sabato 31 ottobre 2009

IL DODICESIMO QUADERNO

Etty Hillesum morì a 32 anni, il 30 novembre del '43, vicino ad Auschwitz Birkenau dopo 83 giorni di prigionia. Ebrea, convertitasi al cattolicesimo, Etty -olandese di Amsterdam, scrisse un diario che ripercorre gli ultimi anni della sua vita. Diario che si interrompe 83 giorni prima della sua morte quando, insieme con la famiglia, fu caricata in un carro bestiame. L'ultima sua testimonianza è una cartolina ch'ella scrisse mentre, inconsapevole, stava giungendo nel luogo dove la sua vita si sarebbe inesorabilmente compiuta. Quella cartolina, Etty la gettò dal finestrino del carro bestiame e mani amoreovli la raccolsero e la spedissero all'indirizzo della destinataria. Da allora di Etty non si seppe più nulla tranne l'arida menzione nell'elenco della Croce Rossa Internazionale che ne dichiarò la morte il 30 novembre '43. Cosa accadde in quegli 83 giorni? Quali dubbi, quali terrori affrontò questa giovane donna? Un amico, prima ancora che un validissimo collaboratore, ha pensato di "vestire" (non so come altro dire) i panni di Etty e ne Il dodicesimo quaderno ha immaginato che Etty continuasse il suo diario a coprire il tempo breve seppure interminabile di quella prigionia. Beppe Bovo, di lui stiam parlando, ha trovato ne La Meridiana, l'editore sensibile e capace che ha accettato di pubblicare questa sua opera prima.
Molte le cose che vorrei dirvi per stimolarvi ad acquistarlo. Ma, alla fine, mi rendo conto che esse sarebbero comunque insufficienti a raccontarvi la terribile emozione che ti assale quando leggi quelle pagine. Il tutto, forse, sta in un paradosso: un uomo che immagina di continuare un diario scritto da una donna; un vivente (ancora non so come altro dire) che decide di scrivere degli ultimi 83 giorni di vita di una condannata; un non ebreo che scrive di una ebrea convertitasi al cristianesimo. Opera riuscita alla perfezione. Il senso del libro può essere racchiuso in questa frase Dobbiamo contrastare e vincere questa immane ondata di odio ma dobbiamo conservare intatta la nostra umanità.
Una umanità che non è stata sconfitta a Birkenau o ad Auschwitz. Almeno fin quando conserveremo il senso e l'importanza del ricordo. E solo questo, da solo, vale mille ragioni per acquistare il libro.
Che la forza sia con voi!

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venerdì 30 ottobre 2009

AMARCORD

Di Beppe Servegnini (da Il Corriere, edizione odierna)

Una (impossibile) giornata senza Rete

Il 29 ottobre 1969 ve­niva inviato il primo messaggio attraver­so Arpanet. Oggi i giornalisti si dividono in due

I giornalisti in attività si dividono in due ca­tegorie. Non buoni e cattivi, come pensa qualcuno. Pre-internet e post-internet. I primi hanno iniziato la professione prima della metà degli anni 90, quando la Rete ha smesso di essere un termine per cibernetici, acrobati e pescatori. Si sono adattati alla novità, pena l’emarginazione e/o la disoccupazione. C’è addirittura chi l’ha capita, ma la notizia è in attesa di conferma. I secondi hanno cominciato a lavorare da meno di quindici anni: danno per scontato che le informazioni si trovano con Go­ogle, gli articoli si spediscono via email, i lettori protestano sui blog. Un mondo senza internet, per questi giovani colleghi, è impensabile. Proviamo ad aiutarli. Sapendo com’era, forse riusciamo a immaginare come potrebbe essere, il mestiere senza Rete. Ho ripensato la giornata di ieri, giovedì. Agenda alla mano: tutto uguale. Ma niente in­ternet.
Ore 7. Volo TG 940. Arrivo dall’Asia. Malpen­sa, rispetto all’aeroporto di Bangkok, sembra lo scalo di una stazione termale. Per sapere cosa è accaduto ieri in Italia, compro il Corriere. Per conoscere le ultime notizie, devo aspettare di salire in macchina: alle 8 riesco a sentire il noti­ziario di Radio Montecarlo. Voglio conoscere il risultato tra Juventus e Sampdoria, tra governo e magistrati, tra Confindustria e fisco; o di un’al­tra delle infinite partite italiane. Se mi distrag­go, devo aspettare il bollettino successivo. Op­pure telefonare al giornale, dove ricevono le no­tizie d’agenzia.
Ore 9. A casa trovo un pacco di lettere. Per quindici giorni non sono riuscito a vederne che una decina, girate via fax in qualche albergo in­docinese. Alcune richiedevano una risposta ur­gente. Prendo il telefono e comincio a chiama­re qui e là. Ma in America è notte, in Europa è presto e in Asia non tutti sono al posto di lavo­ro. Posso provare al cellulare, è vero. Ma costa; e non sempre ho il numero.
Ore 10. Devo ricordarmi di vuotare la valigia, invasa di libri e ritagli. Così viaggia un giornali­sta o uno scrittore: carta dovunque, sperando che da qualche parte si nasconda l’informazio­ne utile.
Ore 11. Ho incontrato i lettori, a Taiwan, in Vietnam, in Cambogia e in Thailandia. Emozio­nante: e chi li aveva mai sentiti prima, questi Italians? So che hanno scattato molte foto. Le stamperanno e me le spediranno. Speriamo di vederle prima di Natale.
Ore 13. Stasera ho promesso di fare il condut­tore della serata per la «Robert F. Kennedy Foundation». Ci sarà anche Bill Clinton: con­fronteremo i rispettivi jet-lag. Mi dicono che la scaletta è cambiata. Devo mettere una sentinel­la davanti al fax sperando che si ricordino di mandarmi gli aggiornamenti.
Ore 16. Incontro al Corriere sul tema «E se cambiassi vita?». Per adesso ho dovuto solo cambiare la cassetta al registratore. Domani do­vrò sbobinare tutto, scrivere il pezzo, inviarlo per fax, aspettare la pubblicazione, ricevere i commenti, pubblicarne alcuni.
Ore 18. Ho scritto al computer sul tema «Co­me sarebbe il mestiere senza internet». Prigio­niero di questa ricostruzione, non so come spe­dire il pezzo. Posso stamparlo, sempre che trovi una stampante. Poi lo manderò per fax, e qual­cuno lo ribatterà nel sistema.
Ore 19. Devo dire a Bill Clinton che, quando lui e Al Gore nel 1992 parlavano di information superhighways , pensavo delirassero. Invece - sembra incredibile - per una volta la politica ci aveva preso.

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che la forza sia con voi!



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giovedì 29 ottobre 2009

AUTOREFERENZIALITA/2

Cosa non si fa per il...Teatro....
Lo so, lo so: è uno sporco mestiere ma qualcuno lo deve fare....





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mercoledì 28 ottobre 2009

FRANCESCO


Caro Francesco,

(permettimi il tu condifenziale che mi viene non tanto per una nostra approfondita conoscenza diretta - credo che in tutto siano state 5 le volte in cui abbiamo parlato insieme - quanto per l'aver fatto un bel pezzo di strada - politica - insieme) stavolta non ti seguirò. Insieme a te e a centinaia di migliaia di altre persone abbiamo dapprima aderito con entusiasmo a "I democratici" (te lo ricordi l'"Asinello"?)dove l'esperienza del movimento Centocittà (quello dei sindaci) seppe fondersi con La rete di Leoluca Orlando, con l'allora neonata Italia dei Valori, con l'Unione democratica di Antonio Maccanico ma soprattutto con le tante liste civiche nate sulle ceneri di ciò che aveva lasciato - dietro di sè - la Prima Repubblica: affascinati dal progetto politico propostoci da Romano Prodi, quello di dare vita ad una forza riformista, bipolarista. Nel 2001 ti seguimmo ne La Mrgherita che allora era una lista elettorale formata dal PPI, dai democratici, da Rinnovamento Italiano. L'anno successivo quella lista divenne un partito vero e proprio e con assoluta convinzione ti indicammo quale presidente federale fino al 2007. Ed, infine, nel 2007 senza indugi (ma con molti timori e preoccupazioni) accettammo la proposta (tua e di Piero Fassino): quella di fondere la tradizione socialdemocratica dei DS con quella del riformismo cattolico all'interno di un nuovo Partito, ancora più bipolare e riformista, che venne chiamato Partito Democratico.

Ma ora che in tanti danno per certa la tua uscita, mi spiace - caro Francesco - ma non ti seguirò. Io, come dire?, mi fermo qua. Mi femro qua non soltanto perché, davvero, sento questo PD come la "mia" casa ma soprattutto perché ritengo la tua scelta profondamente sbagliata.

Sbagliata innanzitutto perché, in politica, quando si perde una battaglia non si fugge ma si ricomincia ad affrontarne delle altre.

Sbagliata perché la tua scelta rende inutile ciò per cui in tanti abbiamo lavorato: un bipolarismo vero, autenticamente moderno.

Sbagliata perché il riformismo cattolico deve essere lievito nella farina e non lievito dei farisei.

Sbagliata perché compromette l'idea alta e forte della laicità intesa come "casa comune" dove pensieri differenti si con - frontano e si com - prendono.

Ecco perché io non ti seguirò.
E comunque...che la forza sia con te!



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lunedì 26 ottobre 2009

BERSANI SEGRETARIO



Dunque da ieri sera Pierluigi Bersani - nato a Bettola (Piacenza) il 29 settembre del '51 - è il nuovo segretario del PD. E, a scanso di equivoci meglio chiarirlo subito, da ieri sera Bersani è anche il MIO segretario, nonostante io abbia votato Dario Franceschini. Ha vinto le elezioni primarie e la sua leadership deve essere riconosciuta da tutti. E ora?

Ora meglio cominciare a preoccuparsi non tanto dei distacchi percentuali (pure importanti) tra i 3 candidati, quanto piuttosto di quello che ci separa dal governo. L'avversario non era Franceschini, Bersani o Marino (anche se penso che in tanti non l'abbiano capito) né si trattava di decidere il futuro amministrativo delle città e dei comuni dove il centrosinistra governa (siamo davvero talmente incoscienti da voler chiudere esperienze amministrative in qualcuna delle - pochisisme - realtà locali dove ancora governiamo?). Il nostro avversario è un governo ed una coalizione di centrodestra che qualche scricchiolio comincia a patirlo in attesa di capire quali conseguenze (perché io credo ce ne saranno) vi saranno con la defenestrazione di Galan.

A vincere, comunque, è stato ancora una volta il metodo delle primarie (se sarà confermato il dato dei 3 milioni di votanti, sono stati 500.000 in meno di quelli che andarono a votare nel 2007): lunghe file ai seggi, elettori pazientissimi, molte le persone anziane, non tantissimi i giovani. Almeno dal mio particolarissimo osservatorio di presidente di seggio. E' però hanno vinto le primarie. E su questo una qualche riflessione andrà fatta. Soprattutto sul rapporto tra iscritti ed elettori. Queste sono state primarie ibride: prima gli iscritti hanno individuato i candidati, poi gli elettori hanno scelto. Da un lato, dunque, apri indubbiamente il partito all'esterno ed il risultato dimostra la voglia che c'è ancora in questo Paese di partecipare e di scegliere. Dall'altro, però, rischi di "indebolire" la struttura partito rendendo meno forte il senso di militanza e appartenenza in chi, di fatto, indica soltanto ma non sceglie. Dubbvi, questi, che - immagino - saranno chiariti nelle prossime settimane.

E a Mira? A Mira la mozione Bersani vince all'assemblea nazionale mentre il tandem Franceschini/Serracchiani vince quella regionale. Con un dato che mi colpisce: il grande successo ottenuto dal candidato della mozione Marino, Felice Casson. Segno che è stato premiato il suo lavoro fatto in difesa della salute degli operai di Porto Marghera?Ma è da qui che si deve ripartire.

Che la forza sia con voi!

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venerdì 23 ottobre 2009

BUON 25 OTTOBRE



PRIMARIE
25 OTTOBRE

Vieni a votare per l’elezione del Segretario Nazionale e per il Segretario Regionale del PD


"Sarete voi, il popolo delle primarie, a scegliere il 25
ottobre il segretario del Partito Democratico.
Sarete voi a decidere se dare un futuro alla storia che
abbiamo appena cominciato a vivere”.

Le schede sono 2:

la prima “azzurra” per scegliere il candidato a Segretario Nazionale del PD e i componenti dell’ Assemblea Nazionale.

la seconda “rosa” per scegliere il candidato a Segretario Regionale del PD e i componenti dell’ Assemblea Regionale.

Siti dove verranno insediati i Seggi nel Comune di Mira

PRIMARIE 25 OTTOBRE 2009

1

Borbiago
Circolo PD - via Malpaga, 81
sez. elettorali: 13,14,15,16
2
Dogaletto
Circolo PD - ex sede DS
Parte del 32
3
Malcontenta
Bocciofila – via Palada, 1
31 e parte del 32
4
Marano
Centro Civico
11,12
5
Mira Taglio - Mira Porte
Casa delle Associazioni – via Toti
1,2,3,4,5,6, 17,18,19,20,21,33,34
6
Oriago - Piazza Mercato
Gazebo Piazzetta Biblioteca Oriago e/o
ex Cinema Italia
22,23,24,25,26,27,28,29,30,35
7
Piazza Vecchia-Gambarare
Centro Anziani
7,8,9,10

POSSONO VOTARE TUTTI GLI ELETTORI DEL PD, ANCHE I NON ISCRITTI, SE MAGGIORI DI 16 ANNI SE RESIDENTI IN ITALIA (muniti di tessera elettorale e/o documento di identità) -

Seggi aperti dalle 7,00 alle 20,00



Che dire? ognuno ha un candidato nel cuore. Ma personalmente spero che da lunedi anziché preoccuparsi del divario percentuale tra l'uno e l'altro dei tre candidati, ci si preoccupi di quello che separa 'sto benedetto PD dal centrodestra.

Che la forza sia con voi!

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mercoledì 21 ottobre 2009

LETTERA

Ho già parlato e più volte di Paolo Farinella. Anzi di Paolo Farinella, prete...come si firma e come è. Prete fino in fondo, scomodo, di confine. Talvolta si può anche essere in disaccordo con lui ma occorre riconoscere la coerenza intellettuale con cui, sempre e comunque, difende o propone le sue opinioni.
Dalla sua news letter colgo questa parte che mi interessa molto giacché riguarda l'imminente appuntamento del 25 ottobre con le elezioni primarie del PD (al solito il grassetto è mio)...
ANDIAMO A VOTARE

6. Ultimo appello per il PD. Le elezioni primarie, anche se sono fatte allo sciroppo di rosa, possono costituire una svolta per il partito e per la Nazione. Tutti fanno i gargarismo con “i problemi del Paese” oppure con la mitica “gente”, ma poi pochi si mettono in discussione, ma molti si mettono in posa per il primo posto libero. Chissà perché della politica come impegno civile gratuito ne parlano quasi sempre quelli che sono stipendiati dalla politica. Non ho ancora capito il nesso logico.

a) Personalmente, se il PD non cambia pelle, ossa e unghia questa volta, può dire addio a me e a molti altri come me che vogliono la politica come servizio e non come riserva di caccia di qualcuno.
b) A Genova non hanno nemmeno messo i manifesti con i seggi elettorali, segno che qualcuno sta barando, forse, per impedire che vada a votare tanta gente e così si mantengono gli equilibri di forza stabiliti dagli iscritti che hanno già votato. Spero di sbagliarmi perché se fosse così, significa che questo partito merita la dissoluzione.
c) Spero e mi auguro che moltissimi vadano a votare, perché Berlusconi guarda a queste elezioni con occhio vigile: se vanno a votare in pochi, avrà una opposizione fantasma e potrà dare le ultime spallate alla Casa Comune e alla Costituzione; se vanno a votare in tanti, tantissimi, dovrà rassegnarsi e speriamo che dia definitivamente di testa.
d) INVITO PERTANTO TUTTI AD ANDARE A VOTARE ALLE PRIMARIE: VOTATE CHI VOLETE, MA ANDATE FISICAMENTE per lanciare un messaggio a Berlusconi, al governo, alla opposizione e alla nazione tutta che vi sono cittadini NON DISPONIBILI all’arbitrio, alla corruzione e al malaffare, ma SONO ORGOGLIOSI DI ESSERE SOTTOMESSI LIBERAMENTE ALLA MAESTA’ DELLA COSTITUZIONE.
A tutte e a tutti un cordiale saluto

Paolo Farinella, prete – Genova, 21 ottobre 2009
Che la forza sia con voi




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martedì 20 ottobre 2009

COMPAGNO T?

Ve lo ricordate? Era il paladino della flessibilità. Quella elaborata dal governo di Romano Prodi (il cosiddetto "pacchetto Treu") e perfezionata, poi, dal governo di centrodestra seguenbdo le intuizioni del giusalavorista Marco Biagi, vigliaccamente ucciso dalle Brigate Rosse. Già. Ma oggi il ministro Giulio Tremonti ha cambiato idea e dichiara: Non credo che la mobilità di per sé sia un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso sia la base su cui organizzare il tuo progetto di vita e la famiglia.
Reazioni? Su tutte quella del suo collega di governo (dicono in realtà che i due non si sopportino pensando di essere,s sempre e comunque, l'uno più intelligente dell'altro e viceversa) Renato Brunetta che oggi replica:
Tremonti vorrebbe una nuova società dei salariati. Solo che questa non risponde alle esigenze di flessibilità che pone il sistema. La sua è una soluzione del Novecento che non va più bene in questo secolo
e ancora
La flessibilità che abbiamo visto negli ultimi 10-15 anni è figlia della società dei salariati, è figlia degli ultimi fuochi dello scontro tra capitale e lavoro, è figlia di un capitalismo ormai in declino. Abbiamo vissuto la stagione del lavoro atipico come estrema conseguenza dell'egoismo del lavoro tipico, dell'egoismo degli insiders contro gli outsiders. Tutte le garanzie ai primi, protetti dal sindacato, tutte le flessibilità scaricate orribilmente sui secondi privi di rappresentanza. Ma la soluzione a questo paradosso non può essere quella di far diventare gli outsiders degli insiders, perché il sistema non sarebbe in grado di sopportarne i costi.
Che la forza sia con voi!

L'amico Alberto (Barina: non perdete la sua ultima produzione poetica, Azimuth) mi ha regalato uno dei lavori di Mario Castelnuovo, accompagnandolo da un gentilissimo biglietto in cui lo definisce un piccolo gioiellino di poesia....E' proprio vero!

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giovedì 15 ottobre 2009

IMMORTALITA




Dal TGcom:




ROMA - Lutto nel mondo dell'alpinismo: è morto Roby Piantoni, 32 anni di Colere (Bergamo), impegnato in una spedizione in Tibet sullo Shisha Pangma (Gosainthan), la quattordicesima montagna più alta della terra: 8.027 metri. Non si hanno certezze sulla dinamica dell'incidente. Le ultime notizie dell'alpinista risalgono a martedì, quando sul suo sito Roby Piantoni annunciava con rabbia di essersi dovuto ritirare a causa del forte vento. Anche il padre del ragazzo era morto durante una scalata. Il giovane era tra i migliori alpinisti emergenti della scuola orobica, uno dei pochi in grado di affrontare un ottomila (in tutto il mondo ce ne sono 14 e il Shisha Pangma è il più basso, ma non per questo il più facile). Roby voleva aprire una nuova via sulla parete della montagna himalayana (che sorge in territorio cinese) detta anche Gosainthan. Il rientro era previsto per fine ottobre. Sulla tragedia ancora si sa molto poco. Roby Piantoni era partito con altri due alpinisti bergamaschi, Marco Astori e Yuri Parimbelli a metà settembre: con loro anche il collega valtellinese Adriano Greco. I quattro volevano scalare la parete Sud considerata molto difficile sia dal punto di vista tecnico che climatico e ambientale. Anche il papà di Roby Piantoni, Livio, aveva perso la vita in montagna: era infatti morto durante una spedizione in Sud America. Dal sito. "Non ho molto da dire - scriveva sul suo sito il giovane alpinista - più bello è sicuramente vivere delle esperienze, e raccontarle poi con tranquillità e amicizia a persone che capiscono guardando i tuoi occhi le sensazioni che provi". Pensieri di un ragazzo che pensa al futuro in cui vedeva "Molti altri sogni infantili da realizzare". Sogni finiti sulla parete di colosso himalayano.


Dal suo sito:

ora che sono diventato "io grande" l'unico modo per essere davvero contento, davvero soddisfatto e davvero appagato è dare delle soddisfazioni al bambino che ero alcuni anni fa. Con il passare del tempo mi accorgo che non si trattava solo di un sogno, di una salita ad un 8000 o che altro, ma di una cosa più complessa e duratura, di una ricerca di uno stile di vita sognato da piccolo, di una specie di equilibrio, di un'armonia tra me, l'ambiente e gli altri. A volte questo benessere mi sembra di averlo trovato, ma in realtà si tratta di una continua ricerca di tale situazione e come a tutti, mi capitano ancora degli alti e bassi che continuano a ripetersi (...) Sono ancora in cammino per non deludere l' "io piccolo", cerco il mio spazio in montagna e in tutti quelli che mi seguono o che mi seguiranno, cercando di contagiare tutti, facendo ammalare di montagna quelli che conosco...




Che la forza sia con voi!


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DIALOGO

Da "Il fatto quotidiano" del 14 ottobre: un dialogo tra Paolo Flores d'Arcais e Josè Saramago
I nuovi fascismi mascherati e la sinistra smarrita
Flores d'Arcais - Nel tuo “Quaderno” scrivi: “Che penserà Dio di Ratzinger e della Chiesa cattolica apostolica romana?”. Ironicamente, perché per avere una risposta - sottolinei - bisognerebbe prima dimostrarla, l’esistenza di Dio, il che è impossibile. Ma citi anche Hans Küng, il più grande teologo cattolico vivente, quando riconosce che “le religioni non sono mai servite ad avvicinare tra loro gli essere umani”. Ora, Ratzinger, da quando è diventato Papa, pretende che tutti i parlamenti dell’Occidente debbano imporre a tutti i cittadini, credenti o meno, leggi che obbediscono alla volontà di Ratzinger stesso, in tutto ciò che riguarda il sesso, la vita, la morte, la ricerca scientifica (dal preservativo alla pillola alle staminali, dall’aborto all’eutanasia …). Ratzinger sostiene che solo se si segue il principio “sicuti Deus daretur” (ma quale Dio? E chi ne interpreta la volontà?) le democrazie possono evitare il collasso nel nichilismo. Molti laici si piegano. In Italia il parlamento sta approvando una legge che obbliga al sondino per la nutrizione artificiale anche la persona in coma chi ha deciso di rifiutarlo. Ratzinger sarà così il padrone dei nostri corpi, un vero e proprio ritorno al medioevo. Non so cosa pensi Dio di Ratzinger, ma cosa ne pensa José Saramago?

Saramago - Ratzinger è nulla più che un dettaglio. Un dettaglio di una istituzione mastodontica che pesa come un macigno sulla coscienza dell’uomo. Che Ratzinger abbia il coraggio di invocare Dio per rafforzare le sue mire di un neo-medievalismo universale, un Dio che non ha mai visto, con il quale non si è mai seduto a prendere un caffè, dimostra solamente l’assoluto cinismo intellettuale del personaggio. Mi sono sempre considerato un ateo tranquillo perché l’ateismo come militanza pubblica mi sembrava qualcosa di inutile, ma ora sto cambiando idea. Alle insolenze reazionarie della Chiesa Cattolica bisogna rispondere con l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso, della parola responsabile. Non possiamo permettere che la verità venga offesa ogni giorno dai presunti rappresentati di Dio in terra ai quali in realtà interessa solo il potere. Alla Chiesa nulla importa del destino delle anime, quello che ha sempre voluto è il controllo sui corpi. La ragione può essere una morale. Usiamola.

Flores d'Arcais - Nel tuo libro hai dedicato parecchie pagine al giudice Baltasar Garzon che ci ha fatto capire l’importanza di "non diventare vili nemmeno una volta, per non diventare vili per sempre”. Il giudice Garzon, sottolinei, è oggetto di un vero e proprio tiro al bersaglio perché alimenta le speranze di chi vuole che la giustizia sia “eguale per tutti”. E’ lo stesso tiro al bersaglio che si è fatto in Italia contro i magistrati di Mani Pulite, e si continua a fare contro quelli antimafia, o che scoperchiano intrecci tra criminalità, affari, istituzioni (vedi l’ultimo caso, De Magistris, costretto a rinunciare alla toga e candidarsi alle europee). Eppure un tempo “law and order” era la bandiera della destra (almeno a parole). Non sarà che a privilegiati e reazionari interessa solo l’ “order” della sopraffazione, in nome della “law” finché si dimostra docile ai potenti, ma contro la legge, non appena un giudice la prenda sul serio nei confronti di tutti?

Saramago - Sostanzialmente non dobbiamo confondere legge e giustizia. La legge può essere rivolta contro la libertà, la giustizia può essere snaturata nella pratica quotidiana. Legge e giustizia sono strumenti che hanno bisogno di una revisione continua, incessante, instancabile da parte di cittadini consapevoli. Non saprei in che modo si possa raggiungere questo obiettivo, però bisogna trovare la maniera di infondere alle istituzioni giudiziarie l’anelito di giustizia che ha sempre caratterizzato la specie umana. Non sto pensando ad una società ideale, penso – questo sì – ad una società libera, capace di correggere da sola il proprio operato. Il ruolo dell’istruzione dovrebbe essere fondamentale, ma proprio per questo è necessario riformare tutto il sistema scolastico, dalle scuole primarie all’università. Che lo si voglia o no, la celebre frase scritta sui muri della Sorbona, “vietato vietare”, apparentemente così rivoluzionaria, è stato un cattivo servizio reso alla democrazia.

Flores d’Arcais - Ci sono due pagine bellissime in cui ricordi un tuo viaggio a Napoli e un incontro enigmatico e inaspettato col mondo della camorra. Le hai dedicate all’impegno e al coraggio di Roberto Saviano, e attraverso di lui alla necessità che lo scrittore, anche a rischio di essere “condannato a morte”, come Rushdie, come Saviano, non dimentichi di essere in primo luogo un cittadino. Scrivi addirittura: “mi sento umile, quasi insignificante, di fronte alla dignità e al valore dello scrittore e giornalista Roberto Saviano, maestro di vita”. Oggi il “pensiero unico” irride l’intellettuale impegnato, del resto sempre più raro. Ma il disimpegno di tanti scrittori e intellettuali non è uno degli elementi della crisi delle democrazie?

Saramago - Credo che sia una delle cause, ma non la sola. La democrazia realmente esistente va giudicata e ridiscussa tutti i giorni perché tutti i giorni si va degradando un poco di più. Stiamo vivendo una serie di crisi che si rafforzano a vicenda: crisi dell’autorità, crisi della famiglia, crisi dei costumi, crisi morale in generale e l’elenco potrebbe essere interminabile. A mio giudizio una società disimpegnata come la nostra difficilmente può generare scrittori e intellettuali impegnati. Non siamo le guide delle masse, ma al contrario molte volte ci lasciamo condizionare da esse. Se la democrazia è in crisi, prendiamoci la nostra parte di colpa, ma affrontiamo anche le responsabilità degli altri, non siamo gli unici responsabili.

Flores d’Arcais - L’Italia è al 44esimo posto nella graduatoria della stampa libera di “Reporters sans frontieres”, distanziata perfino dal Mali e dal Ghana (il Portogallo è al 16esimo). Ma l’Italia è anche il Paese dove riescono straordinarie manifestazioni di massa organizzate dalla società civile (spesso in polemica con i partiti di “opposizione”, pavidi e assenti): dal milione di cittadini nel “girotondo” del settembre 2002, fino alle centinaia di migliaia di una settimana fa, una sorta di gigantesco fiume carsico che ogni tanto si inabissa ma che da anni non scompare mai. Ti sembra manicheo parlare di due Italie, completamente diverse per valori e per civiltà, diverse quasi antropologicamente? E che effetto ti fanno?

Saramago - In ogni Paese ci sono almeno due Paesi, a volte tre o quattro. Tuttavia, per quanto una manifestazione possa essere importante non credo la si debba prendere come l’annuncio di un imminente cambiamento. Mi importa molto di più l’azione quotidiana che tiene desta l’attenzione dei cittadini e consente risposte rapide. Ho ancora presente la rivoluzione portoghese che in alcune circostanze sembrava non fosse assolutamente in grado di fare fronte in questo modo al modificarsi della realtà. E la realtà italiana di oggi vede un Berlusconi che fin qui ha avuto buon gioco sugli sforzi dell’opposizione, perché si è trattato di un’opposizione vana, poco dotata di idee e divisa in tendenze, gruppi e interessi personalistici e di “parrocchia”.

Flores d’Arcais - Al sostantivo “criminale” o “delinquente” i dizionari riportano come definizione: colpevole di reati (o delitti, o crimini). Berlusconi è stato riconosciuto responsabile molte volte (cfr. Gomez-Travaglio “Se li conosci li eviti”, p. 56-59). Ma se qualcuno in televisione prova solo a chiamarlo con il titolo che gli spetta (da ultimo l’onorevole Di Pietro) si scatena un putiferio di interruzioni e minacce. Da scrittore e da democratico, che effetto ti fa questa sovversione del significato delle parole, a cui quasi tutti i media in Italia si piegano, per compiacere Berlusconi?

Saramago - La parola è una delle prime vittime del dispotismo di tutti i colori. Purtroppo è la stessa società che collabora con falsa innocenza a questa operazione di cosmesi politica che parte dall’alto. Ma i maggiormente colpevoli sono quei mezzi di comunicazione che adottano prontamente la voce del padrone anche quando danno l’impressione di contestarla. Il processo di inganni cui tutti siamo sottoposti permanentemente ha molti capitoli. La perversione della parola e’ uno di questi capitoli e non certo dei meno minacciosi.

Flores d’Arcais - E’ storia ormai nota che il tuo “Quaderno” (che dopo un week end nelle librerie è già in classifica) doveva uscire da Einaudi, che però lo ha rifiutato. Non ti chiedo un giudizio sui vertici Einaudi, sei troppo “signore” per maramaldeggiare. Ma in Italia esiste ormai un problema dilagante di servitù volontaria. E cosa ti sembra più pericoloso per il dilagare di un regime anti-democratico?

Saramago - A mio giudizio é più pericolosa la servitù volontaria che trasforma l’asservito in complice dichiarato. Del resto, per “il capo” la servitù volontaria è la cosa più vantaggiosa perché gli consente l’alibi di negare ogni censura, di negare di aver mai ordinato a qualcuno di proibire questa cosa o quell’altra. E’ stato, credo, il caso della Einaudi. L’eccessiva prudenza dei suoi dirigenti é arrivata al punto da far fare loro una cosa che probabilmente nessuno aveva imposto.

Flores d’Arcais - In Italia la sinistra, tutte le volte che sceglie una posizione “moderata” (in realtà subalterna) recita la litania della necessità di “scegliere il male minore” e accontentarsi. Ma già oltre mezzo secolo fa, denunciando il clima montante del maccartismo, Hannah Arendt ricordava “il nesso assai stretto che esiste tra il male minore e il male maggiore”, poiché “lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori ci hanno invariabilmente condotto ai primi”. Tu segui con attenzione le vicende politiche italiane. Come spieghi il masochismo dei dirigenti della sinistra? Stupidità, opportunismo, omologazione all’establishment, corruzione e altri interessi inconfessabili?

Saramago - Credo che pochi abbiano riflettuto sull’ipotesi che quanto sta ora accadendo affondi le sue radici nel compromesso storico. Non sono un esperto di politica italiana, però ho sempre avuto la sensazione che con il compromesso storico sarebbe iniziata la decadenza della sinistra italiana. Se sono in errore, gradirei che me lo dimostrassero. Con il passare del tempo quello che all’epoca qualcuno poteva considerare un atto di patriottismo si è andato trasformando in un processo molteplice di corruzioni di diverso tenore, che alla fine hanno fatto dell’Italia il prototipo per eccellenza di dove porti l’incapacità di valutare le conseguenze di una scelta I risultati sono sotto i nostri occhi.

Flores d’Arcais - La sinistra in Europa viene sempre più spesso sconfitta. E anche quando vince prepara la prossima sconfitta concretizzando intanto un programma di destra. Sembra aver rinunciato al compito di realizzare (o almeno approssimare, ma instancabilmente) tutti e tre i famosi valori: “libertà, eguaglianza, fratellanza”. La parola “eguaglianza” è stata addirittura bandita dal vocabolario dei politici della sinistra, come fosse una malattia. Ma senza l’impegno per l’eguaglianza a cosa può servire una sinistra? E non sarà che le sue sconfitte nascono proprio da questo tradimento?

Saramago - Se così stanno le cose difficilmente il problema potrà essere risolto. Una cosa è infatti promettere l’eguaglianza, altra cosa è realizzarla nella realtà. Volendo, si possono sempre trovare dei motivi per rimandare la concretizzazione della più solenne delle promesse. La cosa più terribile che caratterizza la sinistra sul piano internazionale è comunque l’assenza di idee. La destra non ha bisogno di idee per governare (Berlusconi non ne ha alcuna), mentre la sinistra se non ha idee non ha più nulla da dire ai cittadini. Se non mi sbaglio troppo, questo è il problema centrale.

Flores d’Arcais - L’antifascismo è la radice moderna della democrazia in Europa, esattamente come l’illuminismo e le grandi rivoluzioni “borghesi” ne costituiscono la radice più lontana. Poiché si fa un gran parlare di inserire nella Costituzione dell’Europa un richiamo alle sue radici culturali e storiche, non sarebbe il caso di pretendere il richiamo a queste radici, i lumi e la Resistenza?

Saramago - Ci sono troppi compromessi, troppi giochi sporchi nell’alta come nella bassa politica perché qualcuno trovi il coraggio di proporlo. Credo anzi che in Europa il fascismo attaccherà in forze nei prossimi anni e che dobbiamo prepararci ad affrontare l’odio e la sete di vendetta chei fascisti stanno alimentando. Sia chiaro, si presenteranno con maschere pseudo-democratiche, alcune delle quali circolano già tra noi. Non dobbiamo lasciarci ingannare. Mi raccomando.
Che la forza sia con voi!



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giovedì 8 ottobre 2009

Q.B.di TEATRO












Esiste la ricetta per una stagione teatrale perfetta?Certo! E' sufficiente...Q(uanto). B(asta) di classici, di protagonisti, di contemporaneo. E attorno a questi tre elementi, cui si aggiunge la danza, è stata costruita la Stagione di prosa 2009/2010 del Teatro di Villa dei Leoni. A presentarla stamane alla stampa 4....cuochi di tutto punto vestiti (nella foto, da sx a dx: Nina Zanotelli, Davide Meggiato, Pierluigi Cecchin, Luca Donin): oltre al sottoscritto, Nina Zanotelli (resp. della direzione artistica del Teatro), Pierluigi Cecchin (presidente de "La Piccionaia") e Luca Donin (Arteven).
In tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, ci è voluto davvero un notevole sforzo per riuscire a garantire una stagione d'eccellenza come quelle che da sempre hanno caratterizzato il nostro Teatro.
E ci siamo (ne sono convinto) assolutamente riusciti...
Ecco il calendario degli spettacoli:
14 novembre
MARCO PAOLINI - PAR VARDAR
28 novembre
VIRGILIO SIENI - SOLO GOLDBERG IMPROVISATION (danza)
12 dicembre
TEATRO SOTTERRANEO - DIES IRAE
17 gennaio
GIUSEPPE BATTISTON - ORSON WELLE'S ROAST
30 gennaio
ARTEVEN/TEATRI SPA/ TEATRO STABILE DEL VENETO - tramonto
6 febbraio 2009
MARIO PERROTTA - Il misantropo
20 febbraio 2009
BABILONIA TEATRI - Star
27 febbraio 2009
TITINO CARRARA/MAURIZIO CAMARDI - Terra dellla mia anima
12 marzo 2010
MASSIMILIANO CIVICA/FONDAZIONE TEATRO DUE - Il mercante di Venezia
20 marzo 2010
ERSILIADANZA - TOP SECRET (danza)
28 marzo 2010
FAUSTO RUSSO ALESI/ SERENA SINIGAGLIA - L'aggancio
venerdi 9 aprile 2010
DANCING BRICK (Londra) - 21:13
sabato 17 aprile
LA PICCIONAIA - Sogno di una notte di mezza estate
Che la forza sia con voi! E...tutti a Teatro!




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GEMMELLAGGIO?????


Da "Il Corriere della Sera"



Maldive, governo sott'acqua. Per protesta

Seduta del presidente e ministri a 6 metri di profondità per chiedere agli altri Paesi di ridurre le emissioni di CO2

MILANO - Consiglio dei ministri a sei metri di profondità. La singolare iniziativa è stata decisa dal governo delle Maldive ed è in programma il 17 ottobre. Obiettivo: richiamare l’attenzione del mondo sulla minaccia che il riscaldamento globale e il conseguente aumento del livello dei mari rappresenta per l'arcipelago dell'Oceano indiano, che rischia di essere completamente sommerso.

MUTE E BOMBOLE - Il presidente Mohammed Nasheed e i 14 ministri del governo di Malé (alcuni dei quali prenderanno lezioni di immersione) scenderanno dunque in mare e firmeranno un documento che chiede ai governi di tutto il mondo di ridurre le emissioni di CO2. «Questa iniziativa vuole porre con forza l'attenzione sulle conseguenze per il nostro Paese dei cambiamenti climatici e rivolgere un appello al mondo intero perché trovi una soluzione concreta» ha dichiarato Aminath Shauna, sottosegretario dell'ufficio presidenziale. I 14 ministri indosseranno mute, pinne e bombole e si immergeranno fino al punto dove è allestito il tavolo: comunicheranno tra loro gesticolando o scrivendo su lavagnette e la riunione si concluderà con l'approvazione di un appello perché gli altri Paesi riducano l'emissione dei gas serra in vista del vertice di Copenaghen sul clima, dal 7 al 18 dicembre. «Ci appelliamo agli Stati di tutto il mondo, grandi o piccoli, ricchi o poveri, alti o bassi (rispetto al livello del mare), perché si uniscano e riducano le emissioni di carbone e le particelle di carbonio nell'atmosfera» recita il comunicato. Il documento finale sarà protetto da un contenitore impermeabile inchiodato al tavolo.


NAZIONE PIÙ BASSA - Da anni il 42enne presidente Nasheed, eletto nel 2008 dopo trent’anni di dittatura nel primo voto democratico e multipartitico della storia della Repubblica, sta conducendo una battaglia per cambiare il sistema di approvvigionamento energetico mondiale. Le Maldive sono un complesso di 1.192 atolli che si trovano in media a 1,5 metri sopra il livello del mare, numeri che valgono all'arcipelago il poco invidiabile record di nazione più bassa del mondo: il punto più alto è a 2,30 metri, mentre la gran parte degli atolli sono sotto il metro. Si calcola che entro il 2100 il Paese potrebbe scomparire a causa dell'innalzamento del livello del mare e il rischio è così concreto che gli oltre 300mila maldiviani si stanno organizzando per traslocare in un altro Stato. Tra le possibili destinazioni Australia, India o Sri Lanka. Case e terreni verrebbero acquistati con un fondo sovrano ad hoc e mediante un regolare trattato internazionale.

RISCHIO TSUNAMI - «Se il mondo continuerà ad ignorare le conseguenze dei cambiamenti climatici, non ci sarà possibile continuare ad essere una nazione su quest’arcipelago» ha spiegato il ministro dei Trasporti e dell’Ambiente, Mohammed Aslam. D’altronde, 113 delle 1.192 isole che formano l’arcipelago soffrono già gli effetti dell’erosione, tanto che una di queste, Raa, verrà fatta sgomberare per i rischi legati ad eventuali onde anomale: gli effetti dello tsunami del dicembre 2004, seppure attenuati (onde di appena un metro) furono sufficienti a causare 82 morti e 12mila sfollati. Se i nuovi piani edilizi prevedono la costruzione di case con dei rifugi sui tetti, il ricorso ad isole artificiali non viene considerata un’alternativa praticabile all’acquisto di territori all’estero, dato il grave impatto ambientale.
Che la forza sia con voi!

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mercoledì 7 ottobre 2009

?????

Da Il Corriere della Sera:

La lunga sfida tra il letterato e gli esponenti del Carroccio
Duello tra Zanzotto e i leghisti «Loro, una peste». «Livoroso»
Zaia attacca il poeta «cantore» del Veneto: ci vorrebbe ancora poveri
MILANO — «È come una peste, quel­la... ». Intervistato dall’«Infedele» di Gad Lerner, Andrea Zanzotto dice sulla Lega quel che pensa da sempre: «Vuol convincere ogni paese che è meglio di quello vicino». Un'insofferenza per il partito di Bossi che è meglio argomen­tata nel libro-conversazione di Marzio Breda, «In questo progresso scorsoio» (Garzanti). Eppure, il più limpido can­tore del paesaggio veneto, del suo dia­letto e delle sue voci potrebbe essere un padre nobile del Carroccio, la voce lirica che ancora manca all’esplicito di­segno culturale di Umberto Bossi. Ma lui non ne vuole sapere. Accusa la Lega di complicità nello scempio del territorio, e soprattutto di catalizzare sentimenti che, in fondo, non apparten­gono alla tradizione veneta: «Aggressi­vità, umori rancorosi, intolleranze e spietatezze mai viste, secondo la logica di sbrogliare la crisi sociale — che si fa sempre più acuta — etnicizzandola» di­ce a Breda. Ancor peggio, Zanzotto ritie­ne che la memoria sia minacciata pro­prio «dalla falsa difesa delle radici, del­l'identità che è basata sul fraintendi­mento e dall'ignoranza che generano per contrapposizione i fondamentali­smi localistici». Flavio Tosi, il sindaco di Verona, in studio da Lerner, ha liquidato Zanzotto: «Grandissimo artista. Ma la sua è l’opi­nione di uno dei quattro milioni di elet­tori veneti». E ieri non è voluto tornare sull’argomento se non osservando che della peste «la Lega fortunatamente ha la forza virale dal punto di vista elettora­le». Chi parla è invece Luca Zaia, il mini­stro all'Agricoltura, che oltretutto vive a un tiro di schioppo dalla Pieve di Soli­go del maestro di «Galateo in bosco»: «Che dire? Io penso che sia uno dei più grandi letterati del nostro tempo. Sul suo livore nei nostri confronti, ho una teoria. Zanzotto avrebbe voluto che i ve­neti rimanessero per sempre quelli che erano. Poveri, magari ignoranti. Anche se è un figlio del popolo, il suo è un at­teggiamento da aristocratico. È la storia dei padroni che non tollerano l'affranca­mento dei mezzadri». Insomma: «A di­spetto del suo socialismo, il problema è che la Lega rappresenta il riscatto socia­le del popolo. E questo a lui non va be­ne». Inoltre, secondo Zaia, «Zanzotto è uno dei rari esempi di artisti privi di le­gami con la loro popolazione. Pavese, Fenoglio, erano osteria, erano terra vi­va. Lo stesso Rigoni Stern aveva un rap­porto ben diverso con Asiago. Lui, no. Non siam degni». Ma non è vero che nel Carroccio, so­prattutto in Veneto, c’è una rabbia per certi versi incomprensibile? Secon­do Gian Paolo Gobbo, sindaco di Trevi­so, oltre che segretario della Lega vene­ta, i problemi sono nati con «il razzi­smo savoiardo e il fascismo. La secola­rizzazione della Repubblica veneta ha negato una storia millenaria, e questo noi siamo riusciti a spiegarlo finalmen­te a tutti». La rabbia veneta, «se esiste, è il volersi veder riconosciuta un’identi­tà che è il contrario di quella regressiva che dipingono». Gobbo — che peraltro si dichiara a sua volta estimatore di Zan­zotto («Per lui vorrei il Nobel») — ricorda che la Serenissima «ha permesso all’Europa di por­re i fondamenti dei diritti uma­ni, arrivavano qui da ogni lan­da perché altrove, chi parlava di filosofia o di religione o chi sezionava i cadaveri, veniva bruciato». Il sindaco si scalda: «Nel 1502 ci siamo alleati con il turco contro il papa, qui venivano gli armeni, gli ebrei, tutti. Questo è stato negato dallo Stato, questa storia di libertà e di orgoglio. Ora ce lo stiamo riprenden­do ». Conclude Gobbo: «Oggi come ieri, non si è veneti per nascita o per etnia: lo si diventa con l’adesione a un model­lo che è stato un faro per secoli».
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sabato 3 ottobre 2009

RECIDIVI?

Da La Repubblica.it

Camera, passa lo scudo fiscaleDecisive assenze dell'opposizione
ROMA - Via libera definitivo della Camera al decreto correttivo del dl anti-crisi che comprende, tra l'altro, le contestate norme sullo scudo fiscale. I sì sono stati 270 e i no 250. In pratica si tratta di un via libera ottenuto con solo 20 voti di scarto. Ciò significa che, se l'opposizione fosse stata al completo, il provvedimento non sarebbe passato. Sono 279 infatti i deputati che non appartengono ai gruppi del Pdl e della Lega. La maggior parte delle assenze si registrano nel Pdl (213 presenti su 269 appartenenti al gruppo) ma subito dietro c'è il Pd (23 i deputati che non hanno partecipato al voto. I big c'erano tutti). Ed ancora 6 su 37 sono i deputati dell'Udc assenti, uno solo tra le file dell'Idv. Per i deputati democratici assenti, la presidenza del gruppo annuncia sanzioni. Anche se precisa: "Su 22 assenti, 11 erano in malattia". Quindi gli assenti ingiustificati sono 11, e dunque "non determinanti ai fini del voto". Sanzioni anche per gli assenti Udc, con Pier Ferdinando Casini che denuncia la "grave mancanza di responsabilità" di chi non ha votato. Gli assenti. Tra gli assenti, l'Idv Aurelio Misiti, i Pd Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Sergio D'Antoni (che fa sapere di essere ricoverato in ospedale), Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Linda Lanzillotta, Marianna Madia, Margherita Mastromauro, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas. Nell'Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri.
Bagarre in aula. In mattinata sono state le parole di Francesco Barbato, deputato dell'IdV, a scatenare la lite in aula e la sospensione della seduta. L'esponente dipietrista ha infatti accusato la maggioranza e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di essere dei "mafiosi". Immediata la reazione del vicepresidente del gruppo del Pdl, Italo Bocchino: "Questo è reato, siamo nell'aula della Camera e chiedo al vicepresidente di turno, Rosy Bindi, di intervenire usando il regolamento". Il vicepresidente della Camera ha sottolineato di aver "espressamente richiamato all'ordine Barbato" ed è Scoppiata la bagarre: l'IdV ha protestato mostrando le agende rosse usate nella manifestazione di alcuni giorni fa in memoria di Paolo Borsellino, e la Bindi si è vista costretta a sospendere la seduta. Duro il commento del presidente Gianfranco Fini: "Alcune espressioni dell'onorevole Barbato, a mio avviso oggettivamente gravi, saranno oggetto di valutazione da parte dell'ufficio di presidenza". Poi lo stesso Fini ha invitato tutti ad "avere un atteggiamento consono al luogo in cui ci troviamo, evitando atteggiamenti che offendono in primo luogo chi se ne rende responsabile".
Che la forza sia con voi!



venerdì 2 ottobre 2009

MORBOSITA


Dunque, come era prevedibile, Annozero giovedì ha registrato ascolti altissimi con 7 milioni e 338 mila spettatori. Ovvia la soddisfazione di Michele Santoro: certi numeri non si commentano ha dichiarato l'ex europarlamentare per conto del centrosinistra. A me questo "successo" non convince. Proprio per nulla. Non sto mettendo in dubbio la veridicità dei dati Auditel, quanto le motivazioni che hanno portato oltre 7 milioni di nostri connazionali a guardare la trasmissione. Mi chiedo, infatti: quanto di morbosità vi è in questi ascolti? Quanto pruriginoso perbenismo e moralismo vi è in simile audience. Credo accada come a proposito delle gare di Formula 1 dove vi è qualcuno che assiste alle partenze magari per vedere un incidente oppure a quanti, acquistando il quotidiano, leggono subito la pagina di cronaca nera oppure agli incredibili ascolti di Porta a Porta quando si parlava di Cogne o del delitto di Garlasco. Mi chiedo: cosa ha portato di novità giovedì sera Annozero? Cosa è stato detto di così innovativo che già non sia stato oggetto di articoli giornalistici o di inchieste (come quelle, egregie de Il Corriere o La Repubblica). Io ieri sera, al termine di una lunghissima riunione, sono andate a mangiare in una paninoteca mirese. Ero ad un tavolo politicamente schierato: oltre a me e ad un consigliere comunale del PD, infatti, vi erano tre esponenti di Rifondazione.E' stata una serata di quelle che mi piacciono, in cui ho potuto scoprire pagine della storia del "vecchio" PCI che ancora non conoscevo. Ma il punto è altro: quando abbiamo cominciato a parlare di Annozero (ma anche di Ballarò) tutti i commensali mi hanno confessato di non amare Annozero perchè a nessuno piace "la televisione gridata e troppo faziosa". E' stata frase che mi ha colpito moltissimo e che credo possa "insegnare" (lo dico con grande umiltà, c'est vrai) qualcosa a chi ha la querela facile. E cioè che chi è politicamente impegnato nel centrosinistra (in uno schieramento cui, secondo i suoi detrattori, Santoro guarda cone evidente simpatia), probabilmente farebbe a meno di queste, cosiddette, trasmissioni gridate. Ed infatti tutti noi convenivamo sulla bellezza di trasmissioni come quella di Riccardo Iacona (Presa diretta la domenica sera) o Report.
Che la forza sia con voi!



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giovedì 1 ottobre 2009

MEA CULPA A META'


Il titolo di questo post è preso in "prestito" da quello con cui Andrea Sarubbi (alcuni lo ricorderanno conduttore di A sua immagine, trasmissione religiosa della Rai, oltreché di Telethon) - oggi deputato del PD - ha commentato, nel suo blog, le assenze del PD al momento di discutere lo scudo fiscale.

Lo riporto integralmente:


“Lo scudo fiscale passerà per colpa del Pd”: la notizia, fatta girare da Sinistra e libertà, è arrivata anche a mia madre, che stamattina non riusciva a spiegarsi come mai – visto che noi eravamo assenti al momento del voto – io fossi rimasto in Aula ieri sera fino a mezzanotte. Se non sono riuscito a convincere neppure mamma, con voi sarà durissima, ma ci provo lo stesso. Partiamo dai fatti. Il decreto arriva in Aula lunedì, e ci iscriviamo a parlare in parecchi; martedì si votano le pregiudiziali di costituzionalità (poste proprio da noi, dall’Idv e dall’Udc) e non passano per 52 voti.
Presenti 485

Votanti 482

Astenuti 3

Maggioranza 242

Hanno votato sì 215

Hanno votato no 267(La Camera respinge – Vedi votazioni).
Poi ci sono quattro deputati (uno del Centrodestra, tre del Centrosinistra) che sono presenti anche nel resoconto parlamentare ma non vengono conteggiati perché la tastiera del voto non funziona. Riassumendo: della maggioranza (Pdl, Lega, Mpa, parte del gruppo misto) votano in 268 su 343 (78,1%); dell’opposizione (Pd, Udc, Idv, parte del gruppo misto) votano in 218 su 287 (75,9%). Se avessimo votato tutti, non c’è dubbio, li avremmo mandati sotto ed avremmo fermato il decreto; sullo scudo fiscale, invece, temo che avrebbero trovato un modo di ripresentarlo sotto altre forme. Una cosa
analoga era già avvenuta con il ddl sicurezza, quando molti colleghi dell’Idv e soprattutto dell’Udc erano impegnati in campagna elettorale; stavolta, le assenze maggiori le abbiamo fatte registrare noi (57 su 214: il 26,6%), rispetto all’Udc (8 su 38: 21%) ed all’Idv (2 su 26: 7,7%) ed è giusto che ne paghiamo il prezzo in termini mediatici, anche se di solito viaggiamo sull’84% e se il motivo di queste assenze è naturalmente un fatto straordinario come il congresso. Ciò significa che i miei colleghi assenti siano giustificati? No, perché i deputati devono innanzitutto fare i deputati. Ma ci sono dei momenti – a me forse capiterà martedì, quando sarò con Dario Franceschini a Genova per un incontro sui nuovi italiani e non esiste un aereo che torni a Roma prima delle 16.30 – in cui, magari, perdi qualche votazione non perché sei un fannullone, ma perché accanto al mandato parlamentare hai anche un ruolo politico, che in certe occasioni (non tantissime, per la verità) sei chiamato a svolgere. Capisco dunque la polemica strumentale di Sinistra e libertà, ma ci tengo a ribadire che – anche in questa occasione, e nonostante il momento particolare che stiamo vivendo – il Pd sta facendo il suo dovere, con una battaglia parlamentare che ci vedrà impegnati fino alle 13 di domani, quando Fini ha già stabilito che la discussione verrà chiusa. Siamo qui, insieme agli altri partiti di opposizione, anche in seduta notturna, e proprio a me – come dicevo – è toccato ieri l’ultimo intervento della giornata, a mezzanotte.
Che la forza sia con voi!



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QUESTIONE DI...SCUDI

E così, mentre Obama liquida lo scudo spaziale di bushiana memoria, in Italia - da ieri - abbiamo lo ... scudo fiscale.


Nel suo intervento alla Camera dei deputati, il segretario dell'UDC - Pier Ferdinando Casini - ha dichiarato: È in discussione invece una vergognosa sanatoria di reati odiosi perpetrati sulle spalle dei risparmiatori: falso in bilancio, falsa fatturazione, contratti per transazioni inesistenti, distruzione di documenti contabili; tra l’altro in questo modo creando una disparità di ordine costituzionale, perché chi ha compiuto questi reati per occultare proventi all’estero si può trovare in una condizione di privilegio rispetto a chi questi reati li ha compiuti, e per essi viene giudicato, sul territorio nazionale.



E ancora: siamo tutti contenti perché c’è il pugno duro e perché certi poveracci vengono respinti in mare: questo è uno Stato, infatti, che con i poveracci sa fare rispettare le regole e fa la voce grossa, mentre con i grandi truffatori getta la spugna e gli consente di fare qualsiasi operazione alle spalle dei risparmiatori!


Riporto l'intervento di Casini non per una mia nuova simpatia verso l'UDC, quanto piuttosto perché - come spesso accade - in un dibattito così importante, vi sono state - in Parlamento - assenza importantissime tra le fila del "mio" partito, il PD: mancavano infatti, tra gli altri, Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Massimo D'Alema. Alessandro Trocino, sul Corriere, rileva che mancavano 59 (cinquantanove!!!!) deputati del PD nel momento in cui sarebbero bastati 27 voti in più per approvare le pregiudiziali di costituzionaliutà allo scudo fiscale, obbligando il governo (seppure temporaneamente) a decretarne il ritiro.
Se lo scudo fiscale è il regalo di compleanno per Berlusconi, il biglietto di auguri recava le firme del gruppo dirigente del PD. Chi dichiara questo? Di Pietro (assenti due big dell'IDV)? No. Sinistra e liberta? None... Velina rossa. Come dire: va vanti ti, che me vien da ridare (tr. vai avanti tu che mi viene da ridere).
Che la forza sia con voi!



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