrea Zanzotto. Il titolo altro non è che la prima parte di un epigramma tipicamente zanzottiano: in questo progresso scorsoio/non so/ se vengo ingoiato/o se ingoio. Un progresso che scorre come acqua fra le dita. Un progresso che scorre senza lasciare traccia di sè o lasciando tracce talmente devastanti da distruggere ciò che ci circonda. Ad Andrea Zanzotto non han mai dato il Premio Nobel e questo, francamente, non me lo son mai spiegato (nemmeno lui a dir la verità...specialmente da quando il Nobel è andato a Dario Fo): la sua rimane, per certi versi, voce di uomo che grida nel deserto, voce di uomo che difende strenuamente l'idea di paesaggio non come nostalgico ritorno arcadico ma come elemento imprescindibile di una qualità della vita altra da ciò che oggi è. Una idea etica dell'ambiente come metafora dell'eticità della vita: il nostro “è un paese dominato da una volgarità fatua e rissosa, inserito senza troppa coerenza e convinzione tra un’Europa invecchiante e le esplosioni demografiche vicine. Come dire che siamo sospesi tra un mare di catarro e un mare di sperma…”.
E ancora: l'aspetto più urtante di come è cambiato il Veneto è proprio l'aggressione al paesaggio. Alla scomparsa del mondo agricolo ha corrisposto una proliferazione edilizia inconsulta e casuale che ha dato luogo a una specie di città-giardino con un'erosione anche fisica del territorio (...) Ora tutta questa bruttezza non può non creare devastazioni nell'ambito sociologico e psicologico.
Lefebvriani:"Martini è sovversivo" Fraternità San Pio X attacca cardinale
"Un teologo sovversivo, un Hans Kung che ha avuto successo nel seno della gerarchia ecclesiastica". Queste le dure parole usate dai lefebvriani della Fraternità di San Pio X contro il cardinale Carlo Maria Martini, in un editoriale dell'Abbe' Alain Lorans. Nel testo Martini è attaccato e accusato di voler minare l'ortodossia della Chiesa cattolica, con "teorie che hanno un buon seguito all'interno della Chiesa stessa". Spunto per l'attacco all'anziano card. Martini è il suo ultimo libro "Conversazioni notturne a Gerusalemme" nel quale, afferma la Fraternita' di San Pio X, "egli preconizza in effetti l'ordinazione di uomini sposati, l'accesso delle donne agli ordini che precedono il sacerdozio (in attesa di meglio!) l'accesso dei divorziati risposati all'eucaristia, l'appello ai diritti della coscienza individuale contro la disciplina dell'enciclica Humanae vitae". Il cardinale Martini, scrivono i lefebvriani, "è un Kung che ha avuto successo nel seno della gerarchia ecclesiastica. In realtà essi sono due ottuagenari contrari alla Chiesa che ha le promesse dell'eternita'!". Dunque la corrente ex scismatica scende in campo e, malgrado la revoca della scomunica ai suoi quattro vescovi da parte della Santa Sede, intende combattere ancora contro quelli che considera i suoi nemici di sempre.
E pensare che Benedetto XVI li ha pure riaccolti...mah!
Che la forza sia con noi (ché ne abbiamo davvero bisogno)
Staminali Usa, tolti limiti ricerca Obama: "Sì al finanziamento pubblico"
Il presidente americano Barack Obama ha rimosso, con un ordine esecutivo, i limiti al finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali che erano stati decisi nel 2001 da George W.Bush. "L'America guiderà il mondo verso le scoperte che questo tipo di ricerca potra' un giorno offrire", ha detto Obama. "Il nostro governo - ha precisato - non aprirà la porta all'uso della clonazione per la riproduzione umana". L'ordine esecutivo, peraltro atteso, dà 120 giorni al National Institute of Health (Nih, il cuore della ricerca scientifica americana), per mettere a punto le linee guida delle modalità con cui verranno distribuiti i finanziamenti federali. ''La completa potenzialità della ricerca sulle cellule staminali - ha detto Obama - resta sconosciuta, e non deve essere esagerata. Ma gli scienziati ritengono che queste piccole cellule possano avere il potenziale di aiutarci a capire, e possibilmente a curare, alcune delle più devastanti condizioni mediche e malattie''. Obama ha accusato l'amministrazione Bush di aver agito in modo ideologico sulla ricerca sulle staminali. Il governo precedente, ha affermato, ''ha imposto quella che io ritengo una falsa scelta tra solida scienza e valori morali''. Il presidente ha sottolineato di non poter ''promettere che troveremo i trattamenti e le cure che cerchiamo'', ma ha garantito che la sua amministrazione farà tutto il possibile per favorire la ricerca, agendo ''in modo attivo, responsabile, e con l'urgenza necessaria per recuperare il tempo perduto''. Obama ha aggiunto che il governo americano sosterrà anche le ''ricerche promettenti'' sulle cellule staminali adulte.
Cliccando sul link sottostante, potrete leggere il programma di un interessante convegno - segnalatomi dagli amici di Esodo - sul tema Laicità e fede. Il convegno si svolgerà martedi prossimo al Laurentianum (si trova dietro alla Chiesa di San Lorenzo a Mestre) e vedrà un dialogo tra Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, e Massimo Cacciari.
«Bruciai voti ma sulle tasse avevo ragione» Prodi: non sappiamo più creare una classe dirigente, una volta veniva da cellule e parrocchie
di Fabio Cavalera
«Tassazione? Questa parola così tanto demonizzata...». Romano Prodi se ne stava zitto da parecchio tempo. Dopo la debacle governativa il pensionamento politico e mai più un commento sul nuovo corso dell’Italia. Ma come poteva negarsi agli studenti e ai professori italiani della prestigiosa Oxford che, a quasi un anno di distanza dal suo addio a Palazzo Chigi, lo hanno voluto (mercoledì pomeriggio e tutto ieri) alla Taylor Institution per sentirlo ragionare, sì, di Europa e di Cina ma pure e in principal modo di Italia? Romano Prodi ha rotto il ghiaccio e, senza mai nominare Berlusconi o D’Alema, Fini o Veltroni, Bossi o Franceschini ha esposto il suo pensiero ed esternato il suo stato d’animo nei confronti di ex compagni di cordata e di eterni avversari. «Il nostro Paese ha diverse emergenze. Fra queste una è evidente: non sappiamo più selezionare una valida classe dirigente». Nostalgia del passato? No, semmai una constatazione: «Pensiamola come vogliamo però parrocchie e cellule erano una scuola di formazione severa, attenta, efficace. Oggi, quando ascolto un giovane che si presenta con la formula magica del votatemi perché sono estraneo a tutto rimango molto perplesso. E’ il vuoto». Lui, Romano Prodi non è più il leader del centro- sinistra ma sembra richiamare gli "eredi" alle battaglie storiche. Quella sul controllo del media e delle televisioni: «L’antitrust è la base della democrazia. Occorrono una disciplina e un controllo pubblico molto più forti sugli assetti proprietari. L’Italia è un’anomalia mondiale». La crisi economica offre al «professor Romano Prodi, economista prestato alla politica» (questa è la formula del secondo dibattito tenuto a Oxford), sul piatto d’argento, l’opportunità di sciogliere la lingua. Il sistema Italia è uscito un po’ meno ammaccato dal terremoto finanziario. Sia per ingenuo e sano provincialismo («Se andavate a Sassuolo a parlare di subprime vi prendevano a frustate») sia per lungimiranza delle banche che hanno evitato di concedere mutui senza adeguate coperture di garanzia. Ma i tempi sono comunque terribili e la via d’uscita è lontana. Qualcosa andrà pur fatto. «Per vent’anni la parola d’ordine è stata: lasciamo che il mercato si autoregolamenti. Chi non la pensava così era fuori dal giro degli economisti che contano. E ora? Ora che siamo al fallimento si tornerà a riflettere sul welfare e sulle tasse». Le svalutazioni delle monete nazionali non sono più una medicina somministrabile e allora si devono battere altre strade. Ritorna lo Stato. Con le tasse? «Dio solo sa quanti voti ho bruciato e quanti amici mi hanno voltato le spalle per avere sempre affrontato con coerenza un tema tanto delicato. L’abbiamo demonizzata, la tassazione, come se fosse un tabù o il male supremo. Adesso ne dobbiamo tornare a discutere. Un governo saggio non ha paura sia di mettere sul tavolo la lotta all’evasione sia di adottare intelligenti politiche di riequilibrio. L’equità fiscale è un collante necessario in un Paese serio. E da qui si passerà».
L’Italia è schiacciata dal debito causato dalle «follie degli anni Ottanta»: settanta miliardi di euro da pagare ogni dodici mesi per interessi. Se ne esce «o facendo le formichine per un decennio ma la politica rende difficile questa strategia oppure attraverso la tassazione. Con equità, ripeto, e con la penalizzazione di chi non paga». L’Italia ha molte diversità che vanno affrontate (il Mezzogiorno è una grande sfida che se non viene vinta ci lascerà indietro nei nuovi equilibri globali). Eppure, abbiamo le carte in regola per svolgere anche in ambito internazionale un ruolo importante di mediazione. «La strada maestra è l’Alleanza Atlantica ma appiattirsi su Washington o su Mosca è perdente. Abbiamo da dire molto nel Mediterraneo, nei Balcani, nell’Europa dell’Est. Dobbiamo cercare la nostra autonomia che ci dà autorevolezza. Il mondo non è più unipolare». Io, ha rivendicato Prodi, l’ho dimostrato ritirando le truppe dall’Irak. «E Bush quando mi incontrò al G8 a San Pietroburgo mi strinse la mano: mi sarei meravigliato se tu non lo avessi fatto, hai vinto le elezioni con questa mossa». Uno studente italiano di Oxford alla fine lo ha avvicinato: possiamo cambiare l’Italia? La ricetta di Prodi è questa: «Non ascoltate chi urla, la storia offrirà presto l’occasione».
Ho pensato a lungo se pubblicare o meno il testo integrale dell'intervento che Francesco Rutelli ha fatto al Congresso del Partito Radicale. Poi, sabato scorso, durante un bell'incontro a Marcon in cui, finalmente, abbiamo discusso di Politica, ho sentito una affermazione che mi ha colpito molto: "la laicità non è la separatezza tra le istituzioni democratiche e la gerarchia cattolica quanto piuttosto la separatezza tra le istituzioni democratiche e tutte le forme di totalitarismo". Oggi ripensando a quella frase, ho sciolto le riserve e ho deciso di pubblicarlo.
Da diversi anni non partecipo a un appuntamento come questo, del Partito radicale. E, per farlo, per accettare l’invito che ho ricevuto da Marco Pannella ho scelto forse il momento più difficile.Il momento in cui una campagna politica che voi avete condotto per molto tempo in solitudine – quella per l’eutanasia, e comunque per regolare le volontà dell’individuo nel tratto finale dell’esistenza – è diventata uno dei punti più rilevanti dell’agenda politica e legislativa.Non è la prima volta - e non sarà l’ultima, certamente – che questo si verifica: la capacità dei radicali di proporre, imporre (non di rado, disperdere) delle questioni inaspettate, eterodosse, anticipatrici, critiche, è una costante per quello che Pannella giustamente ricorda essere ormai il più antico tra i partiti politici italiani, fondato più di mezzo secolo fa nel cinema Cola di Rienzo a Roma.Non sono però venuto, oggi, a darvi ragione. In verità, più che per contraddirvi, sono venuto per portare le mie ragioni, le mie convinzioni, e alcuni argomenti. So che non sarà facile.Prima di questi argomenti vorrei affrontare qui quello che per alcuni è motivo di ostilità e avversione nei miei confronti. E, per molti tra loro, non in malafede, a mio avviso. Parlo dello scandalo di un ex-radicale; di Rutelli che è stato a 26 anni segretario nazionale del PR e che per un decennio è stato militante a tempo pieno di quel partito – prima che chiudesse i battenti come forza nazionale e invitasse noi militanti a scegliere un nuovo approdo nella politica italiana. Da allora sono passati altri vent’anni; e se poco ci si occupa, in generale, di vedere dove fossero allora importanti dirigenti politici (che erano comunisti, o fascisti, o anche estremisti) che oggi sono a destra o a sinistra, nel mio caso questo tuttora pesa, e rileva. Penso sia giusto. Perché non ho avuto passioni piccole allora, e non ne ho piccole oggi. Non vi parlerò del mio essere cristiano. Perché è il mio essere cristiano, e non appartiene ad altri, anche se certo non è da nascondere nell’agorà, nella comunità. Vorrei parlarvi della distanza delle motivazioni e dei giudizi, delle differenze nelle scelte, in questi vent’anni. Chi c’era allora, nel partito radicale del 1979 o dell’82, ricorda qual è stata la battaglia cui noi dedicammo le più grandi energie, l’entusiasmo e la forza che avevamo, inclusi decine di giorni di scioperi della fame; decine di migliaia, collettivamente. Fu la campagna contro lo sterminio provocato dalla fame nel mondo. Io sono arrivato dopo il referendum sul divorzio, la grande battaglia che voleva porre fine all’indissolubilità del matrimonio nell’ordinamento civile; ho vissuto una parte di quella sull’aborto, e posso testimoniare il sentimento presente in molti, sull’aborto come sofferenza sempre e comunque; e sull’obiettivo di una legge per ridurre il male, e la vergogna, di centinaia di migliaia di interruzioni di gravidanza clandestine all’anno. Ma i miei anni – quasi nessuno lo ricorda oggi - furono soprattutto gli anni di una battaglia pazzesca. Di una sconfitta, malgrado tanti riconoscimenti ipocriti. Di una rimozione sostanziale, nei decenni successivi. Ho ritrovato ieri sera, sulla strada per venire qui, questo giornale che facevo allora – Alternativa Nonviolenta, realizzato con ragazzi che oggi sono chi in Parlamento, chi al TG1, chi al “Giornale”, chi in altre professioni – dove si legge: “sembra folle, ma si può fare: un decreto di vita”. Ancora: “il terreno dell’indifferenza era il tappeto umano degli sterminati. Un mare di corpi massacrati, largo, ogni anno, centinaia di chilometri. Ma senza pietà che li riguardasse”.Scrisse Leonardo Sciascia che “come il personaggio di De Filippo appariva maniacale ai familiari e agli amici nella ‘paura numero uno’ della guerra-fame, credo che così appaia ai più Pannella quando parla della fame nel mondo. Come se la fame nel mondo fosse una sua invenzione”. E invece, come disse Emma Bonino, “noi radicali abbiamo scelto questo tema, non come uno dei tanti, ma come il tema del nostro tempo e della nostra epoca”.Quella fu la prima battaglia di umanesimo laico che io abbia potuto intendere compiutamente come tale. Non posso riflettere in pochi minuti sul perché fu intrapresa, come fu condotta, che risultati ottenne, perché alla fine fu abbandonata. Posso riprendere, però, il filo che ha mosso molte persone – anch’io tra quelle – ad accettare che l’agenda delle idee ricevute fosse stravolta da quell’intuizione. Fu una sorta di tormento – a sua volta tormentato da molti dubbi sull’efficacia di ciò che facevamo- per l’esclusione, il silenzio, l’indifferenza nei confronti del valore concreto della vita umana, che usciva dalle letture politicamente, ideologicamente, pragmaticamente corrette. E’ su questo che io voglio interpellarvi oggi, perché credo che tuttora tra i motivi basilari per cui si forma un partito politico democratico debba essere la difesa della dignità della vita umana. Credo appartenga a questo orizzonte di valori la comune battaglia per abolire la pena di morte nel mondo: senza i radicali italiani non avrebbe mai raggiunto i risultati che ha ottenuto in questi anni.In un quarto di secolo, però, moltissimo è cambiato: la mia è la prima generazione che passa dall’antropologia della “naturalità della morte” alle rivoluzioni tecnologiche legate alle scienze della vita. Perciò penso che se il problema basilare della politica è lo stesso di sempre, non ha senso riproporlo come se il mondo fosse lo stesso.Vi porto alcuni esempi, per riflettere; non certo per emettere sentenze.Guardiamo agli interrogativi legati alla clonazione, alla fabbricazione di ibridi, alle cosiddette chimere; alle potenzialità scientifiche rivoluzionarie, associate ad interrogativi ancora più grandi, delle manipolazioni del DNA umano (incluse le discriminazioni legate agli aspetti commerciali); o, ancora, la diffusione massiva di droghe e sostanze chimiche psicotrope – altro che gli spinelli di venti o trent’anni fa! – che sta portando la generazione dei miei figli verso conseguenze psicologiche, sanitarie e sociali incalcolabili. Sono esempi disomogenei, diversissimi tra loro; ma mi aiutano a dirvi quel che penso: che i fautori di un umanesimo laico contemporaneo debbano schierarsi a difesa delle vite più fragili e più minacciate, e non di un illusorio liberismo bioetico, a causa del quale prevedo che noi saremo posti drammaticamente sotto inchiesta, sotto accusa, negli anni a venire.La campagna contro lo sterminio per fame, dunque, fu una sconfitta. Credo sia stata questa battaglia completamente controvento, e questa sconfitta, a rafforzare in me ciò che forse i radicali più mi hanno insegnato. A stare a schiena dritta in minoranza. E, tuttavia, a non rinunciare, mai, all’ambizione della maggioranza. Conservo gelosamente – se posso aprire questa parentesi personale – anche un altro valore che la militanza radicale ha rafforzato in me, e che prendo dall’espressione di un altro grande drammaturgo italiano: il piacere dell’onestà. E vi dò atto che questo è un motivo di identità ed orgoglio per i dirigenti radicali che sono in questa sala. C’è qualcosa che, viceversa, non mi avete insegnato: l’arte della perseveranza nel lavoro con l’alleato. E, già che ci sono, neppure mi avete sempre insegnato l’autenticità e la pienezza della considerazione e del rispetto verso l’altro da noi. Quanto ne ho – forse pochissimo, non so - è il frutto dei miei vent’anni da non radicale.Io porto rispetto e considerazione verso le persone che qui dentro e fuori di qui giudicano un tema di umanità – e non di disumanità – consentire che una persona possa concludere in base alla propria volontà e senza sofferenze insopportabili il percorso della propria esistenza.Non posso invece farmi una ragione del fatto che vengano considerate retrograde, prossime all’apologia della tortura, se non mosse esclusivamente dalla volontà di assecondare la gerarchia cattolica, o da convenienze politicanti, le persone che pensano l’opposto.E’ probabile che oggi nella nostra società la mia opinione sia minoranza. Questo mi induce a riflettere di più, non di meno. Mi spinge a diventare uno degli avvocati della “Casa dei risvegli” di Bologna, piuttosto che di una normativa che permetta di “staccare la spina” in modo meno complicato. Fulvio De Nigris, un uomo di sinistra che dirige quel centro per la ricerca sul coma, mi ha scritto: “ci vorrebbe un vero testamento di vita anche nella convivenza con la malattia”.Io penso sia giusto difendere la vita imperfetta; non certo con cure, né alimentazione e idratazione che procurino più danni che sollievo a un organismo che ormai le rifiuti: per questo ho proposto che sia l’alleanza tra medico e paziente a dover decidere. In ultima istanza, la scienza e la coscienza del medico, che –solo – è in grado di valutare se nuove acquisizioni possano ribaltare anche l’idea delle cure e delle sofferenze future che si era formato chi abbia redatto un “testamento biologico”. Le vite imperfette, le vite abbandonate, le vite deformate hanno il diritto di sapere che la comunità si occupa primariamente di loro. Questo è un fondamento di un possibile umanesimo laico, in un paese nel quale sembra ci stiamo progressivamente assuefacendo all’idea che faccia parte dell’orizzonte sociale il fatto che un ragazzo dia fuoco a un barbone su una panchina delle nostre città. Credo in ciò che ha detto un uomo di teatro che è anche un poeta, Alessandro Bergonzoni: credo in “un bel forse davanti al limite”.Ho terminato. Tutto sommato, da quando non abbiamo militato insieme, voi vi siete mostrati più stabili di me. Non perché io mi sia spostato di posizione politica: sempre un democratico – liberale, ambientalista, riformista - per quanto terribilmente moderato, secondo molti! Voi siete rimasti radicali, il che nelle elezioni politiche vi ha consentito di allearvi una volta con Berlusconi, una volta con l’Unione, una volta con nessuno; e una volta – questa, e con il mio parere favorevole – di far parte delle liste del PD. Eppure, siete bravi: ad altri si chiede conto delle proprie rinnovate esperienze, a voi si dà atto di questa tolemaica stabilità.Per venire al mio primo Congresso radicale feci un breve viaggio alla volta di Firenze. Novembre 1975; avevo 21 anni. Nella domenica conclusiva, avrebbe dovuto parlare Pierpaolo Pasolini. Io l’avevo incontrato pochi giorni prima sulle scale della sua palazzina dell’EUR, che era la stessa della mia ragazza di allora. Gli chiesi, timidamente, se davvero sarebbe venuto a Firenze per il Congresso radicale. Mi disse di si. Ma non venne; sarebbe stato ammazzato all’Idroscalo di Ostia; ricordo che il suo discorso fu portato da Gianni Borgna e Goffredo Bettini. Questo viaggio di oggi è meno denso di interrogativi rispetto a quello del ragazzo di 34 anni fa. Ma non vuole essere meno denso nel dialogo. Se la politica è l’arte del possibile, è il dialogo il luogo della crescita della libertà. Per questo sono stato felice – nella divergenza e nel dissenso – di potervi dire quello che penso, questa sera. E ve ne ringrazio.
Ho incontrato "virtualmente", alcune settimane fa, un mio vecchio amico. Con Nicola abbiam passato gli anni dell'adolescenza. Anni intensi, spensierati. Ricchi di divertimenti e di cazzate fatte giusto per il gusto di divertirsi. Anni in cui ci si divertiva anche soltanto passeggiando, il sabato sera, in giro e scazzandoci a vicenda. Gruppo di amici davvero affiatato, il nostro. Oltre a Nicola c'erano altri due Davide e poi Daniele, Gastone (sulle cui avventure c'è - giuro - da scriverci un libro). E ancora: Massimo, Denis, Stefano. Bene: Nicola aveva (e ha) una passione autentica e profonda per la musica. Che lo portò, inizio anni '80, a vivere l'avventura delle radio private: erano belli quegli anni. Bastavano poche attrezzature (si pensi al Radio Freccia di Ligabue con un cameo preziosissimo di Francesco Guccini) e potevi viaggiare nell'etere. A Nicola ho posto un quesito non facile: che mi indicasse una canzone con cui si iniziava la domenica pomeriggio nella discoteca che allora frequentavamo. In men che non si dica è arrivata la risposta. E youtube ha fatto il resto. ...